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Omaggio a Achille Campanile, affermato scrittore, drammaturgo e sceneggiatore nonché giornalista romano, celebre per il suo pungente umorismo e per i sapidi calembours, con “Campanilismi”, uno spettacolo di Elio Turno Arthemalle tratto da “Il povero Piero”, con (in ordine alfabetico) Alessio Arippa, Valentina Fadda, Gabriele Peirani, Valentino Pili, Chiara Porcu e Angelo Trofa e con la partecipazione di Elio Turno Arthemalle, scene e costumi di Filippo Grandulli e drammaturgia e regia di Elio Turno Artemalle (produzione Teatro Impossibile) in cartellone (dopo il duplice appuntamento di venerdì 17 gennaio alle 21 al Teatro del Carmine di Tempio Pausania e venerdì 24 gennaio alle 21 al Teatro Civico “Gavì Ballero” di Alghero), giovedì 13 marzo alle 20.30 al Teatro Costantino di Macomer e venerdì 14 marzo alle 21 al Teatro Civico “Oriana Fallaci” di Ozieri sotto le insegne della Stagione di Prosa 2024-2025 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Autonoma della Sardegna e dei Comuni aderenti al Circuito e con il contributo della Fondazione di Sardegna.
Una divertentissima (e cattivissima) commedia nera che mette l’accento sull’ipocrisia e sui rituali mondani che accompagnano la scomparsa di un personaggio illustre, in una vicenda paradossale che vede sfilare parenti, amici e conoscenti in bilico tra obblighi e convenzioni sociali e l’arduo tentativo di tener segreta la notizia fino a esequie avvenute per rispettare per rispettare la volontà del defunto. Il protagonista della vicenda è proprio colui che improvvisamente e inaspettatamente è uscito di scena dal gran teatro del mondo e costringe la sua famiglia a cimentarsi con acrobazie verbali e singolari escamotages per evitare a tutti i costi di far trapelare la verità: così la vedova disperata cerca di trattenere le lacrime mentre i parenti provano a darsi un contegno e intanto discutono dell’eredità e delle spese per il funerale, si deve consolare la cameriera piangente, la portinaia è invitata a tacere, tra visite di ospiti ignari e inviti a nozze, oltre all’inevitabile comparsa degli addetti dell’agenzia di pompe funebri.
Il silenzio imposto dal defunto si rivela molto difficile da mantenere e soprattutto la maschera di indifferenza e apparente naturalezza che è necessario ostentare risulta in stridente contrasto con gli stati d’animo: ma in fondo la morte sia pure repentina è pur sempre uno degli eventi ineluttabili ce segnano il destino dell’uomo e suscita nei superstiti oltre all’iniziale sgomento una molteplicità di riflessioni. Nella fortunata commedia di Achille Campanile, nata in forma di romanzo e poi trasportata sulla scena dallo stesso autore, un sapiente meccanismo metateatrale suscita un effetto di straniamento, in cui i vari personaggi oltre a provare emozioni si trovano a ragionare sulla propria e altrui immagine impegnati in una sorta di gioco delle parti in cui ciascuno, inconsapevolmente, recita se stesso. La pièce incentrata su una situazione grottesca e paradossale, in un ironico crescendo con un finale a sorpresa, venata di sottile umorismo e spunti satirici, analizza tra divagazioni filosofiche e private inquietudini il rapporto dei singoli individui con l’inevitabile fine e l’autore con i suoi toni beffardi si concede perfino il gusto di scherzare con la morte.
«Achille Campanile è uno di quegli autori a lungo considerati minori, o perlomeno bizzarri, di cui però, a quasi cinquant’anni dalla sua morte, ancora non si riesce a fare a meno. I balzi logici cui sottopone le vicende narrate, il paradosso elevato a sistema, la fulmineità delle situazioni e dei dialoghi, non hanno mai smesso di sedurre attori e pubblico» – sottolinea l’attore e regista Elio Turno Arthemalle –. «Il rovesciamento degli elementi portanti della scrittura drammaturgica, ad esempio, come nelle celeberrime “tragedie in due battute” (estenuanti e interminabili didascalie per introdurre una battuta breve e fulminante), trasformano e sue opere in intelligentissimi giocattoli che non si vede l’ora di prendere in mano».
E prosegue: «E’ probabile che Campanile oggi non sia solo attuale, ma necessario. Tutto l’armamentario di convenzioni borghesi, ipocrisie, piccole carognate vili oggetto della sua irrisione e che a considerarle solo qualche decennio fa sembravano consegnate alla preistoria del costume, per qualche misteriosa ragione e per impreviste vie, tornano a condizionare i nostri comportamenti. Si sente quindi il bisogno di farle passare attraverso l’infernale macchina del linguaggio del Nostro, per rivelarne la fragilità».
Sullo spettacolo – divertente e irriverente – che indaga sulla condizione umana e quasi scaramanticamente sulla istintiva paura della morte, offrendo insieme uno spaccato della borghesia , Elio Turno Arthemalle rivela: «“Campanilismi” isola un momento di quotidianità e ne esaspera i toni. Tutto è esagerato: i suoni, i costumi, i toni di voce. Molto spesso le note sopra le righe sono oggetto di giusta critica; talvolta invece servono a illuminare la mediocrità del pentagramma».
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