Dopo l’ultimo familyandtrends su la “modalità fondatore” un bravo imprenditore ha posto una domanda scomoda; anche se in bel modo. L’imprenditore, che guida una bella impresa familiare con un azionariato unito e dotato di buoni esponenti della nuova generazione, si chiede: “se la modalità fondatore ha dei vantaggi per le sviluppo imprenditoriale delle imprese familiari e se questa modalità prevede di essere imprenditori complementari con i manager, per quale motivo il nostro patto di famiglia impone ai giovani di diventare dei bravi manager professionisti per poter entrare in azienda?”
È comune trovare negli accordi tra familiari regole che chiedono ai giovani che vogliono entrare in azienda di laurearsi brillantemente e/o in tempo in prestigiose scuole di management, i.e. business school, di sapere lingue, di avere esperienze aziendali, di avere nel curriculum buoni inizi di carriere manageriali: insomma, di prepararsi ad essere dei bravi professionisti del management. La logica di questi “regolamenti” sembra essere: fuori i “perdi tempo” dall’azienda di famiglia e viva il merito; e questo non può che essere condivisibile, ma lo è anche la domanda dell’imprenditore: questo crea imprenditori nelle prossime generazioni?
familyandtrends sostiene, da sempre, che imprenditori non si nasce, si diventa e che creare almeno un imprenditore in ogni generazione è un imperativo morale per le famiglia che possiedono un’impresa, di conseguenza è giusto, come ha dimostrato la teoria, che alle nuove generazioni sia data, anche, una educazione imprenditoriale.
Vediamo alcuni suggerimenti su come si potrebbe fare, prendendo spunto da quanto scritto ad Harvard ed all’MIT sulla modalità fondatore e sulle caratteristiche dell’imprenditore.
Primo (dall’MIT): avere una competenza intuitiva ed approfondita del settore e dei concorrenti. Questo può essere insegnato ai giovani facendo loro studiare analisi della competizione, facendo provare i prodotti della concorrenza, coinvolgendoli sin da piccoli nello sviluppo prodotto, partecipando in modo continuativo alle fiere di settore e poi, nel mondo del lavoro, facendoli lavorare in aziende che vendono prodotti dei concorrenti, ove possibile, facendoli lavorare in imprese del settore. Inoltre, non si dovrebbe mai perdere occasioni di conoscere direttamente i propri concorrenti, sfruttando magari un viaggio di lavoro o una fiera: per quanto dura possa essere la concorrenza tra aziende, a parte rari casi, le famiglie proprietarie si stimano e sono reciprocamente interessate a far incontrare le future generazioni.
Secondo (da Harvard): saper pensare in modo creativo ed essere flessibile. L’imprenditore è colui che persegue un’opportunità al di là delle risorse che possiede in modo da poter realizzare, sbagliando e riprovando con flessibilità, ciò che in modo creativo ha intravisto; le carriere manageriali insegnano a fare esattamente il contrario: massimizzare il risultato con le risorse che si possiedono ed evitare ogni decisione che possa produrre anche un piccolo insuccesso. I giovani possono imparare l’approccio imprenditoriale lavorando in aziende imprenditoriali o in start up, provando, magari durante gli studi, a lanciare con qualche amico la loro start up, accettando il fallimento come un modo per imparare e non come un ostacolo a perseguire quei successi della carriera manageriale necessari per entrare nell’azienda di famiglia. I giovani devono imparare a prendere decisioni, mentre in molte società di consulenza si impara a dare consigli, e ad agire prendendo rischi, mentre nelle multinazionali si impara a prendere la decisione più scontata per evitare fallimenti imbarazzanti.
Terzo (da Harvard): essere ossessionati dal cliente. È difficile essere ossessionati dal cliente in qualche bell’ufficio ai piani alti; i clienti sono nei negozi, per strada, negli uffici acquisti o nelle fabbriche delle imprese clienti. La formazione dei giovani delle famiglie imprenditoriali deve, sia durante gli studi che nelle esperienze di lavoro, prevedere una frequentazione continuativa dei clienti: possono essere stage estivi, esperienze di lavoro da imprese clienti, etc.
Quarto (da MIT ed Harvard): impersonare la cultura aziendale attraverso la storia ed una passione carismatica. Alle nuove generazioni vanno raccontate le storie dei familiari e dell’impresa, vanno fatti rivivere i momenti belli e, soprattutto, quelli brutti in questo modo loro potranno, a loro volta, impersonificare i valori ed i principi della famiglia imprenditoriale. Si può imparare la storia anche mentre si lavora altrove, è invece difficile che si possa assorbire la passione carismatica della generazione attuale per sentito dire, per assimilarla è necessario venirne a contatto e sentirla sulla pelle. Ecco perché almeno una parte significativa del percorso di educazione e crescita delle nuove generazioni deve essere a fianco delle attuali.
La ricerca del merito è certamente utile per le famiglie imprenditoriali ma non va dimenticato che la condizione necessaria per il successo futuro dell’impresa è la capacità imprenditoriale. Alcuni percorsi e regole di ingresso rischiano di restituirci una generazione di ottimi manager e sofisticati tecnocrati ma pessimi imprenditori e mediocri leader.
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