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Come l’innovazione sta cambiando l’allevamento #finsubito prestito immediato


Negli Stati Uniti, una mucca da latte produce in media 30 litri di latte al giorno, mentre in Africa la stessa mucca ne produce solo 1,6. Questa notevole differenza di rendimento, quasi 19 volte inferiore, rappresenta una sfida significativa. Ridurre tale divario potrebbe avere effetti positivi su molti fronti: migliorare la nutrizione nei paesi poveri, ridurre le emissioni di gas serra e persino contribuire a prevenire conflitti sociali. Fortunatamente, la tecnologia, sia vecchia che nuova, offre soluzioni per incrementare la produttività delle mucche, anche se ostacoli culturali e ambientali rendono il progresso più difficile.

Nei paesi industrializzati, l’allevamento bovino sta perdendo popolarità. Il consumo di carne rossa è in calo tra coloro che seguono una dieta più sana, mentre il latte vegetale sta guadagnando terreno. A preoccupare chi è attento all’ambiente è che gli allevamenti bovini generano il 7% delle emissioni di gas serra provocate dall’uomo, più di qualsiasi altro tipo di bestiame. Alcuni esperti prevedono che, con l’avanzamento della ricerca, la carne coltivata in laboratorio – introdotta per la prima volta nel 2013 – potrebbe in futuro sostituire quella convenzionale, riducendo la necessità di allevare animali per il consumo alimentare.

Tuttavia, al momento la domanda di prodotti bovini è in crescita. Secondo le stime della FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura), il consumo mondiale di carne bovina aumenterà dell’11% entro il 2033, e quello di latte del 17%. Questa tendenza è guidata dall’aumento della popolazione e dal miglioramento delle condizioni economiche, che consentono a un maggior numero di persone di permettersi proteine animali. Gli allevatori si trovano quindi a dover affrontare due sfide cruciali: soddisfare la crescente domanda nonostante l’aggravarsi dei cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di metano, un potente gas serra prodotto dai loro animali.

Sul fronte dell’aumento della produttività, sono stati fatti notevoli progressi, anche se in modo disomogeneo. In India, per esempio, l’allevamento selettivo e migliori pratiche zootecniche hanno portato la produzione giornaliera di latte per vacca da 3,8 litri nel 2013 a 5,3 litri nel 2022. A livello globale, l’aumento è stato più modesto, passando da 6,4 a 7,4 litri. Nei paesi più poveri, però, i livelli di produttività restano molto bassi, il che evidenzia un enorme potenziale di miglioramento. “La possibilità di colmare questo divario è enorme”, afferma Dominik Wisser della FAO.

Sul versante delle emissioni, però, la situazione è più complessa. Gli agricoltori hanno pochi incentivi a ridurre le emissioni di metano, e i governi esitano a introdurre normative che potrebbero far aumentare il costo degli alimenti. I consumatori, d’altro canto, si mostrano scettici verso additivi per mangimi come il Bovaer, che potrebbero ridurre il metano rilasciato dai bovini. Tuttavia, aumentare la produttività per vacca è un modo efficace per abbattere le emissioni per unità di prodotto: una mucca che produce dieci litri di latte al giorno emette meno metano rispetto a due mucche che producono cinque litri ciascuna, come sottolinea Sonja Leitner dell’International Livestock Research Institute (ILRI).

Incrementare la produttività richiede spesso interventi a basso contenuto tecnologico. Alfred Kering, un piccolo allevatore in Kenya, ha aumentato la produzione di latte per mucca semplicemente riducendo il numero dei suoi animali. In passato, come molti nella sua comunità, allevava il maggior numero possibile di bovini, poiché il prestigio sociale dipendeva dalle dimensioni del gregge. Ma, non potendo alimentarli tutti a sufficienza, producevano poco latte. Con l’aiuto di un esperto agricolo, ha ridotto la sua mandria da dieci a tre mucche ben nutrite, raddoppiando la produzione di latte. Di conseguenza, ora ha un reddito maggiore e la sua famiglia gode di migliori condizioni di salute.

