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“Non dobbiamo sentirci depredati. Non è Reggio ad aver perso, piuttosto ha vinto Pordenone prevalendo su altre nove città, tra cui la nostra, che erano in finale perché valutate dalla commissione con valide potenzialità”. L’esperienza della candidatura a capitale della cultura è stata seguita con interesse e passione da Irene Calabrò, presidente dell’associazione culturale Nike ed ex assessora. In questa candidatura ha confluito anche quanto germogliato dal suo lavoro, svolto a Reggio in anni difficili per il settore della cultura.
“Condivido quello che il sindaco Falcomatà ha detto nell’audizione – commenta – Ci sono voluti dieci anni per arrivare a questa candidatura, un periodo nel quale è stato portato avanti un progetto al quale oggi non mi sento estranea o meno coinvolta soltanto perché non sono più nell’amministrazione. Dall’esterno, come cittadina, sono orgogliosa della visibilità che Reggio ha ottenuto facendo una scelta coraggiosa. C’era consapevolezza – aggiunge – che la vittoria non sarebbe stata scontata in una competizione ardua come questa, ma la città si è messa alla prova e penso che dovremmo considerarla come una buona iniezione di fiducia. Nessuno ci ha tolto nulla, al contrario è stato un momento molto positivo e da cui Reggio esce più ricca dal punto di vista identitario, sociale e di comunità”.
Gli anni del piano di riequilibrio e le associazioni che hanno sopperito alla mancanza di risorse
Assessora alla cultura nell’epoca di lacrime e sangue del disavanzo (ma anche testimone, con l’altra delega a programmazione finanziaria e bilancio, della gioia dell’uscita dal piano di riequilibrio), Calabrò prende le distanze da quanti stanno rimuginando con durezza e giudizi inflessibili su colpe o presunti scippi a danno di Reggio: “Certi commenti fanno male più della delusione di non aver vinto. Servirebbe guardare con occhio non distaccato ma distante e oggettivo. Criticare è più facile che esserci e sostenere: i toni di alcune osservazioni hanno l’effetto controproducente di indebolire l’impegno messo in questo progetto da persone, associazioni e istituzioni… dico da tutti noi, perché io mi sento parte di una realtà che con la sua presenza ha permesso a Reggio di credere in questa ambizione e provarci”.
Come nel 2019 c’era stato un input dall’allora direttore del MArRC Carmelo Malacrino, in questa edizione che ha trovato Reggio finalmente matura, la spinta verso la candidatura è partita dalla base sociale: “E’ un aspetto di cui si è parlato poco – sottolinea Irene Calabrò – ma la sollecitazione a partecipare è giunta dal tessuto associativo e degli operatori culturali. L’adesione del Comune al bando è stata caldeggiata da un humus cittadino fertile, composto dalle associazioni e i gruppi che negli ultimi dieci anni, a titolo gratuito e con grande amore per la città, hanno consentito a Reggio di costruire le sue politiche culturali pur non avendo la possibilità di investire in cultura”.
La catena del debito ha evidentemente fatto la differenza con una Pordenone che da anni assegna risorse a questo settore. “Tutte le valutazioni sono legittime – continua Calabrò – ma dovrebbero essere ricondotte a una visione onesta e reale, oltre che di stile. Reggio è una città che non sa fare i conti con il passato, c’è la tendenza ad azzerare tutto e buttare il bambino con l’acqua sporca La cultura è un investimento. In questi anni noi non eravamo nelle condizioni di stanziare fondi, ma a questo limite ha sopperito l’impegno delle associazioni. I rappresentanti di questa realtà, alcuni veterani e altri giovani, li abbiamo visto seduti allo stesso tavolo per lavorare alla candidatura di Reggio capitale dalla cultura. Questa forza corale è il valore che ci resta anche se la città non ha vinto”.
Chiediamo a Irene Calabrò cosa ne pensa del dossier Cuore del Mediterraneo, su cui la commissione nominata dal ministero aveva espresso alcune perplessità, legate proprio allo schema progettuale. “Ho trovato bello il ruolo centrale del museo – risponde – oltre al coinvolgimento delle associazioni e l’attenzione alla sostenibilità ambientale in molte iniziative. Mi è piaciuta anche l’idea di suddividere il progetto scandendolo nelle varie stagioni dell’anno. Sicuramante per l’aspetto manageriale sarà mancato qualcosa, ma, ripeto, Reggio non è perdente come non lo sono le altre finaliste, penso a Pompei o in particolare La Spezia, che secondo me aveva un progetto validissimo. Ci sono comunque tanti modi per restare dentro e partecipare: ricordo che nel 2019, quando vinse Matera, portammo in mostra lì le nostre bellissime tavolette di Antonello da Messina”.
L’appello di Irene Calabrò per l’attesa inaugurazione del museo civico
La riflessione di Irene Calabrò è nel segno dello sguardo al futuro, ripartendo da un lavoro che non è sprecato, anzi: “Ci sarà tempo di razionalizzare e capire cosa si sarebbe potuto fare meglio. La ripartenza di Reggio io la collego a due persone, Chiara Luppino e Biagio Consiglio, i liceali di talento che hanno rappresentato la città a Roma. Reggio ha tanti intellettuali e operatori culturali che hanno dato tanto a questo settore e continuano a farlo, ma io inviterei a un tavolo questi due ragazzi, dialogherei con loro per tracciare la strada da percorrere”.
“Vorrei anche – conclude – che l’amministrazione chiudesse un cerchio importante con l’inaugurazione del museo civico, dando un segno concreto dopo un lavoro complesso a cui tengo personalmente, perché ho assistito alla demolizione e il rifacimento del monastero della Visitazione. So che la situazione è vicina a sbloccarsi e chiedo al sindaco quest’ulltimo slancio: piantare questa bandierina sarebbe la migliore dimostrazione di un nuovo inizio. Per il resto, Reggio non ha vinto il titolo ma è la capitale del nostro cuore”.
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