Egitto, l’alternativa al piano di Trump per Gaza del vertice al Cairo: il piano arabo da 53 miliardi

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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in arabo

Il vertice arabo del Cairo ha proposto una visione alternativa per risolvere la questione palestinese, concentrandosi sul consolidamento della sovranità palestinese e sulla ricostruzione di Gaza di fronte al piano di Trump

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Alla luce delle intricate complessità geopolitiche che circondano la questione palestinese, il Vertice arabo del Cairoha proposto una visione alternativa, volta a consolidare la sovranità palestinese e a sostenere la ricostruzione di Gaza, di fronte alle proposte degli Stati Uniti, in particolare al piano Trump che cerca di ridisegnare il paesaggio regionale secondo gli interessi di Washington e Tel Aviv. Ma la domanda fondamentale rimane: In che misura il piano arabo ha gli ingredienti per il successo di fronte alle pressioni esterne?

Le iniziative tradizionali per la creazione di uno Stato palestinese

Il comunicato finale del vertice ha affermato che una pace giusta e globale è la scelta strategica degli Stati arabi, basata sull’Iniziativa di pace araba del 2002, che si fonda sulla fine dell’occupazione e sulla creazione di uno Stato palestinese secondo la soluzione dei due Stati.

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Ma questa visione, nonostante il suo impegno per la legittimità internazionale, non è stata accettata da Israele da quando è stata proposta, mentre Washington sta spingendo progetti di insediamento che la scavalcano completamente, attraverso un approccio di “pace economica” che cerca di raggiungere la stabilità regionale senza riconoscere i diritti politici dei palestinesi.

La proposta per ricostruire Gaza senza sfollare i palestinesi

Al centro del comunicato finale c’è il rifiuto categorico di qualsiasi forma di sfollamento dei palestinesi, sia interno che esterno, come crimine contro l’umanità e pulizia etnica. Questa posizione è una risposta diretta alle minacce israeliane e statunitensi che hanno accennato alla possibilità di trasferire i gazesi nel Sinai o in Giordania, uno scenario che rimodellerebbe la mappa demografica e politica della regione.

Il vertice ha anche avvertito che qualsiasi tentativo di imporre tale spostamento farebbe precipitare la regione in una nuova spirale di conflitto, riflettendo una visione araba dei pericoli che tali proposte comportano per la stabilità dell’intero Medio Oriente.

Il vertice ha adottato un piano egiziano per la ricostruzione della Striscia di Gaza, in coordinamento con l’Autorità Palestinese, la Banca Mondiale e il Fondo di Sviluppo delle Nazioni Unite, con l’obiettivo di riabilitare la Striscia con il sostegno arabo e internazionale, garantendo al contempo che i palestinesi rimangano nella loro terra.

Questa proposta si scontra con l’approccio statunitense, che lega la ricostruzione a condizioni politiche che si ritiene rafforzino l’egemonia israeliana sul futuro di Gaza. Tuttavia, questo piano arabo deve affrontare diversi ostacoli, in particolare la capacità di attrarre finanziamenti internazionali alla luce delle pressioni statunitensi che potrebbero ostacolare l’erogazione di aiuti attraverso le istituzioni finanziarie internazionali.

Chiesto il dispiegamento delle forze di pace internazionali a Gaza

Nel tentativo di riordinare la situazione interna, il vertice ha accolto con favore la formazione di un comitato per la gestione di Gaza sotto la supervisione del governo palestinese e la formazione di quadri di sicurezza palestinesi in coordinamento con Egitto e Giordania, in un’azione volta a riunificare politicamente e geograficamente la Cisgiordania e Gaza.

Il vertice si è però spinto oltre, chiedendo il dispiegamento di forze di pace internazionali in Cisgiordania e a Gaza, il che potrebbe aprire la porta all’internazionalizzazione del conflitto, che potrebbe sollevare le riserve di Israele e aumentare le divisioni interne palestinesi tra l’Autorità palestinese e le fazioni armate.

La dichiarazione finale ha sottolineato la necessità di obbligare Israele a fermare le attività di insediamento e a respingere qualsiasi tentativo di annessione di parti della Cisgiordania, avvertendo che tali pratiche minacciano di infiammare la situazione regionale.

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Nel testo è stata inoltre evidenziata l’importanza di rispettare la custodia hashemita dei luoghi santi di Gerusalemme, in una chiara risposta ai tentativi israeliani di imporre un controllo assoluto sul Monte del Tempio. Ma la domanda rimane: In che misura queste pressioni diplomatiche possono ottenere risultati tangibili alla luce del sostegno statunitense a Israele?

