Inammissibilità della sanatoria condizionata mediante accordo ex art. 11 della l. n. 241 del 1990 e nozione “statica” dell’accertamento della doppia conformità – Associazione Segretari Comunali e Provinciali

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Edilizia e urbanistica – Accertamento di conformità – Atto amministrativo – Accordi integrativi, sostitutivi, alternativi – Inammissibilità

In ossequio alla giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. 29 maggio 2013, n. 101), l’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 non ammette ipotesi di “sanatoria” condizionata alla effettuazione di altri interventi (ad esempio di demolizione). Ciò vale a maggior ragione ove si pretenda di far confluire gli impegni del privato in un accordo ai sensi dell’art. 11 della l. 7 agosto 1990, n. 241, che comunque implica una “negoziazione” rimessa alla scelta discrezionale della p.a., estranea alla natura del provvedimento. (1).

L’art. 11 della l. n. 241 del 1990, è relativo ad un modulo decisionale consensuale comunque soggetto al vincolo funzionale dell’interesse pubblico a “sottrarre” ambiti più o meno ampi alla decisione autoritativa. Esso non può essere identificato con il risparmio del futuro e ipotetico dispendio di tempo e risorse per l’eventuale demolizione in danno, ovvero per istruire ex novo la pratica edilizia eventualmente (ri)presentata. L’ordinamento non ammette infatti casi atipici di sanatoria, in quanto diversamente dal condono essa «è stata deliberatamente circoscritta dal legislatore ai soli abusi “formali”, ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, rendendo così palese la ratio ispiratrice della previsione della sanatoria in esame, ‘anche di natura preventiva e deterrente’, finalizzata a frenare l’abusivismo edilizio, in modo da escludere letture ‘sostanzialiste’ della norma che consentano la possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, ma con essa conformi solo al momento della presentazione dell’istanza per l’accertamento di conformità» (Corte cost., n. 101 del 2013) . Ed è evidente che la necessità di “negoziare” l’adeguamento ovvero la sua realizzazione, altro non è che uno strumento per legittimare una sanatoria condizionata, ovvero per far rivivere la c.d. “sanatoria giurisprudenziale”, istituto di creazione pretoria da tempo abbandonato dalla giurisprudenza Sul parziale superamento di tale regola “in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 37” si v. art. 36-bis, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, introdotto dall’art. 1, comma 1,lett. h) del d.l. n. 69 29 maggio 2024, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 14 luglio 2024, n. 105.

Edilizia e urbanistica – Accertamento di conformità – Requisito della “doppia conformità – Sussistenza rebus sic stantibus – Atti attuativi o verifiche ulteriori da parte dell’amministrazione – Esclusione

Il concetto di “doppia conformità” richiesto ai fini della concessione della sanatoria ordinaria presuppone una verifica di rispondenza al regime urbanistico vigente sia all’atto dell’effettuazione dei lavori che della presentazione dell’istanza in senso “statico”. L’astratta assentibilità dell’opera previa attivazione di uno specifico procedimento (nel caso di specie, presupponente l’intervento del Consiglio comunale) non equivale a concreta rispondenza della stessa al regime edificatorio vigente in una determinata zona. (2).

L’ipotetica ammissibilità di un intervento, ove realizzato ex novo, in ragione dell’esistenza di apposita norma regolatoria che lo consente, a condizioni date, non equivale a conformità dello stesso al regime urbanistico vigente, che non può essere desunto dal successivo esito di ulteriori valutazioni. La nozione di “doppia conformità” richiesta dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, è infatti, per così dire, a valenza staticoricognitiva, nel senso che presuppone una mera verifica formale da parte degli uffici, in quanto solo formale e non sostanziale è la natura dell’illecito di riferimento. Diversamente opinando, esso si tradurrebbe in una sorta di condono, anziché di sanatoria ordinaria, consentendo cioè l’avallo postumo di interventi che sostanzialmente, non solo formalmente, sono in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti.

(2) Conformi: Con riferimento alla prima parte della massima: Cons. Stato, sez. VI, 12 ottobre 2022, n. 8713; sez. VI, 9 settembre 2019, n. 6107

Consiglio di Stato, sezione II, 25 febbraio 2025, n. 1648 – Pres. Forlenza, Est. Manzione



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