Al Teatro Massimo arriva “La buona novella” con Neri Marcorè, un tributo a Fabrizio De Andrè

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 




Il fascino di una moderna Sacra Rappresentazione con “La Buona Novella” di Fabrizio De André nell’interpretazione di Neri Marcorè nella trasposizione teatrale del primo concept album del cantautore genovese, ispirato alla figura di Gesù di Nazareth e alla lettura del Vangeli apocrifi, in forma di Opera da Camera, con drammaturgia e regia di Giorgio Gallione e arrangiamenti e direzione musicale di Paolo Silvestri (produzione Teatro Stabile di Bolzano – Teatro Carcano – Fondazione Teatro della Toscana – Marche Teatro – Teatro Nazionale di Genova) in cartellone – in prima regionale – martedì 11 marzo alle 20.30 al Teatro Comunale di Sassari e poi da mercoledì 12 marzo fino a domenica 16 marzo al Teatro Massimo di Cagliari (tutti i giorni da mercoledì a venerdì alle 20.30 – turni A, B e C; sabato alle 19.30 – turno D e domenica alle 19 – turno E) per la Stagione 2024-2025 de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Autonoma della Sardegna, del Comune di Cagliari e del Comune di Sassari e con il contributo della Fondazione di Sardegna.


Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Riflettori puntati sull’eclettico attore, imitatore e cantante, conduttore radiofonico e televisivo, nonché doppiatore, volto noto del grande e del piccolo schermo e apprezzato dal grande pubblico, recentemente passato dietro la macchina da presa con “Zamora” (una nomination ai Nastri d’Argento e Premio Flaiano per la regia), protagonista sul palco insieme con l’attrice e cantante Rosanna Naddeo e l’ensemble formato da Giua (voce e chitarra) e Barbara Casini (voce, chitarra e percussioni), Anais Drago (violino e voce), Francesco Negri (pianoforte) e Alessandra Abbondanza (voce e fisarmonica) sulle note di Fabrizio De André, Gian Piero Reverberi e Corrado Castellari, in un affascinante spettacolo, impreziosito dalle scenografie di Marcello Chiarenza, i costumi di Francesca Marsella e il disegno luci di Aldo Mantovani, in cui s’intrecciano narrazione e canzoni.


Neri Marcorè si confronta con uno dei capolavori dell’indimenticabile artista ligure, il poeta degli ultimi che scelse la Sardegna come terra d’adozione: sulla falsariga del disco uscito nel 1970 come un apparente anacronismo, nella stagione calda delle lotte operaie e delle rivolte studentesche dopo la “rivoluzione” di maggio, in realtà, come spiegava Fabrizio De André durante un concerto al Teatro Brancaccio (nel 1998), «una allegoria che si precisava nel paragone fra le istanze migliori e più sensate della rivolta del ’68 e istanze, da un punto di vista spirituale sicuramente più elevate ma da un punto di vista etico sociale direi molto simili, che un signore 1969 anni prima aveva fatto contro gli abusi del potere, contro i soprusi dell’autorità, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali. Si chiamava Gesù di Nazareth e secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi».


“La Buona Novella” ripercorre la storia del figlio del falegname divenuto predicatore e incantatore di folle, venerato dai suoi discepoli come Figlio di Dio, traendo spunto della grande tradizione cristiana ma anche dal protovangelo di Giacomo come dal Vangelo dell’Infanzia Armeno e dai frammenti dello Pseudo-Matteo: il concept album contiene brani emblematici di una visione insieme laica e rispettosa della sensibilità religiosa, in cui dopo l’iniziale “Laudate Dominum”, si susseguono “L’infanzia di Maria”, “Il ritorno di Giuseppe”, “Il sogno di Maria” e “Ave Maria”, poi “Maria nella bottega d’un falegname”, l’amara “Via della Croce” e lo struggente canto delle “Tre Madri”, “Il testamento di Tito” e il conclusivo “Laudate Hominem”. Fabrizio De André mette in luce la natura insieme umana e divina del Cristo, in una felice alchimia tra musica e poesia, e affronta temi complessi e attuali in una drammaturgia sonora raffinatissima, conservando il mistero su una figura carismatica, fulcro del pensiero e della civiltà occidentale, il cui messaggio potente e troppo spesso inascoltato o travisato ancora oggi scuote le coscienze e mette a nudo contraddizioni e paradossi, ingiustizie e ipocrisia della società.



