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Una squadra allo sbando, un presidente inaffidabile, i soliti avventurieri che girano intorno alla carcassa del club, mentre i titolari senza stipendio scappano e ragazzini della primavera vengono mandati in campo allo sbaraglio per settimane. E alla fine il fallimento, e l’esclusione: il Taranto calcio è sparito, con la complicità delle istituzioni. Con il mancato rispetto della seconda scadenza consecutiva per i pagamenti, la squadra pugliese è stata esclusa dal campionato di Serie C e cancellata dalla classifica, che adesso sarà riscritta (senza anche la Turris, la competizione è completamente falsata). L’epilogo era scontato, dopo il rinvio a data da destinarsi dell’ultima gara contro il Crotone, ma in fondo annunciato da molto prima, già dall’estate scorsa, quando ancora in ritiro il club era rimasto senza soldi. Si è già detto delle responsabilità della FederCalcio di Gabriele Gravina, che oggi parla di nuovo di quella riforma dei campionati che proprio lui non è stato in grado di realizzare, e in generale di un sistema di controllo evidentemente insufficiente, se per le norme federali il Taranto era in regola e poteva partecipare al campionato che non era in grado di sostenere, e infatti non ha concluso. Vale lo stesso per l’inadeguatezza della Lega Pro e del presidente Matteo Marani, che ha nascosto la testa sotto la sabbia, permettendo lo scempio che si è ripetuto per settimane sui campi del suo campionato. C’è anche un’altra colpa che merita di essere raccontata: quella del governo e dei Giochi del Mediterraneo, il grande evento che doveva risollevare le sorti della città di Taranto, e per ora ha soltanto contribuito ad affossare la sua squadra di calcio.
È indubbio che in questa triste vicenda abbia giocato un ruolo la ristrutturazione dello stadio Iacovone dove giocavano gli ionici, sfrattati in vista della rassegna del 2026. È un argomento usato ed abusato dall’ex patron Massimo Giove, che rimane il principale colpevole, non foss’altro perché è sua la società che è fallita. È un fatto però che il club sia stato privata della sua casa a causa dei Giochi del Mediterraneo. Perché in Italia prima ci aggiudichiamo gli eventi, poi ci ricordiamo delle conseguenze: dal 2019, quando fu dato l’annuncio dell’assegnazione, e poi per anni di inerzia totale, nessuno – né il Comitato organizzatore, il Comune o la Regione, figuriamoci il governo – ha pensato a dove sarebbe andato a giocare il Taranto durante i lavori allo Iacovone, che è di proprietà comunale (quindi il club non poteva accampare diritti né avere voce in capitolo). La stessa società ci ha marciato sopra, perché probabilmente il presidente Giove sperava di lucrarci, magari ottenendo un risarcimento dal Comitato organizzatore o dal Comune (al Fatto risulta che siano state avanzate più d’una richiesta in tal senso), con cui “campare” il club per un paio d’anni a costo zero.
Si pensi che il masterplan originario prevedeva la ricostruzione da zero di un nuovo impianto, con annessa demolizione di quello attuale, lavori che sarebbero durati almeno 4 anni, e nessuna alternativa individuata. Poi il commissario Ferrarese ha cassato questa follia, per cui non c’erano né i soldi né i tempi tecnici, puntando su un progetto più contenuto di restyling. Solo allora ci si è posti davvero il problema di trovare un’alternativa (Massafra, Castel di Sangro, Francavilla), nessuna all’altezza. Con l’aiuto di Sport e Salute, la partecipata che si è occupata dei cantieri, si è cercato di procedere per stralci e far giocare la squadra il più possibile durante i lavori, ma a un certo punto anche per ragioni di sicurezza è diventato inevitabile il trasloco. Con tutte le conseguenze del caso.
Questo misto di incoscienza, pressapochismo e malafede ha contribuito al fallimento. Perché se è vero che il Taranto ha potuto giocare allo Iacovone fino a dicembre, quindi praticamente al termine della sua agonia, la prospettiva di un’intera stagione lontano da casa (la 2025-2026) ha pesato sul destino del club. In Serie C, il botteghino è una delle poche fonti di ricavo certe per società che spesso vivono alla giornata, in un equilibrio sottile e facile da spezzare: senza, tante squadre, non solo il Taranto, sarebbero entrate in fibrillazione. I Giochi del Mediterraneo e la ristrutturazione dello Iacovone sono stati da un lato la mazzata finale per le sorti del club, dall’altro l’alibi perfetto per Giove per mollare. Anche così muore il calcio a Taranto, che adesso dovrà ripartire dall’Eccellenza. Un omicidio sportivo, in parte di Stato.
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