Fabio Maraccani, Padel Style: «Chi sposa la qualità, sposa il successo»

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PADEL BUSINESS

La qualità del prodotto e dei servizi sono elementi determinanti per raggiungere traguardi ambiziosi, come quelli inseguiti da Padel Style, una società che è partita da un brand di abbigliamento (Padel Mi Amor) e ora è diventata un contenitore dove sono presenti marchi prestigiosi come Royal Padel e Pantofola d’Oro. Abbiamo intervistato il direttore generale, Fabio Maraccani, per farci raccontare il presente e soprattutto il futuro della società


Se devi fare una cosa, devi farla con stile. Lo sosteneva Freddy Mercury, la pensano allo stesso modo negli uffici di Padel Style (che infatti sono infilati tra i Navigli milanesi, in una location premium), società co-fondata da Paolo Fina e la sua compagna, Alessandra. Al principio era un brand di abbigliamento, Padel Mi Amor, adesso è diventato un contenitore che ha abbracciato la distribuzione di due marchi affermati come Royal Padel e Pantofola d’Oro, quest’ultima appena sbarcata nel mondo del padel. Ai fondatori, si è aggiunto Fabio Maraccani nel ruolo di direttore generale, con una trentennale esperienza nel settore degli articoli sportivi, nata organizzando l’addio al calcio di Zico e proseguita in aziende di riferimento come Oakley, Umbro, Superga, K-Way, AnziBesson e infine Brekka, negli ultimi vent’anni. Poi l’incontro con due vecchi amici come Paolo e Alessandra, un aperitivo per scambiarsi qualche opinione sul settore padel e infine la decisione di entrare nel gruppo Padel Style. Con una visione chiara del futuro e ambizioni adeguate.

Cosa vuole essere Padel Style?
Si è partiti con un brand di proprietà come Padel Mi Amor e ora abbiamo ottenuto la distribuzione nazionale di un marchio storico di racchette come Royal Padel, presente sul mercato dal 1991 e con produzione artigianale, e quella internazionale di Pantofola d’Oro per quanto riguarda il settore padel, in un progetto appena avviato e che ha grandi obiettivi, anche perché parliamo di un brand nato nel 1886 e che ha scritto pagine importanti nella storia dello sport. Una proposta completa che ha rafforzato la nostra attività commerciale.

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Qual è la tua visione attuale del mercato padel?
In precedenza ho vissuto l’esperienza con Siux, seppur con una distribuzione limitata al Centro e Nord Italia: era il periodo del boom, dove tutto sembrava facile. Poi la festa dell’uva è terminata e il padel è rimasto una buona opportunità se trattato con la giusta attenzione. Dopo la bulimia merceologica, tanti marchi hanno vissuto un periodo di overstock e quindi è stato particolarmente complesso inserirsi in questa fase di mercato con un progetto nuovo. Ora stiamo vivendo una momento di assestamento ma si vede la luce in fondo al tunnel. Anche perché tanti hanno fatto scelte poco lungimiranti, pensando solo al breve periodo: noi abbiamo optato per un’altra strada.


«Chi sposa la qualità, sposa il successo e noi siamo convinti di avere prodotti di grande qualità»

Quale?
L’unica percorribile per avere successo, inseguire la massima qualità del prodotto. E la lungimiranza consiste anche in una struttura che mette a disposizione un fattore essenziale: il tempo. Non si possono forzare certe decisioni e talvolta freniamo gli entusiasmi di certi clienti per offrire un servizio adeguato. Piccoli passi ma fatti bene, nella consapevolezza che abbiamo tre marchi che non possono deludere le aspettative. I tessuti di Padel Mi Amor sono eccezionali, Royal Padel è un brand fantastico e Pantofola d’Oro ha una storia incredibile. Per dire, prima di cominciare questo progetto nelle calzature padel, hanno dovuto presentare una relazione di fattibilità sulla quale hanno ottenuto il finanziamento. Una relazione meravigliosa che ha mostrato tutti gli step che hanno accompagnato la produzione della suola, dell’intersuola, della tomaia, con approfonditi test da parte di diversi giocatori. Hanno prodotto tanti prototipi fino a raggiungere la perfezione. Anche la suola Vibram è stata studiata appositamente per Pantofola d’Oro. Chi sposa la qualità, sposa il successo e noi siamo convinti di avere prodotti di grande qualità.

Qual è il tuo giudizio per i tre comparti principali, racchette, scarpe e abbigliamento
L’abbigliamento è una sfida che era difficile da far capire al consumatore due o tre anni fa. Un po’ come il golfista degli anni 80, è normale partire dall’attrezzo, passare alle scarpe e finire col curarsi anche dell’abbigliamento. Siamo riconosciuti come brand d’élite, ideale per un padelista che vuole identificarsi come tale.

«Il nostro target è il padelista che vuole sentirsi tale sul campo. In questo senso, la donna è un passo avanti perché simbolo di eleganza»

Siete riusciti a individuare il profilo del vero appassionato di padel?
Colui che vuole mostrare la sua personalità anche sul campo. E vuole sentirsi bene, sentirsi padelista. In questo senso la donna è un passo avanti perché simbolo di eleganza, sempre alla ricerca di uno stile e coordinati ben precisi. L’uomo insegue, anche perché spesso si ritrova sullo stesso campo o nello stesso torneo: la donna lo trascina in questa ricerca dell’eleganza, che rimane il nostro miglior biglietto da visita.

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Dunque il mercato femminile è determinante
Commercialmente può essere un mezzo gradino sotto quello maschile ma noi abbiamo posto un’attenzione maniacale alla linea femminile, siamo più sbilanciati verso quel movimento, perché lo consideriamo trainante.