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Il passo successivo per aumentare la produttività bovina è l’allevamento selettivo, ma questo approccio richiede più sofisticazione. Non è sufficiente importare mucche ad alto rendimento dai paesi ricchi: esse non resisterebbero al caldo e alle malattie tipiche delle regioni tropicali. Gli agricoltori hanno bisogno di ibridi, che combinino la resistenza locale con una maggiore produttività. Tuttavia, la maggior parte dei piccoli agricoltori non tiene traccia della genealogia delle proprie mucche, il che porta spesso a problemi di consanguineità e a una prole debole.

Per superare questi ostacoli, dal 2016 il progetto Africa Asia Dairy Genetic Gains (AADGG), gestito dall’ILRI con il supporto della Fondazione Gates, raccoglie dati genetici e di produttività su 15.000 mucche in Africa orientale, per costruire un database genetico. Con l’aiuto di un’app mobile, gli agricoltori possono registrare e monitorare la salute e la produzione delle proprie vacche, ricevendo consigli personalizzati. I partecipanti al progetto in Tanzania hanno visto un aumento della produttività del 50%, grazie a questi strumenti.

L’innovazione tecnologica sta lentamente cambiando anche la cultura degli allevatori. Daniel Kemboi, un altro allevatore keniota, ha trovato il seme giusto per migliorare la sua mandria cercando online. Attraverso un sito web ha selezionato tori che potessero migliorare la produzione di latte e la tolleranza al calore delle sue mucche, portando la produzione da 12-15 litri a 26 litri per vacca. Ha anche costruito una stalla per proteggere le sue mucche dalle alte temperature, segno che gli agricoltori locali sono sempre più consapevoli delle sfide poste dal cambiamento climatico.

Nonostante questi progressi, la produttività media per vacca in Kenya rimane relativamente bassa, pari a 2,3 litri al giorno nel 2022, rispetto a 1,8 litri nel 2013. Questo dato è superiore alla media africana, ma molto lontano da quanto potenzialmente raggiungibile, soprattutto in un paese dove il 35% della popolazione soffre di malnutrizione. Studi suggeriscono che un aumento del consumo di latte può ridurre significativamente il ritardo della crescita infantile, che affligge circa il 22% dei bambini sotto i cinque anni nel mondo.

I cambiamenti climatici stanno anche alterando le pratiche tradizionali degli allevatori nomadi. Daniel Sinkeet, un pastore Masai, ha dovuto adattarsi dopo una grave siccità tra il 2021 e il 2023. Tradizionalmente, i pastori migrano seguendo le piogge, ma con l’aumento della siccità, Sinkeet ha perso un terzo della sua mandria. Ora ha deciso di coltivare foraggio per nutrire le sue mucche, segnando una svolta nella sua vita da nomade. Migliorando la produttività dei pastori e riducendo la loro mobilità, si potrebbe anche ridurre il rischio di conflitti legati alla scarsità di risorse, che spesso degenerano in violenze etniche.

Anche se i piccoli agricoltori si concentrano principalmente sulla loro sopravvivenza economica, stanno emergendo iniziative per monitorare e ridurre le emissioni di metano. A Nairobi, ricercatori stanno sperimentando l’uso di legumi locali per migliorare la dieta delle mucche, con l’obiettivo di ridurre le emissioni.

Nei paesi ricchi, l’attenzione verso il problema delle emissioni è ancora limitata. La California è un’eccezione: lo stato ha introdotto norme per ridurre le emissioni di metano del 40% entro il 2030. Una delle tecniche utilizzate consiste nel catturare il metano prodotto dalle deiezioni animali per convertirlo in biogas, un combustibile meno dannoso per il clima.

L’azienda texana STgenetics sta anche sviluppando strumenti per aiutare gli allevatori a selezionare mucche che producono più latte consumando meno cibo, contribuendo così a ridurre sia le emissioni sia i costi. Tuttavia, resta molto lavoro da fare per convincere gli agricoltori che queste innovazioni possono essere vantaggiose anche economicamente.

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Mentre il mondo si prepara a ridurre il suo impatto ambientale, il settore dell’allevamento bovino continua ad avere un ruolo centrale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Migliorare la produttività delle mucche non solo ridurrebbe la povertà e migliorerebbe la nutrizione, ma potrebbe anche contribuire a mitigare i cambiamenti climatici. Le soluzioni tecnologiche esistono, ma richiedono una maggiore consapevolezza, investimenti e, in molti casi, un cambiamento di mentalità da parte degli allevatori stessi.



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