dalle bombe della guerra ai primati mondiali sulle piste di atletica

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PADOVA – Ancora prima della velocità in pista, colpisce la velocità di pensiero. Ancora prima della resistenza atletica, stupisce la voglia di non porsi limiti. Emma Mazzenga è incredibile per tutto quello che fa in gara, ma è altrettanto sbalorditiva quando si siede sulle gradinate per raccontare una vita che l’ha vista scappare dalle bombe della Seconda guerra mondiale, laurearsi al Bo quando le corone d’alloro non erano certo diffuse come oggi e poi insegnare nelle scuole per quarant’anni. 


«Sono nata il 1 agosto del 1933, sono del leone. E per quanto possano valere i segni zodiacali, credo che un po’ si veda…». Inizia così l’intervista alla novantunenne padovana che continua a collezionare record e titoli mondiali. Lo scorso anno in Svezia ha conquistato l’oro nella sua categoria “Master” correndo i 200 metri in pista in 52 secondi e 8 centesimi, staccando una coetanea americana. La incontriamo al Palaindoor di viale Nereo Rocco, l’impianto diventato una seconda casa dove allena questo fisico baciato da madre natura. Si trova accanto giovani atleti nati quando lei era già in pensione, ma qui contano i secondi sul cronometro e non certo gli anni sulla carta d’identità.

Nel 1933 c’erano ancora la monarchia e il regime fascista. I suoi primi ricordi?
«Ero una bambina quando Padova venne bombardata. Tra il 1943 e il 1945 venni sfollata e andai ad Este, dove i nonni avevano una casa di campagna. Anche lì venne bombardato un ponte. L’aereo “Pippo” (il caccia notturno delle forze alleate, ndr) sganciava bombe e ripartiva…».

Altri ricordi legati a quegli anni?
«Mio padre era un ufficiale, medico alla Divisione Piave. Non aderì alla Repubblica di Salò: venne caricato in un carro bestiame e internato due anni in Germania. Ogni tanto riusciva a mandarci delle lettere. Dopo la liberazione si fermò alcuni mesi ad assistere delle persone malate. Tornò una notte dell’agosto del ‘45, ricordo che fece l’ultimo tratto in un carretto trainato da un asino. A casa ho un suo diario, ogni tanto ne leggo qualche pagina…». 

Prima la Liberazione, poi il boom economico. Ha assistito alla storia del Novecento italiano…
«Della fine della guerra ricordo un gruppo di neozelandesi ad Este. Degli anni successivi ricordo la mia laurea in Scienze Biologiche a Padova: era il 1952. Volevo fare la ricercatrice, alla fine ho insegnato per tutta la vita. Prima a Este e poi a Padova. All’istituto d’arte Selvatico, alla media Palladio e al liceo Fermi. Sono in pensione dal 1994». 

Ha vissuto anche il terrorismo…
«Mi ero appena sposata e poi ho avuto un figlio e una figlia. Ero tutta casa e scuola, non avevo molto tempo per andare in giro. Ma qualche manifestazione del ’68 la ricordo bene».

Quando ha iniziato a correre?
«Da ragazza ho fatto pallavolo e pallacanestro, poi grazie ai Ludi del Bo ho iniziato a correre con il Cus Padova. Nel 1963 mi sono sposata e mi sono fermata, ma nel 1986 lo storico presidente del Cus Pettinella mi ha convinto a ripartire. Non mi sono più fermata».

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Arriviamo così alle imprese di oggi.
«Sono iscritta all’Atletica Insieme Verona e partecipo alla gare della categoria Master 90-94 anni. Mi alleno due volte al Palaindoor e una volta sull’argine al Bassanello o a Voltabarozzo. Ho fatto 100, 200, 400 e 600 metri. Facevo anche gli 800, ora non ce la faccio più».

È la novantenne più veloce del mondo: nella sua categoria nel 2024 ha registrato 9 primati. Gli ultimi record?
«Ci devo pensare bene, non voglio imbrogliare: aspetti che controllo su Facebook e su Whatsapp. L’anno scorso a Turun in Polonia ho fatto il record del mondo per la categoria W90 sui 400 metri indoor: 2’06″34. A San Biagio di Callalta invece ho stabilito il record sui 200 metri outdoor: 51’’47». 

Ha citato i social network. Lei, nata vent’anni prima della tv, li utilizza?
«Ogni tanto, per leggere le notizie. E a volte guardo dei video su Youtube».

Come passa le sue giornate?
«Sono vedova dal 1988. Ho un figlio, una figlia e un nipote di 20 anni. Mi piace passeggiare e leggere, soprattutto biografie storiche. Faccio anche parte di un gruppo di lettura alla Guizza. Sono libri impegnativi, ma è un modo per trovarsi. Vado anche a vedere qualche mostra. Insomma, mi tengo attiva».

Si sente un esempio?
«Non saprei, posso solo dire che mi fa piacere ricevere i messaggi di tanti miei ex alunni e c’è chi mi dice di aver ripreso a fare sport perché ispirato da me. Io però devo ringraziare la mia amica Rosa Marchi, che ha 60 anni e mi sostiene allenandosi con me. A 82 anni smisi di correre perché mi sentivo ridicola, ma lei mi ha spronato».

E le lunghe trasferte internazionali con chi le fa?
«A volte con qualche amico atleta, ma l’anno scorso ho dovuto tornare da sola dalla Svezia. L’aeroporto di Göteborg non finiva mai e il mio inglese è limitato, ma me la sono cavata». 

A 91 anni si può continuare a fissare traguardi?
«Vivo alla giornata. Ma intanto così mi diverto ancora».

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