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Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca nelle forme che già ci aspettavamo. Inizia un esperimento politico che potrebbe rimanere entro i vincoli liberali oppure andare verso una nuova epoca illiberale. Le sorti della democrazia Usa sono nelle mani del popolo americano. Ma molto dipenderà anche da come reagiranno le altre democrazie liberali. Tra i leader europei, solo Giorgia Meloni era presente all’insediamento della nuova amministrazione americana. Su di lei sono, dunque, riposte le aspettative di tanti che guardano con preoccupazione quanto avviene nel mondo.
I due obiettivi di Meloni leader Ue
L’Ue non è una piattaforma galleggiante da agganciare alla terra ferma. Più che fare da ponte tra America ed Europa, la premier deve proporsi come leader dell’Ue. Deve cioè assumere la responsabilità storica di portare a compimento quanto prima due grandi obiettivi: 1) la difesa comune; 2) l’agenda Draghi per la competitività. E dimostrare che l’Italia riesce a traghettare l’integrazione europea meglio della Francia e della Germania. Così rafforzerà la propria credibilità sia nei confronti dell’America di Trump che di altre potenze mondiali. La prima cosa che l’Italia dovrà fare è tentare di formare una coalizione di paesi che, uscendo dai Trattati, dia vita ad un attore politico e militare sovranazionale.
Sacrificare alleanze nazionaliste
Non si può continuare ad andare in ordine sparso con gli incrementi delle spese nazionali per inseguire percentuali irraggiungibili per ciascun paese. Un fondo comune — si è parlato di 500 miliardi — sarebbe un ottimo inizio e anche un buon esempio per nuove emissioni comuni di eurobond. Questo obiettivo si può raggiungere rapidamente. Meloni ha le qualità politiche e diplomatiche per coordinare tale processo. Certo, dovrà sacrificare le sue tradizionali alleanze nazionaliste. Ma in un mondo che sta cambiando velocemente, tutte le forze politiche sono costrette ad adattarsi. E se non hanno il coraggio di abbandonare al proprio destino i populismi che le condizionano al proprio interno, non hanno molta strada dinanzi a sé.
Uscire dai retaggi ideologici
Poi c’è una seconda sfida da raccogliere. Le democrazie oggi si trovano dinanzi ad un problema di cui nessuno ha soluzioni in tasca: come far interagire economia e politica nell’era delle piattaforme globali di informazione e comunicazione. Le democrazie si sono finora cimentate nel regolare le attività della ricchezza che cerca di influenzare la politica ma non sanno come regolare la coincidenza tra tecnologia (della ricchezza) e politica (rimasta ferma nel vecchio mondo). È una sfida che chiama in causa sia la vecchia destra che la vecchia sinistra e impone ad entrambe di uscire dai retaggi ideologici e di produrre nuovi paradigmi politici. Non c’è tempo da perdere. Chi ha più fi lo tesserà la tela. Ma è innegabile che le soluzioni bisognerà trovarle nella dimensione sovranazionale.
Il ruolo dell’Italia
L’Ue deve andare oltre la sua certamente giusta sensibilità regolatoria e impegnarsi a creare suoi soggetti tecnologici di dimensioni competitive, cioè campioni globali. E deve utilizzare pienamente il Digital Services Act (Dsa) varato nel 2023 che serve a evitare che le piattaforme usino i propri dati e algoritmi per far prevalere opinioni o per interferire nello scenario politico europeo. L’Italia può oggi intestarsi l’avvio di un percorso che porti alla costruzione di una vera potenza europea. Una potenza che si affianchi agli Stati Uniti nella sfida che accomuna le grandi democrazie, ma sia capace di un profilo autonomo. In tal modo si potranno tenere aperti i flussi di commercio internazionale, per dialogare con il Sud del mondo nella riforma del sistema multilaterale, per non arrendersi alla crisi climatica, per evitare di assistere impotenti al confronto tra Cina e Stati Uniti. I liberaldemocratici italiani, ovunque siano collocati, dovrebbero sostenere questo percorso del governo, qualora esso decidesse di intraprenderlo. Combattendo a muso duro le due “estreme ideologiche” come le chiama Arturo Parisi, i liberaldemocratici saranno in grado di aprire un varco nella nebbia in cui ci troviamo e provocare una ristrutturazione complessiva del sistema politico, adattandolo al nuovo contesto globale.
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