Dopo l’Appello di Öcalan, la voce di DEM sulla pace e la resistenza curda

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Il 27 febbraio 2025, Abdullah Öcalan, storico leader del movimento curdo e fondatore del PKK, ha rivolto dal carcere di İmralı un appello senza precedenti per la pace e la democratizzazione dell’intero assetto politico regionale. Con parole destinate a segnare un’epoca, ha esortato alla cessazione dei conflitti e a una profonda trasformazione politica del movimento curdo. Un’iniziativa che non solo ridefinisce il futuro della questione curda, ma potrebbe incidere in modo decisivo sugli equilibri della Turchia e del Medio Oriente.

Dopo oltre quarant’anni di lotta armata, Abdullah Öcalan segna un cambio di paradigma, delineando una nuova fase per la questione curda. Il suo “Appello per la Pace e la Società Democratica” ha già avuto un impatto tangibile con l’annuncio del PKK del cessate il fuoco e con l’ondata di sostegno che si è levata dalla società curda e dalle forze democratiche in Turchia. Ma la portata di questo appello supera i confini nazionali: il futuro della pace curda è indissolubilmente legato alle dinamiche geopolitiche regionali e agli equilibri globali.

Per cogliere appieno la portata di questo appello e le sue possibili implicazioni, abbiamo intervistato Sezai Temelli, vicepresidente del gruppo parlamentare del partito curdo-turco DEM (Partito democratico dei popoli). In questa conversazione, Temelli offre uno sguardo dall’interno sulle reazioni del popolo curdo, sulle aspettative nei confronti del governo turco e sulle ripercussioni internazionali di questa storica dichiarazione.

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Ritiene che l’appello di Abdullah Öcalan possa segnare una svolta concreta nel processo di pace in Turchia e nella questione curda?

Ne sono fermamente convinto. E non solo io: un’ampia parte della società, in particolare la comunità curda e tutti coloro che in Turchia anelano alla pace dopo anni di sofferenze e privazioni causate dalla guerra, condivide questo sentimento. L’“Appello per la Pace e la Società Democratica”, pronunciato da Abdullah Öcalan il 27 febbraio 2025, segna un momento cruciale. Rappresenta una svolta storica per una questione che, negli ultimi quarant’anni, è stata segnata da conflitti intensi e che da oltre un secolo resta irrisolta.

Tanto che oggi la questione curda ha imboccato un nuovo corso. Questo appello, dunque, non è solo un punto di svolta, ma un passaggio epocale: d’ora in poi, nulla sarà più come prima, né per la questione curda, né per il Medio Oriente, né per il mondo. La prospettiva di una pace curda avrà ripercussioni significative, con effetti positivi tanto sulla politica regionale quanto sugli equilibri globali.

Qual è la posizione dei sostenitori del partito DEM e come hanno reagito a questo appello?

Ci sono state risposte cariche di emozione. L’“Appello per la Pace e la Società Democratica” è stato accolto con grande entusiasmo e un ampio sostegno. Il popolo curdo e la base del partito DEM hanno ribadito con forza il loro appoggio a Öcalan, dimostrando ancora una volta di essere al suo fianco. Dopotutto, stiamo parlando di una decisione epocale: la dissoluzione e trasformazione di un’organizzazione che ha portato avanti una lotta armata per oltre quarant’anni.

Si tratta di una scelta che coinvolge un popolo che ha vissuto le sofferenze più dure a causa del mancato riconoscimento della questione curda. Per il popolo curdo e i sostenitori di DEM, questo appello alla pace ha un significato e un’importanza straordinari.

Va sottolineato, tuttavia, che questo sostegno non proviene solamente dai sostenitori di DEM, dal popolo curdo e dai socialisti turchi. Il messaggio di pace ha trovato eco in tutti i settori della società: un ampio spettro politico, intellettuali, scrittori, donne, lavoratori, giovani. Tutti si sono uniti nel sostegno a questa svolta storica. Attraverso incontri pubblici e sondaggi d’opinione, abbiamo potuto constatare la forza di questo consenso, che senza dubbio continuerà a crescere nei prossimi mesi.

Quali potrebbero essere i prossimi passi da parte del governo turco? Vi aspettate un’apertura politica o un inasprimento della repressione?

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Con l’appello del 27 febbraio 2025 e, ancora una volta, con le parole di Abdullah Öcalan si è aperta la strada per spostare la questione curda dal terreno del conflitto e della violenza a quello politico e giuridico. È evidente che un problema che si trascina da oltre un secolo non possa essere risolto dall’oggi al domani, ma la costruzione della pace richiede il rispetto di precise condizioni e l’adozione di passi concreti. Chi governa la Turchia deve affrontare questo processo con piena consapevolezza. Fino a oggi, la fragilità della democrazia in Turchia, il basso livello di tutela dei diritti fondamentali e le carenze dello stato di diritto sono stati spesso giustificati con la questione curda.

