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Papa Francesco celebra mercoledì 13 marzo dodici anni del suo pontificato, una tappa fondamentale nella storia della Chiesa cattolica. Questo evento, non solo lo ha reso il primo Papa latinoamericano, ma anche il primo gesuita e il primo pontefice che, dopo 1.200 anni, è venuto dall’altra parte del mondo a guidare il Vaticano. “Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a cercarlo quasi fino alla fine del mondo”.

Francesco festeggia il suo dodicesimo anniversario con la comunione nella cappella personale del Policlinico Gemelli. È ricoverato da un mese e sta affrontando la sfida più difficile dei suoi 88 anni di vita: la guarigione da una complicata polmonite bilaterale, che si aggiunge ad altre patologie e che, si prevede, sarà molto lunga e con possibili ricadute.

Un ricovero che segna un prima e un dopo nel suo modo di esercitare il pontificato. Da quella stanza d’ospedale, infatti, continua a governare la Chiesa cattolica, delegando ai cardinali le cerimonie più importanti, nelle quali si leggono testi da lui preparati. Un modus operandi che probabilmente proseguirà una volta dimesso, visto che si si prevede una lunga convalescenza.

L’audio della sua voce trasmesso dal Vaticano prima della preghiera del rosario in piazza San Pietro, per alcuni, è stato impressionante, poiché ha messo in luce la fragilità del Papa, che parlava con voce rotta, debole e affaticata, mentre per altro “è stato come un miracolo”. La sua figura continua a essere simbolo di forza e fede per i fedeli, che gli inviano auguri per una pronta guarigione da ogni parte del mondo. Si susseguono ininterrotte le preghiere davanti al nosocomio romano e in Vaticano, per ringraziarlo della generosa e instancabile dedizione verso il corpo della chiesa.

Palloncini con Papa Francesco durante una preghiera (cortesia vaticannews)

Il recente ricovero del Papa ha generato un livello di speculazione e dibattito in diversi settori dell’opinione pubblica. Al di là delle preoccupazioni sul suo stato di salute, sono emerse voci e teorie di ogni genere che hanno costretto la Sala Stampa Vaticana a gestire la comunicazione con grande cautela. Francesco è stato anche il primo a insediarsi dopo le dimissioni dal pontificato di un altro Papa, Benedetto XVI, in 500 anni di storia. Argomento questo, di cui di cui si torna a discutere in questi giorni, considerato lo stato di salute del Sommo Pontefice.

Il Pontificato di Francesco

Sin dalla sua elezione, Papa Francesco è stato un faro di speranza e di rinnovamento per la Chiesa cattolica. Il suo stile di vita sobria, l’impegno verso i poveri e il suo messaggio di inclusione e misericordia hanno avuto risonanza in milioni di persone in tutto il mondo. Nel corso del suo pontificato ha dovuto affrontare sfide e controversie, ma la sua leadership ha lasciato un segno indelebile. È “una Chiesa che facilita e non una Chiesa che ammonisce”

Una delle peculiarità specifiche del pontificato di Francesco è pensare che l’Europa sia il centro del mondo, del cristianesimo e del cattolicesimo. Anche questo è significativo, perché c’è stata una lunga storia di concezioni impregnate di quell’idea eurocentrica che ora è più indebolita. E visto che il relativismo è molto marcato nel vecchio continente, la scelta di Bergoglio è la dimostrazione che altre fonti andavano ricercate in altri luoghi del mondo.

Il suo operato segna una pietra miliare nella storia della Chiesa. Dai suoi viaggi per il mondo ha richiamato più volte l’attenzione sugli “scartati”, sui migranti e gli sfruttati, ammonendo un certo mercato “senza regole”. Il dialogo interreligioso e alcune questioni irrisolte, come quella del ruolo delle donne, le posizioni clericali, il matrimonio sacerdotale e la condanna degli abusi sessuali. Il suo stile accessibile, la sua attenzione verso le “periferie” del mondo e la sua spinta verso le riforme interne hanno suscitato ammirazione e polemiche.

