L’appello di Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i minorenni. Negli ultimi vent’anni sono aumentati i casi di abbandono, mentre le coppie disponibili all’adozione continuano a calare
A Milano, in questo momento, 23 bambini aspettano genitori che li vogliano adottare; quattro si sono aggiunti mercoledì e quasi tutti sono piccolissimi, hanno meno di sei anni. L’ultimo è un neonato. «Non bisogna pensare all’adozione su sollecitazione emotiva, sono iter lunghi e difficili, ma abbiamo bisogno di coppie giovani, motivate, forti e consapevoli — lancia l’appello Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i minorenni —. Negli anni i procedimenti di adottabilità aumentano e questo preoccupa nella misura in cui il dato riflette presumibili situazioni di abbandono morale e materiale da parte delle famiglie d’origine; in parallelo le coppie disponibili all’adozione continuano a calare» (in questo articolo, la procedura per l’adozione e le testimonianze dei genitori adottivi).
Rispetto a vent’anni fa il numero è addirittura crollato. Nel 2004 ci furono 1.425 domande per l’adozione nazionale, con 148 bambini dichiarati adottabili (di questi, 65 da mamma «ignota»); nell’anno appena concluso le domande sono state invece 419 e i bambini 78 (di cui 26 da mamma che non vuole farsi nominare). Il rapporto si è quindi dimezzato: oggi a Milano per ogni bambino dichiarato adottabile ci sono cinque coppie candidate, là dove allora ce n’erano almeno dieci. Perché? Al netto delle ragioni socio-demografiche — crisi della natalità e ricorso alla fecondazione assistita in testa — influiscono alcune false credenze.
Intanto «a Milano i bambini dichiarati adottabili in nove casi su dieci sono sempre piccolissimi, non hanno nemmeno l’età per andare a scuola». Inoltre, mentre nell’adozione internazionale caldeggiata dalle associazioni attive sul territorio la coppia sceglie il Paese ma non ha altre informazioni, in quella nazionale c’è una regia, «si conoscono bene la storia e lo stato di salute del piccolo e c’è una équipe di sette giudici onorari dedicati a studiare le caratteristiche familiari in modo complementare e aggiuntivo rispetto a quello dei servizi».
Le energie sono concentrate nella ricerca dell’abbinamento migliore, ovvero quello con la famiglia che meglio può soddisfare il bisogno specifico di quel bambino. A Milano nel 2024 è stata trovata ad esempio una famiglia (auspicabilmente «giusta») per 82 bambini, con tutto quello che comporta. I tempi di attesa possono sembrare lunghi, ma ci sono diversi passaggi e il Tribunale aspetta anche un anno per avere dai servizi psicosociali le relazioni che dovrebbero invece essere pronte entro quattro mesi.
La Presidente sprona le coppie: «L’attesa non deve essere un tempo morto ma una fase di formazione autonoma e confronto — dice —. Non bisogna rimanere passivi né farsi condizionare da certe narrazioni negative sull’esperienza adottiva». Un altro timore è la cosiddetta adozione «aperta» che in alcuni casi impone una continuità di rapporto con qualche familiare del bambino. «A Milano queste storie sono state spesso fallimentari: viene da chiedersi se questa apertura sia pensata a favore dell’adulto o invece, come dovrebbe essere, nell’interesse del minore».
Cruciale infine il capitolo dei sostegni carenti: «L’accompagnamento dovrebbe coprire il percorso adottivo e post adottivo». Un paradosso che parla da solo: l’Inps ha negato di recente le agevolazioni previste per la natalità naturale durante il collocamento adottivo provvisorio, rinviandole al momento dell’affidamento pre-adottivo collegato al passaggio in giudicato della sentenza che può avvenire anche dopo anni. Tradotto, così i genitori adottivi verrebbero privati di tutti i benefici collegati alla maternità/paternità nel momento in cui il piccolo entra in casa.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link