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L’intervento del procuratore della Repubblica al convegno ‘Un Piemonte libero dalle mafie’
“Se in Piemonte c’è la mafia, è perché il fenomeno è stato sottovalutato e perché non c’è stata volontà di dare rilievo. Conveniva a tutti per ‘stare tranquilli’, eppure in questa regione ci sono state manifestazioni feroci della criminalità ‘ndranghetista, ancora prima di altre zone del Nord Italia: intimidazioni, omicidi e tanti altri reati. Eppure questo territorio si considerava immune”. Lo ha sostenuto il procuratore capo di Torino, Giovanni Bombardieri, durante il convegno organizzato dal Consiglio regionale piemontese sul tema ‘Un Piemonte libero dalle mafie’. Bombardieri ha ricordato che nel 1996 in Piemonte c’è stato il primo Comune sciolto per mafia nel Nord Italia, Bardonecchia (Torino). Sempre in Piemonte ci sono stati due maxi-processi, come Minotauro e Platinum. “Noi sollecitiamo gli imprenditori a denunciare, perché sono una risorsa, lo fanno per loro, ma anche per gli altri. Dobbiamo dimostrare che gli inquirenti sono loro accanto: è un nostro dovere“, ha detto Bombardieri.
Le nuove mafie
Le mafie non hanno abbandonato le modalità violente, ma si sono evolute con caratteristiche più sofisticate, più raffinate, e il procuratore capo di Torino, ha evidenziato come “per molto tempo il Piemonte abbia sottovalutato le infiltrazioni mafiose sul territorio come per una volontà di tranquillizzarsi, di pensare che non era un problema nostro. Eppure si erano verificati diversi eventi che avrebbero dovuto far mantenere alta l’attenzione. Oggi la criminalità organizzata si mescola all’economia e al mondo degli affari: non fa più ‘click’ con la pistola ma con il mouse del computer”. L’allarme per il crescente radicamento delle organizzazioni criminali, in particolare la ‘Ndrangheta, in Piemonte resta altissimo. Il presidente del Consiglio regionale, Davide Nicco, ha spiegato che “si insinua nell’economia legale, nel tessuto imprenditoriale e negli appalti pubblici, minacciando la libera concorrenza, l’occupazione onesta e la sicurezza dei cittadini. Come istituzioni, abbiamo il dovere di restare vigili, la presenza della Commissione Legalità è un segnale chiaro di questo impegno. Serve un’alleanza tra istituzioni, magistratura, forze dell’ordine, mondo dell’informazione, scuola e società civile per contrastare il fenomeno in modo efficace”. Un invito a tenere alta la guardia è arrivato anche dal presidente della Giunta, Alberto Cirio: “Dobbiamo essere tutti noi testimoni di giustizia. Un buon cittadino, un buon amministratore pubblico sono testimoni di giustizia. Il dovere non è solo di non girarsi da un’altra parte, ma è quello di denunciare. Sui beni confiscati abbiamo messo più risorse, siamo passati dai 600-700mila euro in media degli ultimi anni a 1.200.000 stanziati nel 2025. Con una recente delibera abbiamo semplificato le procedure di utilizzo di queste risorse da parte degli enti pubblici”.
Sulla stessa linea Domenico Rossi, presidente della Commissione Legalità. “Siamo qui – ha detto – perché crediamo che la conoscenza e lo studio siano il primo strumento per difenderci. Se non si riconosce un problema, non lo si può affrontare. Serve tenere sempre alta l’attenzione su questi fenomeni perché tra le ragioni che hanno permesso alla ‘Ndrangheta di colonizzare anche le regioni del Nord c’è il ‘cono d’ombra’ tra opinione pubblica e ‘Ndrangheta. Al rischio dell’ignoranza si aggiunge quello della sottovalutazione“. Per il procuratore generale di Torino, Lucia, “le mafie sono dentro la società, e non hanno confini. Il Centro-Nord è occupato ‘militarmente’ dalla ‘Ndrangheta. Numeri preoccupanti per il capocentro della Direzione Investigativa Antimafia di Torino, Tommaso Pastore, che ha illustrato l’evoluzione delle attività di contrasto alle mafie ‘a partire dal modo di operare della criminalità organizzata nel mondo economico-finanziario. In Europa abbiamo mappato 821 reti criminali attive, l’86% è in grado di infiltrarsi nell’economia legale, la quasi totalità (96%) con capacità di riciclaggio autonoma. La migliore strategia di contrasto non può non focalizzarsi sugli strumenti giuridici volti a sottrarre alla criminalità organizzata la disponibilità economica proveniente dalle attività delittuose attraverso il sequestro, la confisca e le attività interdittive””. “Oggi le grandi aziende hanno una segmentazione dei processi produttivi, non ci sono più aziende che sostengono i costi di tutto il processo, logistica, sicurezza, trasporti, smaltimento dei rifiuti, e oggi non vale più quel detto secondo cui l’Ndrangheta opprime gli imprenditori. Purtroppo quello a cui assistiamo sempre di più è l’imprenditore che si rivolge all’Ndrangheta per ottenere dei servizi che gli comportano dei risparmi e la sicurezza di poter gestire quel segmento produttivo senza difficoltà e senza così eccessivi“.
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