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L’incontro dello scorso  28 febbraio nella Sala ovale della Casa Bianca tra Trump e Zelensky va analizzato in primo luogo, ovviamente, per i suoi contenuti manifesti. Si è trattato, con netta evidenza, di un passaggio cruciale non solo nella vicenda del conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina, bensì dell’avvio plateale di un nuovo ordine mondiale, quello che si appaleserà nel corso del tempo dentro un tendenziale bipolarismo tra Stati Uniti e Cina. La conquista della benevolenza di Putin rientra in un panorama siffatto, in cui a perdere peso e dignità è proprio l’Europa con il suo spirito bellicista tanto grave quanto ridicolo.

Tuttavia, la portata dell’evento non sarebbe stata così forte se non fosse risuktata anche una grande cerimonia mediatica, per citare un testo fondamentale dei sociologi Daniel Dayan e Elihu Katz (1992).

Non solo. Si è dimostrata una tesi assai importante e significativa, supportata da numerosi studiosi, uno per tutti Giovanni De Luna (1993). Le immagini, soprattutto quando scorrono e si impiantano in modo forte nel nostro immaginario, valgono ben di più di un testo scritto.

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Se le pagine, pur redatte con scrupolo e rispetto delle fonti ci raccontano gli avvenimenti e ci permettono di contestualizzarli, l’occhio dispettoso della macchina da presa (Dziga Vertov docet) ci offre una conoscenza di un livello superiore e disvela angoli di visione capaci di illuminare la voce, i volti, i corpi. Le espressioni gestuali, gli umori e i tic permettono di capire sotto e sopra il testo.

Difficilmente si sarebbe moltiplicato il coro di protesta contro la durezza da cowboy di Trump e Vance e ancor più difficilmente un personaggio tutt’altro che ascrivibile alla schiera dei buoni o degli innocenti come il leader ucraino avrebbe assunto le sembianze di Davide contro Golia.

E forse, si può azzardare, l’improvvisata e discutibile manifestazione promossa da Michele Serra non susciterebbe tale dibattito senza quelle immagini.

Attenzione, però, ad un’altra verità della narrazione attraverso il video. Il documento filmico va assunto nella sua interezza, perché vederne solo gli ultimi minuti rischia di deviare facilmente i nostri sentimenti. Ciò nulla toglie alla virulenza del neoimperialismo d’oltre oceano, contiguo ma diverso da quello cui eravamo abituati. Guai ad avere qualche benevolenza verso il Presidente statunitense, confondendolo per un portatore di pace. Se mai, il contrario, perché la durezza del comando assomiglia da vicino ai tratti salienti dei fascismi.

Tuttavia, l’incontro è stato decisamente differente rispetto allo spot che ha fatto immediatamente il giro in una rete assetata di pornografia della violenza e del bullismo. C’è una articolata letteratura in materia.

La visione nel suo insieme evidenzierebbe una complessità relazionale e un ruolo di Zelensky asimmetrici rispetto a quanto è apparso.

La storia audiovisiva è decisiva proprio perché non ammette deroghe temporali: un incontro diplomatico va assunto per intero ed è arbitrario tagliuzzare le sequenze in base a ciò che si intende fare emergere.

Intendiamoci. Non cambia il giudizio politico, ma tale vicenda ci dice che serve innanzitutto capire rifuggendo dal fascino delle facili emozioni.

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Va aggiunto, inoltre, un ulteriore elemento, particolarmente inquietante vista l’avvisaglia fornita dalla strisciata infinita dei talk quotidiani. Insomma, si è definitivamente avviata l’era della diplomazia rappresentata. Si erano avuti svariati prequel, ma adesso siamo ad un punto senza ritorno. Conta lo storytelling costruito da onnipresenti esperti di comunicazione, accentuandosi la voglia di strappare le linee di confine tra vero e falso.

La storia diventa Storia attraverso vie solo intuite dalle teorie su simulacri e post-modernità.

È indispensabile reagire a simile forma di distrazione di massa, rimettendo in campo l’urgenza di una organizzata controinformazione. L’intelligenza artificiale fa il resto.

Comunque, se non basta e si vuole rimanere sull’arato territorio della scrittura, esiste la trascrizione integrale di un episodio che lascerà a lungo tracce ed orme.

 

(pubblicato su Il Manifesto)

 

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