Le istituzioni europee hanno ridicolizzato le proposte dei pacifisti, censurato e represso le voci contrarie, manipolato e negato la volontà della gente, hanno ascoltato solo gli interessi delle lobbbies e le paranoie dei ceti emersi vincenti dal frettoloso scioglimento dell’Unione Sovietica, hanno scelto la guerra e l’hanno persa.
L’Europa esce a pezzi dalla guerra Ucraina, condannata a pagare i danni di guerra, con il peso morale di aver sacrificato un intero popolo.
Isolata dal principale partner energetico e totalmente dipendente dalle scelte del governo di Washington.
Chi perde una guerra si deve dimettere.
Con onestà e serietà i membri della Commissione e i loro consiglieri dovrebbero rassegnare le dimissioni e prendere atto del fallimento completo delle loro strategie.
Stesso gesto dovrebbero fare i parlamentari europei che hanno votato le folli risoluzioni di guerra alla Russia fino alla vittoria.
Invece questi personaggi insistono e decidono di continuare la guerra “più di prima”, sventolano il delirio di orgoglio europeo che avrebbero dovuto spendere meglio nel resistere alle pressioni americane e avviare un processo collaborativo di gestione delle crisi innescate dal massacro sociale operato dal repentino passaggio al sistema capitalistico.
Il disegno strategico di indebolire l’Europa, perseguito con tenacia e coerenza da tutte le amministrazioni che si sono succedute alla guida degli USA, si è compiuto con la complicità delle stesse istituzioni europee. Sono recisi gli accessi alle fonti energetiche e alle via commerciali alternative alla talassocrazia americana. Un solco politico e morale separa l’Europa dalla Russia, dalla Cina e dai partners mediorientali, il resto del mondo vede sempre più l’Europa come l’erede e il benfeciario delle politiche predatorie e del colonialismo.
Alla sconfitta le istituzioni europee rispondono, invece, con la soluzione più di prima, più armi, più risorse alle lobby, più ostilità nei confronti della Russia, ulteriore passo contro l’idea d’Europa centro del benessere diffuso ed esportatore della pace.
Investire nel riarmo contro la Russia da parte europea è un drammatico errore strategico che solo politici ignoranti, manipolati o corrotti possono interaprendere.
Significa obbligare la Russia a fare altrettanto cioè sfidarla sul terreno che le è più congeniale.
Proprio il proseguimento della guerra in Ucraina ha fatto fare un salto di qualità al sistema militare-industriale russo di straordinaria portata.
Occorre fermare questo ciclo vizioso rendendo l’intero continente europeo privo di armi strategiche. Privo di missili, privo di atomica. Si tratta di riprendere i negoziati, rinnovare ed estendere i trattati che gli Stati Uniti, diventati potenza egemone, hanno fatto saltare nel silenzio europeo.
Alle prospettive di riarmo europeo dobbiamo rispondere non con la semplice protesta ma con una chiara linea che chieda la dissoluzione di queste istituzioni e la loro ricostruzione su una nuova base.
Se Stati Uniti e Russia si trovano d’accordo per cessare il fuoco in Ucraina dobbiamo sfruttare l’occasione per imporre una nuova politica di sicurezza e di difesa basata sul disarmo e non sul riarmo. Il disimpegno statunitense va visto come opportunità e non come problema da risolvere con la semplice sostituzione di risorse per la difesa.
In questo nuovo scenario l’Europa può trattare direttamente con la Russia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti per ottenere la distruzione o il ritiro degli armamenti strategici dall’Atlantico agli Urali ed impostare nuove politiche di cooperazione nei settori di protezione dalla vere minacce globali che incombono, i cambiamenti climatici, le pandemie, le disuglianze estreme, il terrorismo e le guerre predatorie per le risorse, lo strapotere dei grandi operatori tecnologici e finanziari.
Un’Europa pacificata e per la prima volta padrona di sé potrebbe tornare a rivestire un ruolo internazionale di promotore e finanziatore di soluzioni vinci-vinci ai conflitti a partire dal medio-oriente nel quale la sicurezza di una comunità non comporti la distruzione di tutte le altre.
In ogni caso l’Europa dovrebbe dotarsi di nuove istituzioni basate su una nuova costituzione che sancisca una volta per tutte l’impossibilità per l’Europa di rispondere con la forza alle crisi internazionali e imporre ai paesi membri la tutela senza eccezione dei diritti civili per tutte le minoranze a cominciare da quelle nei baltici.
Una Europa che fissi la priorità nel benessere distribuito e non nelle regole finanziarie che tutelano le lobby e i privilegi.
Chiediamo quindi con forza le dimissioni dell’attuale Commissione e l’indizione di nuove elezioni per il Parlamento Europeo per permettere, con un quesito chiaro e non manipolato a tutti i cittadini europei, di scegliere tra un’Europa sociale di pace e un’Europa della finanza e della guerra.
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