LA MILANO DI SALA, TRA GREEN E ARMI/ Quell’auto-elogio (in inglese) dell’euro-assessore Maran

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In un fine settimana politicamente difficilissimo per l’amministrazione comunale di Milano, un singolare elogio alla città è spuntato su Politico, nota testata digitale internazionale, di respiro euro-atlantico e simpatie dem. Un articolo della serie Living Cities, sulla homepage europea, ha additato la metropoli lombarda come esempio di reazione virtuosa al terremoto del Covid, a cinque anni dal primo lockdown.



Si scopre tuttavia subito che il grande testimonial del “modello Milano” è Pierfrancesco Maran: intervistato come “city councilor” ai tempi della pandemia “delegato al potente portafoglio dell’urbanistica”. Il curriculum completo di Maran, com’è noto, si estende dall’assessorato alla mobilità nella giunta Pisapia, nel 2011; a quello all’urbanistica e verde dal 2016 nell’amministrazione Sala-1, a cavallo della pandemia; infine alla delega alla casa dal 2021 nel Sala-2. Dal luglio 2024, Maran è europarlamentare Pd, eletto nel Nordovest.

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Su Politico, tuttavia, Sala non viene mai citato: né da Maran né dagli intervistatori. Non filtra alcun accenno neppure al recente avvitamento giudiziario della gestione urbanistica ed edilizia da parte di Palazzo Marino negli anni del centrosinistra; né al tentativo di sanatoria “Salva-Milano” approdato nell’agenda politica nazionale.

Nel marzo 2025 Maran è invece preoccupato di rinfrescare la memoria di un “momento fantastico” per Milano, quando già “le sue fortune tendevano verso l’alto dopo aver ospitato l’Expo 2015”. Quando “la transizione della metropoli da capitale industriale a hub globale di innovazione, turismo e prosperità era in via di definitivo compimento”.



Milano si è ritrovata violentemente arrossata dalla pandemia, ma è stata capace di ingaggiare una controffensiva vincente subito in fase di prima riapertura: attraverso un “ambizioso piano che ha ridisegnato il paesaggio urbano, dando priorità all’accesso agli spazi pubblici”. E, secondo il fresco ex assessore, non vi sono dubbi che il governo locale ambrosiano abbia saputo cogliere appieno “l’opportunità straordinaria di riconquistare ai cittadini gli spazi pubblici”.

Non c’è invece alcun riferimento alle politiche riguardanti gli spazi privati: al centinaio abbondante di cantieri finiti nel mirino della Procura di Milano per presunte irregolarità amministrative; in una lunga escalation giudiziaria – e mediatica – culminata nell’arresto di Giovanni Oggioni, architetto con cursus trentennale nella dirigenza del Comune di Milano.

Tre grafici hanno dato intanto contenuto all’auto-elogio in inglese di Maran. Sotto la testata “Rallenta, ragazzo”, spicca il boom di superficie di circolazione urbana vincolata nel 2020 al limite di velocità di 30 chilometri all’ora. Poi “Meno inquinamento da traffico”: una linea punta perentoriamente verso il basso dal 2020 in poi. Infine “Sotto questo sole è bello pedalare, sì” (in italiano nell’articolo): una serie di istogrammi sulla lunghezza totale della rete urbana di piste ciclabili (nel 2023 più estesa del 45,1% rispetto al 2019, con un +29,6% già nel 2020).

È questa “la nuova normalità” (in italiano nel testo) che Maran sente di aver lasciato in eredità a Milano dopo 13 anni nelle stanze dei bottoni di Palazzo Marino. Una “normalità” che sembra d’altronde ignorare del tutto un dibattito sempre più acceso sulla vivibilità di Milano per i milanesi, fra inflazione da overtourism e boom della microcriminalità.

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Dall’articolo di Politico sembra invece emergere ancora robusto l’ottimismo “verde europeo” della seconda campagna Sala (nel 2021 Maran è stato il votatissimo capolista Pd).

È un approccio che ha tentato di coniugare – con potenziali ambizioni nazionali – tutte le più ampie sensibilità ambientaliste (quelle messe in vetrina all’Expo) con una spinta molto meneghina al business: agli affari che certamente dal giro di boa del millennio hanno avuto come terreno di gioco privilegiato la riconversione urbanistica di vaste aree ex industriali. È un “sentiment” che, d’altra parte, quasi nelle stesse ore dell’uscita di Politico è filtrato chiaramente in una dichiarazione di Maran appena a valle dell’approvazione del piano ReArm in Consiglio Ue.

Il neo-europarlamentare non ha mostrato esitazioni nel definire “essenziale” la strategia europea di investimento di 800 miliardi in nuovi sistemi di difesa: criticata invece dalla leader Pd Elly Schlein. Maran – che è già relatore-ombra socialdemocratico dell’European Defence Industry Programme – non manca di avvertire che “il riarmo europeo non dovrà sottrarre risorse ai fondi di coesione Ue”: ma si tratta esattamente della condizione posta da Giorgia Meloni – Premier italiana di centrodestra e leader della destra conservatrice europea – nell’annunciare il sì di principio dell’Italia a ReArm all’ultimo Consiglio Ue.

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