Il suicidio nucleare – Il Domani d’Italia

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Fra i cascami negativi per il futuro del pianeta che la guerra russo-ucraina ha già depositato nell’immaginario collettivo e nel linguaggio mediatico v’è pure l’inquietante sdoganamento della semantica nucleare. Detto in termini più crudi ed espliciti, la minaccia di un possibile utilizzo della bomba atomica.

Sin dai primi mesi successivi al mancato successo del blitzkrieg immaginato da Putin – la conquista dell’intera Ucraina e l’insediamento a Kyiv di un governo fantoccio – la Russia ha con sempre maggior frequenza minacciato l’impiego di armi nucleari cosiddette “tattiche” (ovvero a gittata ridotta, per l’impiego sul campo di battaglia), pur sapendo che – se davvero utilizzate – esse produrrebbero gravi fenomeni negativi anche sul proprio territorio (si pensi ad esempio all’incognita dovuta al vento, che potrebbe trasportare in Russia le radiazioni causate dagli ordigni nucleari). I quali ultimi, per quanto “tattici”, detengono un’energia esplosiva che può essere superiore fino a tre volte quelle che rasero al suolo Hiroshima e Nagasaki.

Campione di questo devastante ricatto è stato l’ex presidente Dmitry Medvedev, che molti di noi occidentali consideravamo un moderato e invece si è rivelato essere uno dei falchi del regime (probabilmente per compiacere Putin, se per mero servilismo o per necessità vitali derivanti dalla sua forzata rinuncia alla ricandidatura presidenziale, ormai diversi anni fa, non è dato sapere): con ostinata pervicacia durante questi tre anni egli ha periodicamente ribadito il concetto, intriso di odio nei confronti dell’Occidente, Stati Uniti in primis (ed è allucinante vedere come Trump eviti di ricordarlo e di ricordarselo).

L’utilizzo insistito da parte di Mosca (in talune occasioni ne ha fatto cenno lo stesso Putin) di un tale argomento da un punto di vista generale segnala al mondo che la Russia ha ereditato dall’Unione Sovietica un rilevante arsenale atomico, non certo annullato dai Trattati di Non Proliferazione nel tempo siglati e da ultimo abbandonati (nel 2026 scadrà anche il New Start, ultimo erede degli accordi firmati dalle allora superpotenze negli anni ottanta, un’epoca fa).

Un modo per dire, insomma, che la Russia non sarà mai sconfiggibile sul piano militare, perché detiene la “soluzione finale” ed è disposta ad utilizzarla se ciò dovesse rendersi necessario. Ora, poiché la soluzione finale significa l’autodistruzione dell’intera umanità è presumibile che certe affermazioni siano semplicemente una forma di deterrenza, o almeno così vogliamo credere. Ma quando si parla di “nucleare tattico” il discorso muta, sostanzialmente. Perché l’obiettivo in questo caso è limitato a un territorio, estensione nucleare di una guerra tradizionale. Questo, almeno, è quanto i teorici di questo strumento di offesa vogliono farci credere.

La realtà, però, sarebbe ben diversa. Si è già accennato alle variabili climatologiche, per definizione non controllabili né determinabili dall’uomo; ma a queste vanno aggiunti altri elementi, quali ad esempio la inevitabile reazione degli alleati del popolo così martirizzato in una logica di escalation sempre più pericolosa destinata ad allargare i confini del conflitto. Un attacco nucleare, per quanto localizzato e contenuto nella potenza (si fa per dire), non può essere percepito da chi lo subisce come una variazione tattica su uno schema impostato di guerra convenzionale perché di fatto non è così e quindi inevitabilmente esso genererebbe un cambiamento radicale – non certo di natura positiva – nel corso della Storia. È il motivo per il quale esso rimane altamente improbabile. Ma non impossibile.

Ed è questo il danno maggiore, a oggi, provocato dalla guerra di invasione putiniana e dalle velate minacce nucleari ad esse seguite: l’irrompere nella percezione diffusa, nel dibattito pubblico, nelle menti dei singoli di quel mostro apocalittico che i martiri di Hiroshima e Nagasaki avevano allontanato – pensavamo per sempre – dalla nostra visione del mondo. Non è più così. Un’ammonimento che il Presidente Mattarella ha voluto esplicitare l’altro giorno dal Giappone: “Sta passando l’idea – ha sostenuto – che l’atomica possa diventare uno strumento ordinario. Una narrativa molto pericolosa”.

 



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