Special Olympics, lo sport è la scintilla che può farci brillare

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Danzano in cerchio, concentrate e orgogliose di essere lì, sul palco dello Zappeion di Atene, costruito a fine Ottocento per ospitare le gare della prima Olimpiade moderna. Con i loro passi, i loro gesti, i loro sorrisi, una ventina di ragazze che impersonano le antiche sacerdotesse di Era evocano i riti che avrebbero potuto svolgersi alle Olimpiadi dell’antica Grecia. Poi, Iliana Symeonidi, la sacerdotessa suprema, si inginocchia davanti allo specchio parabolico, attendendo che i raggi del sole generino il fuoco sacro. E accende con quello la “Fiamma della Speranza”. Succede perché Iliana è un’atleta di ginnastica ritmica, e fa parte della squadra greca di Special Olympics (o S.O.), organizzazione internazionale, riconosciuta dal Cio, unica a organizzare Giochi mondiali per atleti con disabilità intellettiva.

E quella fiamma da oggi 8 marzo fino al 15 splenderà a Torino dove si svolgono i Giochi invernali 2025 di Special Olympics, coinvolgendo 1500 atleti di 102 paesi diversi – di cui un centinaio dall’Italia – in 8 prove, dallo sci alpino alla corsa con le ciaspole, negli impianti di Sestriere, Pragelato e Bardonecchia.

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Le donne dietro alle Special Olympics

Che tutto inizi l’8 marzo è una coincidenza fortunata: se una opportunità di fare sport e competere a livello mondiale si è creata anche per le persone con disabilità intellettiva si deve infatti a due donne. Eunice Kennedy Shriver, la sorella del presidente assassinato John Fitzgerald, che li ideò in Usa nel 1968, per dare anche ad altri la possibilità di realizzarsi nello sport che l’agio e la lungimiranza offrivano alla sorella Rosemary. E Mary Davis, l’attuale presidente internazionale degli S.O., a cui aderisce dal 1978 e che oggi ne è Ceo.

Iliana Symeonidi, campionessa di ginnastica artistica di Special Olympics, accende la torcia dei Giochi invernali 2025. Foto di Simone Castrovillari

Mary Davis, come sono entrate le S.O. nella sua vita?
Ci sono entrate presto e mi hanno permesso di percorrere tutta la traiettoria da volontaria a Ceo del movimento internazionale. Alla fine degli anni ’70, quando iniziavo a lavorare a Dublino nell’educazione speciale, dopo una formazione all’Università di Leeds in educazione fisica, compresi subito che mancavano le risorse per coinvolgere le persone con disabilità intellettiva nello sport, e che questa mancanza si saldava alla loro esclusione sociale. Eppure era facile constatare quanto queste persone avessero da offrire alle loro comu- nità se solo gliene veniva data l’occasione. Fu allora che Eunice Kennedy Shriver venne in Irlanda a presentare le S. O., che, tramite la Kennedy Foundation ( Joseph P. Kennedy Jr. Foundation) finanziavano ricerche e avevano fondi da spendere. Nel 1978 vennero istituite le S.O. Irlanda e io ne divenni volontaria, il primo passo di un percorso con cui dieci anni dopo divenni direttrice nazionale – nel frattempo le S.O. sbarcarono per la prima volta in Europa, nel 1985. Fu a Dublino dove nel 2003 abbiamo organizzato i Giochi Mondiali, con la partecipazione di 165 paesi, e per la prima volta fuori dagli Usa.

Ha mai incontrato Eunice Kennedy Shriver?
Sì,è venuta molte volte in Irlanda e ha partecipato a tutti i Giochi Mondiali delle S. O. Eunice ha trasformato il modo in cui la gente percepisce le persone con disabilità intellettive e lo ha fatto attraverso il potere dello sport e del gioco. Ha dedicato la vita a realizzare questo obiettivo e ne siamo immensamente orgogliosi. Era profondamente insoddisfatta della condizione di marginalità di queste persone e metteva sempre i loro diritti e desideri al primo posto.

Cosa significa oggi “disabilità intellettiva” e perché è importante avere un programma specificamente dedicato a essa?
La disabilità intellettiva (ID) è un termine che si applica alle persone con limitazioni nel funzionamento cognitivo e nelle abilità come il linguaggio, le competenze sociali e di cura di sé. Queste limitazioni possono portare a uno sviluppo e a un apprendimento più lento o diverso rispetto a quello considerato tipico. Oggi, le S. O. contano circa 3,6 milioni di atleti registrati con disabilità intellettiva coinvolti nei nostri programmi. Ma ci sono fino a 200 milioni di persone nel mondo con la stessa disabilità, c’è ancora molto lavoro da fare.

Mary Davis è Ceo di Special Olympics da 9 anni.

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Come lavorano le Special Olympics?
Garantiscono allenamento sportivo e competizioni atletiche durante tutto l’anno in una varietà di sport olimpici a bambini e adulti. Questo dà ai nostri atleti continue opportunità di sviluppare la forma fisica, dimostrare coraggio, sviluppare le proprie capacità,sentirsi apprezzati,stringere legami di amicizia.Lo facciamo con circa 370mila allenatori in tutto il mondo, e cerchiamo sempre nuovi partenariati con organizzazioni sportive internazionali per dimostrare la capacità dello sport di superare le barriere e servire come veicolo di inclusione.È anche un modo efficace di portare alle comunità esperienze di coinvolgimento sociale e rispetto per tutte le persone. Molto del lavoro che facciamo è formare operatori sanitari su come fornire assistenza di qualità a queste persone. Lo facciamo in oltre duecento Paesi, e oltre il 60-70 per cento dei nostri atleti proviene da Paesi in via di sviluppo dove ancora avere un bambino con disabilità intellettiva può essere visto come uno stigma, per mancanza di comprensione o per ignoranza.

Come vengono coinvolti gli atleti?
Si può entrare in una associazione affiliata a S.O. dagli 8 anni in poi, senza limiti. E praticare, nel mondo, un ventaglio di 30 sport, con allenatori certificati volontari. Solo nel 2023 abbiamo avuto 54mila eventi e competizioni.(Per sapere di più sul movimento italiano specialolympics.it).

Vuole raccontarci la storia di un’atleta che ritiene incarni lo spirito di Special Olympics?
Ho avuto il privilegio di lavorare con centinaia di migliaia di atleti durante la mia carriera, ma quella che ricordo meglio è una ragazza che ho allenato quando ero una volontaria. Si chiamava Rita Lawler, eccelleva nella ginnastica e si qualificò per partecipare ai Giochi Mondiali Estivi nel 1989 a South Bend, Indiana. Vinse la medaglia all-around (per chi eccelle in più specialità, ndr) a South Bend. Eccelse anche fuori dall’arena della ginnastica, e riuscì a passare dal vivere in un alloggio protetto a essere indipendente in un appartamento proprio.Lasciò anche un lavoro protetto per quello in un hotel e raccontò la sua esperienza nel libro Moving On. Come Eunice, è stata una grande fonte di ispirazione per molti e ha dato un enorme contributo ai diritti e al valore delle persone con disabilità intellettiva.

iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA





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