Il conflitto e la violenza sono stati utilizzati come pretesto per pratiche antidemocratiche e per la limitazione delle libertà. Si è parlato spesso della cosiddetta “carta curda”, sfruttata per consolidare posizioni di potere. Tuttavia, questa giustificazione ora sta venendo meno.

Dopo il 27 febbraio 2025, si è aperta una nuova fase, radicalmente diversa. Le condizioni della pace devono essere rispettate. Affinché la pace si radichi nella società, è necessario rispondere alle legittime richieste democratiche dei cittadini. Le aspettative sono chiare: lo sviluppo di un quadro giuridico coerente con queste istanze e un reale progresso nella tutela dei diritti e delle libertà.

Crede che questa decisione possa cambiare l’atteggiamento della comunità internazionale nei confronti della lotta del popolo curdo?

In realtà, la comunità internazionale ha già mostrato in molte occasioni il proprio sostegno alla legittima lotta del popolo curdo. In Italia, nel Regno Unito, in Europa, in Medio Oriente, in America Latina e in ogni angolo del mondo, gli oppressi e le comunità emarginate sostengono la battaglia del popolo curdo per la democrazia e la pace. Tuttavia, alla luce della portata storica dell’“Appello per la Pace e la Società Democratica”, questo sostegno deve rafforzarsi ulteriormente. Il consolidamento della pace dipende anche da questo e ogni segnale di vicinanza è prezioso e significativo.

Colgo dunque l’occasione, attraverso voi, per rivolgere un appello al popolo italiano, ai partiti della sinistra e del movimento socialista in Italia, ai nostri compagni e all’intera Europa affinché facciano proprio, con ancora maggiore determinazione, il messaggio di Abdullah Öcalan. Come ho già sottolineato, la pace curda non riguarda soltanto il popolo curdo o la Turchia. Ha un impatto sul Medio Oriente, sull’Europa e, di conseguenza, sull’intero mondo. Una soluzione democratica e pacifica alla questione curda rappresenterebbe un contributo essenziale alla pace globale.

C’è il rischio che questa iniziativa venga strumentalizzata dal governo turco in vista delle prossime elezioni o per rafforzare il controllo sulle forze politiche curde e democratiche?

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Un simile rischio esiste. È evidente che processi di questo tipo non siano un “giardino di rose senza spine”. Possiamo trovarci di fronte a tentativi di strumentalizzazione e provocazione di vario genere. Diverse fazioni, attori e ambienti potrebbero avere agende differenti rispetto a questo processo e avvicinarsi a esso con intenzioni diverse. Tuttavia, se la richiesta di pace si radica nella società e se il progetto di una società democratica viene sostenuto con forza, questi rischi possono essere ridotti al minimo.

L’importanza strategica di questo appello deve essere pienamente compresa e ogni passo deve essere mosso con questa consapevolezza. Affrontarlo con calcoli ristretti, opportunismi personali o tattiche di breve periodo sarebbe un errore gravissimo. Perciò, questa grande iniziativa per la pace e per una società democratica non può né deve essere ridotta a una mera questione elettorale. Non può essere piegata ad altre agende politiche. Se, di fronte a un problema tanto vasto come la questione curda, è stato lanciato un appello che segna l’inizio di una nuova era, allora è con la massima serietà che deve essere affrontato.

Quali effetti pensa che avrà questa decisione sul movimento curdo, sia in Turchia che a livello internazionale? Quale sarà il futuro della resistenza curda senza il PKK?

Abdullah Öcalan, alla luce degli sviluppi tanto globali quanto regionali, ha aperto le porte a una nuova era nel suo insieme. Ha lanciato un appello per spostare la questione curda dal terreno della violenza e del conflitto a quello politico e giuridico. In altre parole, ha trasformato radicalmente il metodo della resistenza, inaugurando una nuova epoca di «lotta e trasformazione democratica». Se gli strumenti cambiano, la meta resta immutata: una soluzione pacifica e giusta della questione curda, che possa tradursi nella democratizzazione della Turchia e dell’intero Medio Oriente.

Questo appello storico è stato formulato con una profonda comprensione dello spirito del tempo e con una chiara visione strategica. Avrà un impatto significativo sulla trasformazione e sulla riorganizzazione del movimento curdo, tanto sul piano nazionale quanto su quello internazionale. D’altronde, chi conosce Öcalan sa che non è nuovo a scelte coraggiose e dirompenti. Un suo noto principio recita: «Sono intransigente nei principi, ma flessibile nella pratica». Anche in questo appello emerge la coerenza di questo principio: la lotta proseguirà con determinazione, adattandosi alle nuove condizioni e adottando strumenti diversi, ma senza mai fermarsi.

Immagine di copertina fornita dall’ufficio stampa del partito DEM

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