voto e proteste per tentare il rilancio

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Il M5s raccoglie i frutti del suo impegno per la pace e del disimpegno dalla piazza di sabato. Può prendere le distanze da Schlein e sfruttare il momento

«In parlamento europeo è stata votata una risoluzione a favore del folle Piano di riarmo da 800 miliardi di euro voluto da von der Leyen e Giorgia Meloni. Il Movimento 5 stelle ha votato no, in piena coerenza, in modo granitico e compatto». Giuseppe Conte ha un nuovo vessillo da sventolare. Non è un tema nuovo per l’ex premier, ma il contesto geopolitico e il Piano di riarmo da 800 miliardi voluto da Ursula von der Leyen permettono al leader del M5s di tornare ad agitare la bandiera della pace con nuovo orgoglio.

Al resto, ha pensato il gruppo parlamentare del Pd. Non è un caso che Conte utilizzi l’espressione «granitico», un aggettivo decisamente non utilizzabile per i dem, spaccati tra astenuti ed eurodeputati che hanno votato a favore. Ma Conte veleggiava sereno verso il voto già martedì, sicuro della compattezza della sua squadra a Bruxelles. «Anche dalla piazza del Pd e dalle sue contraddizioni ci siamo tirati fuori per tempo», racconta un parlamentare di primo piano.

Per l’ex premier è ora di passare all’incasso su un tema che cura già da tempo e su cui può permettersi una linea molto più chiara di quella di Elly Schlein, sempre impegnata a contenere le infinite forze centrifughe interne al Pd. La pace, dalle elezioni europee, è diventata questione identitaria per il M5s. E, annusata l’aria, Conte ha deciso di tornare a suonare la grancassa del populismo anti guerra.

Ormai lo fa in ogni occasione possibile, imperversa nei talk show e martedì si è prodotto in una protesta che è la versione 2.0 del viaggio di Luigi Di Maio a Strasburgo nel 2019. All’epoca c’era l’odierno rappresentante speciale dell’Ue per il Golfo – appena riconfermato – alla guida di un minivan, al suo fianco Alessandro Di Battista e un gruppo di altri parlamentari, che nel pieno dell’esperienza del Conte I, erano andati a incontrare i gilet gialli, mettendo a dura prova le relazioni diplomatiche con la Francia di Emmanuel Macron.

Chi c’era all’epoca è netto: «Noi eravamo molto più iconici». Conte ha spostato il gruppo parlamentare in treno, ha srotolato uno striscione fuori dal Berlaymont, ha agitato dei cartelli dalla tribuna degli spettatori e, alla fine, è tornato a Roma con in tasca quel che più desiderava, il lancio dell’Ansa che racconta l’incontro dell’ex premier con la presidente della Commissione von der Leyen. «Ti avverto che continueremo a fare una forte opposizione, saremo più forti di te». «Lo vedremo». E intanto strizza l’occhio a quel Di Battista che l’ha abbandonato ormai anni fa, ma nei fatti si trova sulle stesse posizioni.

Che poi Conte abbia assecondato l’aumento delle spese militari a più riprese, visto che l’investimento economico è cresciuto costantemente negli anni in cui era a palazzo Chigi, sembra passare in secondo piano, così come il fatto che abbia sottoscritto l’impegno del 2 per cento del Pil da destinare alla difesa fissato dalla Nato.

Sulla cresta dell’onda

Acqua passata. Nel pomeriggio di martedì, una botta di ottimismo è arrivata con la notizia del giudizio della Corte dei conti sulla campagna elettorale di Alessandra Todde, presidente M5s della Sardegna. Tutto in regola, festeggiano i parlamentari con una batteria di agenzie. Con il piccolo dettaglio che la Corte si è espressa su un aspetto diverso da quello contestato dal Collegio regionale di garanzia, che invece verte sui rendiconti presentati dai singoli candidati.

Ma Conte è sulla cresta dell’onda. Mercoledì era la giornata della discussione alla Camera della relazione sull’elezione in Calabria di Elisa Scutellà. Per Montecitorio, combinazione, si aggirava una vecchia gloria pentastellata, l’ex ministro, ormai magistrato tributario, Alfonso Bonafede. Venuto per Scutellà? «Noo, sono qui per tutt’altro impegno. Ma che era oggi?»

In aula, intanto, Conte si sgolava per difendere la collega, che ha perso lo status di onorevole dopo l’annullamento della sua elezione con il subentro, al suo posto, dell’azzurro Andrea Gentile. Per il Movimento, un attacco alla democrazia: secondo Conte, Gentile «è riuscito ad assoggettare tutta la giunta per le elezioni per questo risultato. La procura indagherà anche se siete allergici ai giudici. Avete recuperato duecento voti, una truffa». E poi, un corteo ad accompagnare fuori dall’aula l’ormai ex deputata in lacrime. La protesta è continuata nel pomeriggio, quando i parlamentari Cinque stelle hanno lasciato i lavori al Senato per denunciare il caso Scutellà. Conte, in contemporanea, ha annunciato la propria presenza in altri due programmi nei prossimi giorni.

Ed effettivamente, la sua insistenza sembra pagare. Secondo Swg, nel giro di tre settimane il Movimento ha guadagnato quasi un punto percentuale nei sondaggi, arrivando a toccare quota 12,4 per cento. Secondo Lorenzo Pregliasco di YouTrend, il bottino potenziale degli elettori “molto pacifisti” non è da sottovalutare: «Se incrocio il trend positivo del Movimento con le elaborazioni che abbiamo fatto nei giorni scorsi per Sky sull’opportunità di inviare truppe e aumentare la spesa militare, stimerei la fetta di elettorato interessata a questo tema intorno al 15-20 per cento». Praterie di fronte a Conte.

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