Il talento di un cantautore fuori dagli schemi, che ha scelto di navigare “in direzione ostinata e contraria”, per riscoprire la forza “eversiva” dell’annuncio evangelico, attraverso una antologia di canzoni capaci toccare la mente e il cuore: «Con Neri Marcorè abbiamo scandagliato per anni il teatro canzone di Gaber, e già ci confrontammo con i materiali di Faber in un altro spettacolo, “Quello che non ho”, che intrecciava i pensieri e le canzoni di De André con gli scritti di Pasolini» – sottolinea il regista Giorgio Gallione –. «Arrivare a “La Buona Novella” ci sembrava inevitabile. Qui ci appoggiamo inoltre ad un nuovo, efficacissimo arrangiamento di Paolo Silvestri, talentato, perenne compagno di avventure, e ad un ensemble di cantanti fortemente virato al femminile. Come a dire che “La Buona Novella” tratta certo della Passione di Cristo (per De André il più grande rivoluzionario di tutti i tempi), ma la racconta anche e sorprendentemente dalla parte di Maria, madre bambina inconsapevole e prescelta prima, straziata e piangente mater dolorosa poi. Quando Fabrizio la fa quasi imprecare sotto la croce “non fossi stato figlio di Dio, ti avrei ancora per figlio mio”, esplode tutta la tragicità del suo personaggio, amplificata e resa esplicita quando è cantata da una voce femminile e non solo evocata da un narratore. La teatralità, molto vicina ad una Sacra Rappresentazione arcaica e laica, l’abbiamo ricercata anche nell’impianto scenico, magicamente suggestivo, creato da Marcello Chiarenza. Una sorta di installazione mobile che rimanda simbolicamente a luoghi e sentimenti, reinterpretandoli poeticamente quasi in forma allegorica».


Prestito personale

Delibera veloce

 


La parola all’interprete: «Quando avevo più o meno 13 anni, una mia zia molto appassionata di De André mi regalò il vinile de “La Buona Novella”» – rivela Neri Marcorè –. «Confesso che dopo averlo ascoltato un paio di volte finì nelle retrovie perché a quel tempo non fui conquistato né dalla musica né dai testi che componevano quello che può essere considerato uno dei primi, se non addirittura il primo, concept album della discografia italiana. Forse non era l’approccio più indicato, soprattutto a quell’età, per iniziare a scalare metaforicamente quella montagna che Faber, come lo chiamava il suo amico Villaggio, rappresenta ancora oggi. Tempo dopo cominciai ad apprezzare le sue canzoni grazie al doppio live suonato con la Pfm (al primo ascolto di un pezzo mi colpisce sempre più l’arrangiamento musicale, tra armonia e melodia; solo in un secondo momento pongo attenzione al testo) e da lì mi venne naturale esplorare la sua produzione fino ad allora e continuare a seguirlo nei dischi successivi, appassionandomi al suo sguardo originale sul mondo, alla cura delle parole, a quella voce profonda al cui registro, col passare degli anni, ho finito curiosamente per aderire. Al punto che circa dieci anni fa ho cominciato a eseguire parte del suo repertorio in concerti dal vivo, con la difficoltà di dover limitare la scaletta a una ventina di pezzi».


E prosegue: «Con Giorgio Gallione, il regista al quale sono legato da una collaborazione ormai ventennale, dopo aver messo in scena Gaber e molti altri autori, decidemmo di intrecciare le canzoni, le riflessioni di De André con le invettive e il pensiero di Pasolini, nello spettacolo “Quello che non ho”. L’impatto fu folgorante, tant’è che il cerchio immaginario non poteva che essere chiuso con una rappresentazione su De André o, per meglio dire, attraverso De André. “La Buona Novella” infatti è un’opera polifonica che mediante metafora e allegoria parla dell’arroganza del potere, il quale mal digerisce gli uomini troppo liberi di pensiero, intralcio per l’esercizio del potere stesso, sia esso famigliare, religioso o politico. La spiritualità, intrinseca nel momento in cui si parla di Gesù e della Madonna, è però qui contemplata nella sua dimensione terrena, laddove “il più grande rivoluzionario della Storia” resta prima di tutto un uomo, con una fisicità che non lo rende diverso dai suoi simili. Eppure, nonostante i suoi limiti, ogni essere umano può compiere imprese straordinarie e dar vita a nuovi corsi ogni volta che non si pone al primo posto ma si mette al servizio di un bene superiore, collettivo».  





«Ora compito di un artista credo sia anche quello di commentare gli avvenimenti del suo tempo usando però gli strumenti dell’arte: l’allegoria, la metafora, il paragone. Io osservando la lotta studentesca e le sue istanze, quelle giuste e sensate, ho parlato di un’altra lotta sostenuta da un uomo 2000 anni prima che aveva obiettivi analoghi» – sosteneva Fabrizio De André (La Repubblica, 1999) –. «(…) il culmine etico della Buona novella sta nel Testamento di Tito. Il ladrone buono confuta, uno per uno, tutti e dieci i comandamenti mettendo in evidenza la contraddizione tra le leggi emanate dalle classi al potere per proprio comodo, e le difficoltà di attenervisi da parte di chi il potere lo deve solo subire, e osserva quelle leggi, quando le osserva, solo per scongiurare la minaccio della repressione. La buona novella, a parere mio fu allora un album, un discorso assolutamente moderno e per certi aspetti lo è ancora oggi».

 











Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link