“Borse europee. Il 2025 anno della rivincita su Wall Street”

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UN INIZIO D’ANNO DOVE i mercati azionari europei, e anche quelli emergenti, si sono presi la rivincita su Wall Street sebbene rimanga ancora un forte gap di crescita fra il Pil dell’Eurozona e quello (triplo) degli Usa. E se l’avanzata delle Borse europee a doppia cifra a fine febbraio rispetto agli indici quasi fermi americani, non è avvenuta in tutti settori, a partire da quello depresso dell’auto, la prospettiva è che il 2025 possa confermare questa inversione di tendenza. Ma, avverte Angelo Meda (nella foto in alto), responsabile azionario di Banor, società italiana di intermediazione mobiliare specializzata nella gestione di capitali e consulenza su grandi patrimoni, serviranno una serie di interventi che rafforzino nei prossimi mesi la coesione politica e i fondamentali economici della Ue altrimenti potrebbe venir meno la fiducia accordata all’Europa dai mercati dopo un fine 2024 che aveva registrato invece l’euforia di Wall Street per la vittoria di Trump.

Adesso le cose sono cambiate?

Trump sta usando il bastone e la carota. Minaccia, a partire dai dazi, per poi negoziare. Ma, come per l’American First, siamo ancora agli slogan elettorali e i mercati invece guardano non alle parole ma ai fatti”.

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Quindi?

“I mercati peggiori nel corso del 2024, Europa e Cina, si sono dimostrati i migliori nei primi due mesi del 2025 e viceversa. Cumulando la performance degli ultimi tre anni ci troviamo però con andamenti molto simili”.

Si tratta del cosiddetto “ritorno verso la media” o esistono giustificazioni fondamentali a supporto di questo forte recupero dell’Europa?

“A guardare l’andamento ancora lento dell’economia europea rispetto a quella americana, si escluderebbe la seconda ipotesi. Bisogna invece osservare gli utili delle imprese. A lungo andare è questa infatti la principale determinante per i mercati finanziari. E la stagione degli utili ha visto un andamento più tonico per le società europee rispetto a quelle americane: non tanto sui risultati 2024, che hanno visto un rialzo superiore valle attese del 7% in entrambe le aree, ma soprattutto sulle aspettative per il 2025, dove le aziende europee hanno dato indicazioni migliori, grazie al dollaro che aiuta gli esportatori e ad aspettative meno sfidanti rispetto alle controparti d’oltreoceano. Il risultato è una stima degli utili per il 2025 divergente: in Europa si prevede una leggera revisione al rialzo mentre in Usa una leggera revisione al ribasso. E le Borse si muovono sempre sule aspettative”.

Che cosa servirà per confermare questa inversione di tendenza ed evitare che sia solo un “fuoco di paglia”?

“Un miglioramento strutturale dell’economia europea. E difficilmente potremo averlo senza una base politica per cui non si può non citare l’intervento di Mario Draghi al Parlamento europeo del 19 febbraio concluso con quel “quando mi chiedete cosa sia meglio, cosa sia meglio fare ora, io dico: non ne ho idea, ma fate qualcosa“. Le prime dichiarazioni del futuro cancelliere tedesco Merz sulla necessità di essere indipendenti dagli Usa implicano una maggiore collaborazione tra i Paesi dell’Ue e dunque promettono bene, ma come sostiene Draghi è il momento dei fatti. Durante queste otto settimane necessarie per trovare un accordo politico in Germania e formare il nuovo governo, è lecito attendersi ancora mercati europei che continueranno con il trend di inizio anno, ma prima o poi “i nodi vengono sempre al pettineche veda anche l’Europa seduta al tavolo con Usa e ” e i mercati vorranno vedere passi concreti prima dell’estate per continuare un recupero che ha ancora tanto potenzialmente da esprimere”.

Cosa serve per vedere questi passi concreti?

“Direi innanzitutto tre cose. Una Bce che prosegua nella riduzione dei tassi per stimolare l’economia senza avere timori inflazionistici. La ricerca della migliore via d’uscita dalla guerra in Ucraina Russia. E infine, dopo i risultati tranquillizzanti delle elezioni in Germania, vedere anche una Francia politicamente serena salire sul treno europeo dove viaggiano già, per stabilità degli esecutivi, Spagna, Italia e Grecia”.

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Guardando ai prossimi mesi, quali settori saranno più o meno interessanti per investire sui mercati?

“Pur avendo già subito un forte ridimensionamento resterei cauto sui titoli dell’automotive, settore che ha subito le conseguenze delle politiche green della Ue ed è esposto ora all’invasione delle vetture elettriche cinesi a meno che l’Europa non adotti una politica di dazi. La stessa cautela riguarda anche i titoli del settore della difesa che sono già ai massimi e che potrebbero trovare nuovi stimoli solo di fronte a sensibili e rinnovati aumenti delle spese degli Stati per gli armamenti”.

E il settore finanziario, trainante in questi due anni alla Borsa di Milano?

“Se l’Europa saprà consolidare la ripresa dell’economia con una crescita del Pil che arrivi almeno all’1%, i titoli finanziari potrebbero beneficiare di ulteriori progressi favoriti anche dal risiko bancario, per cui marzo sarà un mese decisivo”.

Un’ultima domanda: di fronte a tante opportunità ma anche molte incognite, che consigli dare a un investitore?

“Il 2025 penso sarà l’anno del risparmio gestito, che misurerà anche la bravura dei gestori, più che degli Etf. Detto questo, marzo e aprile saranno mesi decisivi per capire la direzione dei mercati. E prevedendo anche un aumento della volatilità, consiglierei prudenza e una diversificazione sia settoriale sia geografica. Se è sempre vero per investire nelle azioni il detto di non mettere tutte le uova nello stesso paniere, oggi questa accortezza vale ancora di più”.

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