Il conflitto russo-ucraino si sta rivelando un terribile viaggio verso l’ignoto

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La guerra russo-ucraina ha tragicamente tagliato il traguardo  dei tre anni in un atmosfera carica di incognite tali da rendere assai complesso il quadro internazionale e, più di tutto, il ruolo militare e storico dell’Unione Europea. Perché quest’ultima, incapace di gestire duramente e con vigore incontestabile la ferocia russa, sta dimostrando la colpevolezza dei suoi ritardi, la sua debolezza nel riuscire a difendere il proprio territorio. Nonostante Trump si erga a paladino di una pace di cui non si vede la genesi, i russi non indietreggiano di un passo nel seminare sangue, lacrime, dolore, sudore: venerdì scorso Raid russi sul Donetsk hanno provocato 11 morti e 18 feriti a Dobropillia. Anche Odessa è stata bombardata e non è stata risparmiata la città ucraina orientale di Dobropillia dove sono state attaccate infrastrutture critiche.

La determinazione ferrea dei russi nel continuare la guerra è talmente palese da rendere quasi obsolete le speranze di un cessate il fuoco da parte di Putin a seguito dell’intervento, personale e diplomatico, di Trump. Il presidente americano ha cercato di utilizzare determinate tecniche di comunicazione per ferire la dignità di Zelens’kyj durante il celebre incontro nello Studio Ovale: quel colloquio che si è ridotto quasi ad un’invettiva verso il leader di un paese invaso e martoriato, rivela importanti aspetti dialettici, da analizzare, per cogliere la strategia adottata dal presidente americano per ottenere il risultato voluto. Ma quest’ultimo non c’è stato perché l’Ucraina continua a resistere. E L’Europa sta facendo i conti con la propria emarginazione politico-militare, simboleggiata dall’apparente volontà americana e russa di escludere omnino il Vecchio Continente da qualsiasi partecipazione a quello che, da più parti, viene definito come il conseguimento di una “Pace giusta”. Ma un pace giusta non può escludere in toto il paese aggredito dalle trattative e, con esso, il continente di cui questo Stato è parte e, ora, simbolo di resistenza sino all’ultimo uomo.  Perché i russi continuano a mietere vittime e gli ucraini a resistere, preferendo trascinare con sé nella rovina ucraini e russi piuttosto che cedere le armi in una resa incondizionata che un popolo povero ma così fiero come quello ucraino non può categoricamente accettare.

Un dato è palese: l’UE sta pagando anni di errori e voltafaccia alle minacce esterne, prima tra tutte, quella russa. E non dovrebbe, ora, ancorarsi alla sola volontà politica del presidente americano per uscire da un massacro di una guerra che avrebbe potuto essere vinta se l’Unione Europea si fosse dotata, da almeno dieci anni, di qualche milione di soldati invece che “vivacchiare” dietro una politica di sicurezza e di difesa comune(PSDC), ritenuta ab origine come parte integrante della politica estera e di sicurezza comune dell’UE. I trattati dovrebbero servire a concretizzare de facto i loro obiettivi, rendendoli il naturale corollario delle volontà politiche che hanno voluto e firmato quei trattati stessi. Ma non è andata così. La PSDC dovrebbe costituire il principale quadro politico mediante il quale gli Stati membri possono sviluppare una cultura strategica europea della sicurezza e della difesa, affrontare insieme conflitti e crisi, proteggere l’Unione e i suoi cittadini da aggressioni esterne e rafforzare la pace e la sicurezza internazionali. A causa del contesto geopolitico internazionale carico di tensioni e culminato nella guerra di aggressione della Russia verso l’Ucraina(24 febbraio 2022), la PSDC avrebbe dovuto essere una delle politiche in più rapida evoluzione degli ultimi dieci anni. Ma non è stato così. La mancanza di una strategia comune e di dispiegamento rapido, la scarsità degli uomini, l’evidente discrasia tra la volontà di farcela da soli e la cruda realtà di dover chiedere sostegno militare all’alleato americano sono le falle più profonde  che hanno portato ai guasti attuali dell’UE in termini di politica di guerra e difesa, mai così necessaria e attuale per respingere i russi. La politica di sicurezza e di difesa comune è figlia di un trattato, il Trattato di Lisbona firmato il 13 Dicembre 2007 nella capitale del Portogallo. Sono trascorsi quasi 18 anni ma a quel trattato non è stata data quell’attuazione necessaria ad impedire  le future, e assai prevedibili, sfide militari internazionali che l’UE avrebbe dovuto aspettarsi sin dal  6 aprile 2014, giorno d’inizio della Guerra del Donbass tra le forze separatiste del Donbass, sostenute dalle armi della Russia, e le forze governative ucraine. Il 2014 è uno spartiacque per la storia europea di cui sarà testimone il 2022 con l’attacco russo al paese più povero d’Europa. L’Europa non può più permettersi di essere debole: la debolezza tra i forti significa sconfitta e sottomissione ed è quello che sta accadendo nell’est europeo.

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Renato Vegezio, alla fine del IV secolo d.C, scrisse un’opera, l’Arte della guerra romana (Epitoma rei militaris), probabilmente a seguito della gravissima sconfitta subita dai romani ad Adrianopoli nel 378. L’opera, presa a modello da Tommaso d’Aquino, riscritta da Machiavelli e conservata da Napoleone nella propria biblioteca, è una delle opere più significative dell’età tardo antica, capace di insegnare ancora oggi. “Chi aspira alla pace, si prepari alla guerra” (“Si vis pacem, para bellum”) è uno dei più celebri adagi della cultura militare occidentale. Ma l’opera di Vegezio non si limita ad essere un trattato militare: è stata concepita per ridare forza, disciplina e potenza all’esercito romano, allora in evidenti e gravi difficoltà. L’opera ha insegnato che non bisogna mai abbassare la guardia, mai spegnere gli occhi, mai rilassare troppo mente e corpo. Non è un caso se un altro dei suoi famosi precetti afferma parole ben precise, quanto mai attuali: “La via più sicura da percorrere è quella che i nemici non sospettano nemmeno che la percorrerai”.  Parole molto utili ancora per i nostri tempi considerando che l’opera di Vegezio fu concepita e scritta per ricostruire una macchina bellica in rovina, protagonista di recenti grandi sconfitte. Basta guardare la situazione europea attuale, e possiamo rivivere la profondità di quei precetti secondo il motto ciceroniano secondo cui la Storia è nuntia vetustatis ossia “messaggera dell’antichità”: la Storia insegna sempre.

Oggi siamo ad un bivio: l’Europa si sta svegliando solo ora che la partita con la Russia sembra quasi finita in senso negativo. Trump non è sciocco: parla di pace e sembra intenzionato a trattare la questione secondo i suoi metodi imprenditoriali, ma diretti ad un cessate il fuoco. La gloria della sua presidenza passa necessariamente attraverso il nodo gordiano del porre fine ad una guerra che scandalizza il mondo

All’Europa non servono più parole o trattati ma qualche milione di uomini capaci di combattere e difendere il grande suolo europeo.

 

Dott. Yari Lepre Marrani



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