Un’altra caratteristica di Francesco in questi dodici anni di pontificato è stata puntare il dito verso i responsabili della povertà e dello sfruttamento perpetrati nel mondo. Questa riflessione strutturale sulla povertà, tipica anche dell’America Latina, consiste nel riflettere sulla crescita della povertà, a livello globale, come conseguenza dell’esistenza della ricchezza e di “un mercato deregolamentato gestito da grandi imprenditori che estraggono solo profitti”.

La sua elezione al Soglio di Pietro nel 2013, fu accolta da molti gruppi economici e mediatici con grande entusiasmo. Ogni gruppo lo politicizzava o lo sacralizzava, secondo il proprio interesse. Nell’elenco delle persone che hanno visitato Francesco, ci sono personaggi politici di destra, sinistra, centro, progressisti e conservatori: una platea di interlocutori molto eterogenea.

Ma va anche detto che i grandi poteri mediatici, in genere, hanno cercato di diffondere l’immagine di un “Papa progressista”, banalizzando la sua figura e censurando spesso il suo Magistero, dando risalto solo a un’immagine limitata da trasmettere e diffondere, seminando confusione e perplessità da un lato ed empatia superficiale dall’altro.

Secondo Elisabetta Piqué, vaticanista del quotidiano argentino La Nación e autrice del libro biografa di Francisco: “questo Papa ha davvero significato un cambiamento. Non è diventato solo la voce di chi non ha voce, ma un’autorità morale globale: tutti i leader del mondo lo ascoltano”. 

Un altro grande cambiamento è stato quello di “aver internazionalizzato, mai come prima d’ora, il Collegio cardinalizio, dove la maggioranza era europea, soprattutto italiana, prima della sua elezione”. È stato un cambiamento radicale. “Oggi in questo collegio cardinalizio sono rappresentate tutte le aree del mondo, in particolare quelle periferie”.

Il vescovo di Roma è nemico delle etichette, e di tutte le ideologie: politiche, ecclesiastiche e altre come quelle di genere. È un instancabile difensore della pace nel mondo, come ha espresso e continua a fare, affinché cessi la guerra tra Russia e Ucraina, il conflitto Israelo-palestinese, i conflitti esistenti in Africa e in altri paesi del mondo.

“Emigrazione e guerra sono due facce di una sola medaglia e la grande fabbrica di migranti è la guerra”, afferma Francesco, “in un modo o nell’altro, perché anche i cambiamenti climatici e la povertà sono in buona parte il frutto malato di una guerra sorda che l’uomo ha dichiarato a una più equa distribuzione delle risorse, alla natura, al suo stesso pianeta” 

Allo stesso modo, sostiene il pensiero del Concilio Ecumenico Vaticano II: “la pace non è la semplice assenza di guerra, ma è opera della giustizia”. Francesco qui fa un ulteriore passo avanti con la pubblicazione dell’enciclica Fratelli Tutti affermando che “la pace non si ottiene mettendo a tacere le esigenze sociali”.

Attualmente sono circa 60 le guerre in corso nel mondo: conflitti fra nazioni o gruppi organizzati, etnici, sociali. Alcune sono meno mediatiche, ma non per questo meno terribili. A volte, ipocritamente, sono chiamate “operazioni di pace”. Alla vigilia dell’inizio dell’Anno Giubilare 2025 Francesco fa un elogio alla speranza: “che ci aiuti anche a recuperare la necessaria fiducia, sia nella Chiesa che nella società, nei legami interpersonali, nelle relazioni internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato. 

Il pontefice ha parlato tante volte di speranza, che definisce come “la più piccola delle virtù, ma la più forte”. E la nostra speranza ha un volto: il volto del Signore risorto, che viene “con grande potenza e gloria”.



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