La condanna dell’operato israeliano a Gaza da parte dei Paesi arabi

Nel tentativo di rafforzare la posizione palestinese a livello internazionale, il vertice ha ritenuto Israele “legalmente e materialmente responsabile dei suoi crimini a Gaza”, secondo il testo del comunicato, e ha iniziato a considerare la possibilità di classificare lo sfollamento e la fame come crimini di genocidio.

I Paesi arabi presenti hanno inoltre chiesto di intervenire attraverso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e i tribunali internazionali per punire Israele. Ma, nonostante l’importanza di questo processo nel sostenere le richieste palestinesi, il suo impatto rimane limitato alla luce del ripetuto veto degli Stati Uniti nel Consiglio di Sicurezza, a meno che non sia accompagnato da effettive misure di pressione politica ed economica.

Il vertice del Cairo e le richieste per Libano e Siria

La dichiarazione non si è limitata alla questione palestinese, ma ha toccato anche questioni regionali, sottolineando la necessità che Israele si ritiri dai territori libanesi occupati e rispetti la Risoluzione 1701, oltre a condannare i raid israeliani in Siria come un’aggressione contro la sovranità di Damasco.

Sebbene questi messaggi rappresentino un avvertimento implicito a Israele contro un’ulteriore escalation, non vanno oltre il tradizionale quadro diplomatico dei vertici arabi, poiché non sono accompagnati da misure pratiche di deterrenza.

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Le possibilità del piano arabo per Gaza di resistere a Trump

Il piano arabo cerca di consolidare i diritti dei palestinesi e di rafforzare l’unità araba di fronte alle proposte statunitensi e israeliane, ma si scontra con ostacoli importanti:

1. Strumenti di pressione deboli: mentre Washington dispone di carte di pressione economica e politica, il piano arabo si basa su decisioni internazionali e diplomatiche, che potrebbero rendere difficile la sua attuazione senza un efficace sostegno occidentale.

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2. Equilibri internazionali: il piano arabo cerca di coinvolgere nuovamente gli Stati Uniti nel processo negoziale, ma non prevede un meccanismo per costringere Washington a cambiare il suo approccio in armonia con quello israeliano, soprattutto su questo tema.

3. Divisioni palestinesi: nonostante il vertice sostenga un’amministrazione palestinese unificata per Gaza, le continue divergenze tra le fazioni potrebbero ostacolare l’effettiva attuazione di questo piano, che non contiene una chiara tempistica e meccanismi di attuazione con date specifiche.

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4. La ricostruzione dipende dalla volontà internazionale: il successo della ricostruzione di Gaza dipende dalla volontà delle grandi potenze, soprattutto dell’Europa, di sostenere i finanziamenti, che potrebbero essere condizionati dall’attuale posizione degli Stati Uniti.**

La risposta israeliana al piano arabo per Gaza

Il commento israeliano sui risultati del vertice arabo straordinario ha rivelato i maggiori ostacoli alla realizzazione del piano arabo per il futuro di Gaza, ritenendo che il piano di ricostruzione da 53 miliardi di dollari adottato dal vertice abbia ignorato l’attacco lanciato da Hamas il 7 ottobre 2023, che ha portato all’uccisione e alla cattura di israeliani. Il Ministero degli Esteri israeliano ha espresso il proprio disappunto per la mancata condanna di Hamas nel comunicato finale del vertice.

Israele ha inoltre espresso la propria disapprovazione per l’affidamento del vertice all’Autorità Palestinese (Ap) e all’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), citando ciò che ha descritto come “corruzione e sostegno al terrorismo” da parte delle due organizzazioni. Tel Aviv ha ribadito il suo sostegno alla proposta del presidente statunitense Donald Trump di trasferire i palestinesi in Giordania, Egitto e altri Paesi, affermando che i Paesi arabi hanno respinto la proposta senza darle la possibilità di essere discussa.

D’altro canto, Hamas ha accolto con favore il piano di ricostruzione di Gaza adottato dal vertice del Cairo, affermando che si tratta di un passo positivo verso il rafforzamento del sostegno arabo e islamico alla causa palestinese. Il movimento ha chiesto di fornire tutti gli ingredienti per il successo del piano e ha esortato i Paesi arabi a costringere Israele a rispettare l’accordo di cessate il fuoco.

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Le conclusioni sull’efficacia del piano arabo per Gaza

Il piano arabo rappresenta una mossa importante per riequilibrare la causa palestinese e mantenerla in primo piano nell’agenda internazionale, ma necessita di strumenti di attuazione più forti, di alleanze internazionali più ampie e di una strategia di pressione efficace che possa contrastare l’ influenza di Stati Uniti e Israele.

Mentre il piano Trump si muove secondo una politica di “imposizione del fatto compiuto“, il piano arabo rimane ostaggio della capacità di trasformare le posizioni politiche in meccanismi tangibili di influenza, altrimenti potrebbe rimanere una mera posizione morale di fronte a un progetto più coerente e agguerrito.



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