Quanto invece è importante avere testimonial di alto profilo?
È una domanda che mi sono sempre posto nella mia carriera, avendo sponsorizzato calciatori, tennisti, nuotatori con vari marchi come Superga, Oakley, K-Way: ti accorgi della loro importanza quando non li hai. E lo nota anche il consumatore. Averli è essenziale perché se dal punto di vista commerciale pochi fanno la differenza, comunque ti offrono credibilità. Siamo stati i primi a sponsorizzare un top 20 mondiale come Victor Ruiz e adesso ci riconoscono anche nel circuito pro. In una fase embrionale, avere dei testimonial è fondamentale e dopo viene naturale continuare su quella strada.

«Svilupparci in casa nostra è più semplice ma non dobbiamo fermarci ai confini italiani: dobbiamo svilupparci dove il padel cresce, come la Francia»

Quanto importante creare un total look con brand diversi?
È un messaggio ancora più significativo. Con Royal Padel dobbiamo interfacciarci con la casa madre per prendere decisioni, ma non possiamo nascondere la volontà di vedere un Teo Zapata in total look con i nostri brand.

A livello distributivo qual è il vostro focus?
Il marchio Padel Mi Amor nasce con l’e-commerce che ora si è trasformato in una show room digitale della nostra collezione, mentre i punti vendita sono il nostro autentico patrimonio. E se hanno la possibilità di interagire con club e maestri, meglio ancora, perché si crea una catena distributiva corretta. Se invece un club non ha un negozio di appoggio, allora interveniamo direttamente.

Invece come approcciate il mondo degli store online in uno sport che è digital native?
Sarebbe sbagliato chiudersi su un mondo così futuribile. Però il padel è una disciplina giovane e l’appassionato ha bisogno di essere guidato nelle scelte, per questo privilegiamo il negozio fisico.

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Quali sono gli obiettivi nel medio periodo?
Essere presenti nei mercati più importanti. In Francia stiamo entrando con una rete vendita dedicata grazie a un partner che conosco da tempo e ha capito le potenzialità della nostra offerta: “Se ti avessi detto di no, fra due anni mi sarei mangiato le mani” mi ha detto. La Francia è l’Italia pre-Covid e ci aspettiamo molto. In Spagna abbiamo già delle entrature, stiamo sondando il mercato svedese che è già consolidato, poi quello britannico e infine aspettiamo che si normalizzai la situazione in Russia dove giocano tantissimo, in club splendidi e come Padel Style siamo già pronti.


«Ti accorgi dell’importanza dei testimonial quando non li hai. E lo nota anche il consumatore. Averli è essenziale»

Quanto è determinante l’espansione all’estero?
Molto. Come brand italiano partiamo avvantaggiati perché il know-how nel settore tessile e della creatività è particolarmente apprezzato. Svilupparci in casa nostra è più semplice ma non dobbiamo fermarci ai confini italiani e farlo dove il padel cresce.

Quanto vale ancora il made in italy?
All’estero tanto, in Italia relativamente, una situazione che ho sempre riscontrato in tutti i brand dove ho lavorato. In Asia hanno fatto investimenti notevoli nel settore industriale e sono diventati super competitivi nel rapporto qualità-prezzo, ma quando si parla di design e creatività, l’Italia è sempre un passo avanti.

Tanti addetti ai lavori sono convinti che vi sarà una scrematura dei brand di racchetta presenti sul mercato: sei d’accordo?
Prima di Padel Style, lavoravo in Brekka e nel periodo di esplosione del padel in Italia avevamo pensato di creare un brand di racchette, prima di prendere la distribuzione di Sidespin e poi Siux. In certi momenti, tutti si sentono bravi e provano una nuova avventura ma ora tanti sono in difficoltà perché il mercato ha subito una contrazione. I brand di tennis hanno le spalle larghe, altri hanno basi solide e una struttura che consente di continuare a investire per poi raccogliere i frutti. Altri invece spariranno perché l’azienda fai-da-te non funziona più. Bisogna specializzarsi e lo stesso avverrà tra i punti vendita.

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Dunque specializzato batte generalista?
Il consumatore padel non è più quello one shot, sta diventando selettivo e pretende competenza. Succede sempre così. Faccio un esempio personale: nel running ho sempre utilizzato scarpe Mizuno e quando ho deciso di provare un’alternativa sono andato in un negozio specializzato. In 45 minuti mi hanno fatto testare quattro scarpe, hanno studiato la mia corsa, si sono informati sulle mie abitudini ed esigenze e alla fine è emerso che la scarpa che si adattava meglio era… Mizuno! Potevo averle gratuitamente, ma le comprai immediatamente per premiare la loro professionalità. Il servizio va apprezzato.

«L’aspetto migliore nel mondo del padel? Senza dubbio l’entusiasmo degli appassionati. Il peggiore? La poca lungimiranza di tante aziende che non hanno capito che il periodo del boom era destinato a terminare e di questo il mercato ne ha pagate le conseguenze»

Altro aspetto importante è il rapporto con club e maestri: come vi confrontate con queste realtà?
Chi meglio del tuo istruttore al quale stai dando fiducia per migliorare la tua prestazione può diventare un partner affidabile? Abbiamo un progetto dedicato per supportarli e trasformarli in local ambassador. Soprattutto in ottica di nuovi praticanti, tra i quali fortunatamente ci sono tanti ragazzini.

L’aspetto migliore e peggiore che hai riscontrato nel mondo del padel?
Il migliore è senza dubbio l’entusiasmo degli appassionati: l’ho verificato l’anno scorso a Padel Trend, lo ritrovo nei tornei, nei club, in tutti gli eventi. Il peggiore è probabilmente la poca lungimiranza di tante aziende che non hanno capito che il periodo del boom era destinato a terminare e di questo il mercato ne ha pagate le conseguenze.


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