«La supplenza di Bce in Europa per sostenere l’economia in mancanza di investimenti»

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L’irruzione di Trump nel mondo non è lineare, crea inquietudine. La Fed è un azzardo sui tassi, dovrà fare marcia indietro. Musk è un’opportunità. Il risiko bancario si nutre degli utili a gogo. Davide Serra è uno dei maggiori investitori finanziari internazionali dopo essere stato un attivista 15 anni fa dando filo da torcere ad alcune grandi società.

Ha fondato Algebris che gestisce 28 miliardi, dalla scalata ad Abn Amro cui ha partecipato nel 2007, a oggi ha vissuto gran parte delle principali operazioni, come l’aumento di capitale Mps dell’ottobre 2022. Genovese, 54 anni, laurea alla Bocconi, ex pallavolista, ha esperienza ed expertise per dire la sua a MoltoEconomia, dalla nuova America ai record della Borsa di Milano.

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L’elezione di Trump, i dazi, la guerra in Ucraina, la strana pace a Gaza, i tassi, l’inflazione, qual è il futuro?

«La seconda elezione di Trump è un cambiamento importante. La nuova amministrazione Usa propone una rottura di equilibri politico-economico globali esistenti da decenni. Il problema è che lo fa in modo imprevedibile e poco lineare. Questo rende il mondo molto più incerto di qualche mese fa. A livello geopolitico, l’accordo implicito Nato è finito con le trattative bilaterali tra Usa e Russia sull’Ucraina. L’Europa si trova quindi di fronte a un bivio: o si crea un polo unito per investire e rimanere rilevanti sullo scacchiere geopolitico, o il peso del nostro Continente scenderà. Lo stesso vale per la partita commerciale: come detto in maniera chiara da Draghi, o l’Europa affronta le distorsioni interne, o rimarrà vulnerabile alle minacce di tariffe da fuori. Per l’economia Usa, la ricetta di Trump vuol dire inflazione nel breve periodo. Nel lungo periodo, crea incertezza per le aziende americane e si traduce in rallentamento economico».

Sul piano economico i mercati risentono delle variabili geopolitiche, in un contesto di tassi instabili: la Fed frena, Bce va avanti, chi prevarrà?

«La scommessa della Fed sui tagli è stata un azzardo, e secondo noi dovrà fare marcia indietro. L’inflazione non riesce a scendere sotto il 3%, e la forte spesa fiscale rende possibili ulteriori aumenti. Non vediamo rialzi, ma i tagli potrebbero essere finiti. In Europa il problema è opposto. La crescita debole e l’inflazione in calo sono lo specchio di un declino più profondo, che trova le proprie cause in un eccesso di burocrazia e assenza di investimenti. Quindi o investimenti e de-burocratizzazione arrivano – difficile -, o la Bce continuerà a proporsi come unico supporto all’economia dell’Europa. Chiaramente è una strategia miope per il lungo periodo».

Il mondo fa i conti con l’incognita Musk, pensa sia un pericolo?

«Musk con auto elettrica, Space X e Starlink sta cambiando il mondo. Credo sia più un’opportunità che un pericolo. I social network e l’abuso che ne viene fatto sono invece pericolosi, così come l’impatto che questi hanno nella comunicazione sociale e politica, soprattutto negli Stati Uniti. Questa è una delle poche aree dove più regole, e non meno, sarebbero a beneficio di tutti».

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Lei è uno dei grandi investitori internazionali, verso quali settori si sta rivolgendo?

«Noi siamo specializzati nei finanziari globali. Il nostro settore è uno dei pochi dove più inflazione e tassi in aumento non sono una cattiva notizia. Le banche sono tra i pochi settori che hanno visto utili in forte aumento dal 2022, e il credito risente meno dell’aumento nei costi di rifinanziamento rispetto ad altri settori, in quanto i margini ne beneficiano».

Le banche le conosce molto bene, Algebris è un investitore storico nel settore e ha ancora una quota di Mps che ha lanciato l’ops su Mediobanca, che ne pensa?

«Siamo azionisti di molti gruppi finanziari in Italia. Negli ultimi anni siamo stati coloro che forse hanno puntato di più al mondo finanziario e i risultati ci hanno premiato. Riteniamo ci sia ancora valore, basta guardare ai dividendi che possono ancora distribuire alcune banche italiane».

In Europa il consolidamento sta avvenendo e in particolare in Italia più che altrove, perché?

«Le banche italiane per anni sono state sottovalutate. La crisi del 2011 ha portato perdite per 100 miliardi di euro. Molti gruppi hanno rischiato. Ma il lavoro fatto, la pulizia dei bilanci, il taglio di costi e i tassi, che ora tornano normali, hanno portato a utili record che ci saranno sino alla prossima recessione».

Al termine di questo ciclo di opa, quale sarà la geografia bancaria?

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«Nessuno lo sa. Ma ciò che è certo è che avremo meno banche, ma più forti e con dimensioni più europee per poter competere poi all’estero».

Valore ed eccellenza delle Pmi italiane, da supportare anche mediante il mercato dei capitali, il fondo dei fondi di Cdp pensa possa servire alla Borsa?

«Assolutamente sì. L’Italia ha nel proprio tessuto imprenditoriale molte eccellenze. Le aziende italiane sono spesso sottovalutate rispetto a quelle europee per non parlare di quelle statunitensi. Noi investiamo nell’equity delle Pmi in Borsa e ci crediamo. Penso lo strumento di Cdp sia un’idea brillante che apre la possibilità a crescite interessanti nei ritorni, e al contempo contribuisce a creare crescita per il Paese. Inoltre, oggi ci sono troppi capitali investiti negli Usa tramite asset manager americani. Quello è un vero rischio. Gli investimenti andrebbero distribuiti un po’ più in Italia e un po’ meno negli Usa».

Come spiega che la Borsa di Milano è ai massimi dal 2007 nonostante un Pil che arranca e imprese che investono poco?

«Le aziende quotate italiane sono guidate da imprenditori illuminati e rappresentano centri di eccellenza globale nelle loro nicchie di riferimento. Queste aziende hanno sempre dimostrato di investire molto, non solo in ricerca, sviluppo e innovazione, ma anche tramite acquisizioni, riuscendo così a penetrare nuovi mercati e differenti geografie con nuovi prodotti. Negli ultimi tre anni il mondo industriale, italiano e non solo, ha sofferto di un rallentamento degli utili a causa del reset dopo l’accelerazione post-Covid, delle tensioni sulla catena di approvvigionamento, della crisi energetica e dei conflitti in Russia e Medio Oriente. Inoltre, l’aumento dei tassi di interesse ha portato a una contrazione dei multipli. Per quanto riguarda i record della Borsa italiana, questi sono principalmente dovuti alla grande performance del settore finanziario».

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