Pensione, gli importi per i nati tra il 1965 e 1999. Opzione complementare e soluzione parziale: le risposte dall’Inps

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Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 


Il futuro delle pensioni in Italia appare particolarmente preoccupante, con una prospettiva di assegni sempre più bassi a causa dell’entrata a regime del sistema contributivo, che sostituirà il sistema retributivo. Questo cambiamento, che avverrà nei prossimi anni, rischia di ridurre in maniera significativa gli importi delle pensioni per le future generazioni.

Secondo le previsioni, per coloro che sono nati tra il 1965 e il 1980, la pensione media potrebbe arrivare a circa 750 euro al mese, con un’importante variabilità legata ai fattori individuali, come il reddito e gli anni di contributi versati. Questo importo si basa su un caso specifico di un lavoratore con un salario di 9 euro all’ora e 30 anni di contributi. E per i nati negli anni Novanta? Ecco tutti i dettagli 

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Lo studio dell’Inps

La stima fornita dall’Inps, che risale al 2022, rimane comunque attuale, dato che le regole per il calcolo delle pensioni non sono cambiate. La valutazione si basa su uno scenario preciso:

trent’anni di contributi versati salario di 9 euro all’ora pensione a 65 anni

Questi numeri non sorprendono, visto che attualmente in Italia, secondo i dati più recenti dell’Inps, ben 4,8 milioni di pensionati ricevono meno di 1.000 euro al mese e circa un terzo dei lavoratori ha un reddito inferiore a questa cifra, senza considerare che il 15% dei contratti di lavoro è a tempo determinato. 

I fattori che determinano l’importo della pensione

Il calcolo dell’assegno pensionistico si fonda sul sistema contributivo, che collega direttamente l’importo della pensione ai contributi versati durante la carriera lavorativa, rendendo difficile ottenere pensioni elevate, soprattutto per chi ha avuto carriere caratterizzate da stipendi bassi o contratti instabili. Inoltre, chi guadagna meno e ha versato contributi per meno anni si troverà con pensioni ancora più basse rispetto alla media, mentre coloro con salari più alti o con più anni di contributi avranno una pensione più consistente. Tuttavia, anche in questi casi, l’importo rischia comunque di essere nettamente inferiore rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare, rispetto agli stipendi pre-pensionamento. 

Le cause della riduzione delle pensioni: salari bassi e lavoro instabile

Secondo il XXI Rapporto annuale dell’Inps, questa situazione non è solo una conseguenza del sistema contributivo, ma anche dei bassi salari e della precarietà del mercato del lavoro in Italia. I salari in Italia sono tra i più bassi d’Europa, e la crescita dei salari reali è stata particolarmente lenta. Nel 2023, l’OCSE ha posizionato l’Italia tra gli ultimi posti per la crescita dei salari medi reali, con una decrescita del 7% rispetto ai livelli pre-pandemia (2019). Questo fenomeno ha avuto un impatto diretto sui futuri pensionati, poiché una retribuzione bassa implica una pensione più bassa. 

La necessità di flessibilità nel sistema pensionistico

Il presidente dell’Inps ha più volte sottolineato la necessità di una maggiore flessibilità nel sistema pensionistico, suggerendo che sarebbe utile una combinazione di misure che supportino le carriere instabili e i lavoratori più vulnerabili. Infatti, con la pensione calcolata interamente tramite il sistema contributivo, non esiste alcuna garanzia che l’assegno pensionistico raggiunga una cifra adeguata, e non è prevista alcuna integrazione al minimo per chi ha contributi insufficienti. La situazione appare quindi particolarmente drammatica per le generazioni future, soprattutto per i giovani, che si troveranno a fronteggiare una pensione ben lontana da quella che si aspettano. 

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I dati attuali sul livello delle pensioni in Italia

Attualmente, secondo i dati più recenti dell’Inps, circa 4,8 milioni di pensionati percepiscono meno di 1.000 euro al mese, una cifra che è lontana dalle necessità quotidiane di molte persone, considerando l’aumento del costo della vita. Inoltre, circa un terzo dei lavoratori guadagna meno di 1.000 euro al mese e il 15% dei contratti di lavoro sono a termine. Questo scenario di salari bassi e instabilità lavorativa contribuisce alla creazione di pensioni insufficienti, facendo sì che milioni di persone siano destinate a vivere con una pensione che difficilmente raggiungerà il livello necessario per un tenore di vita dignitoso. 

La pensione complementare come soluzione parziale

Le previsioni sull’importo delle pensioni future sono quindi un campanello d’allarme per la politica e per i lavoratori, che devono prepararsi a un futuro in cui l’importo della pensione potrebbe non essere sufficiente per mantenere lo stesso tenore di vita. In questo contesto, la pensione complementare potrebbe diventare un’opzione fondamentale per integrare l’assegno pensionistico e garantire una maggiore sicurezza economica. Ma senza un intervento strutturale e politiche che favoriscano una crescita sostenibile dei salari e una maggiore stabilità del lavoro, lo scenario per i giovani lavoratori rischia di diventare ancora più critico. 

I nati negli anni Novanta

Con il passaggio al sistema contributivo puro, che sostituirà il sistema misto, le pensioni future saranno inferiori rispetto a quelle dei pensionati odierni. Il tasso di sostituzione, che oggi consente di ottenere circa il 65-70% dell’ultima retribuzione, si ridurrà al 60-65% nei prossimi dieci anni.

Per un lavoratore continuativo con uno stipendio medio di 25.000 euro all’anno, la pensione mensile, a 67 anni, sarebbe circa 1.330 euro, con una riduzione del 30% rispetto allo stipendio. Inoltre, dal 2027, l’età pensionabile aumenterà, e potrebbe arrivare a 70 anni nel prossimo futuro, con pensione accessibile anche a 71 anni con 5 anni di versamenti.





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