“Serve una legge quadro in difesa della biodiversità sarda, vero bene identitario”

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Gianluigi Bacchetta, professore ordinario di Botanica sistematica all’Università di Cagliari, è la voce della natura sotto assedio che parla il linguaggio della scienza. Responsabile del Centro per la conservazione della biodiversità e della Banca del germoplasma della Sardegna, Bacchetta si dedica alla raccolta, allo studio e alla preservazione dei semi e delle piante autoctone con l’obiettivo di mantenere intatte le risorse genetiche dell’Isola. La sua ricerca si concentra sull’analisi delle specie, il monitoraggio della loro distribuzione e la conservazione delle varietà a rischio, mettendo in luce l’importanza di preservare il patrimonio naturale per affrontare le sfide ambientali e alimentari del presente e del futuro.


“Ho finito la direzione dell’Orto botanico, che sarebbe dovuta durare sei anni con un doppio mandato triennale, su fiducia del rettore. Il nuovo rettore ha voluto ampliare il mio mandato e mi ha chiesto di restare. Sono restato praticamente altri due anni, ma poi, chiaramente, ho detto no. E’ bene che ci sia stato un cambio, ho mantenuto invece il ruolo di responsabile scientifico del Centro conservazione e biodiversità e della Banca del germoplasma della Sardegna. Il Centro conservazione e biodiversità si occupa di fare conservazione della flora nei territori della Sardegna con gli enti che operano a livello territoriale nei diversi contesti: province, comuni, parchi, assessorati. La Banca del germoplasma della Sardegna, invece, è la struttura più antica che abbiamo in Sardegna: compie l’anno prossimo 30 anni, l’ho fondata nel 1996″.


Quanti anni aveva nel 1996?


Mi ero laureato e avevo appena iniziato il dottorato, non ero ancora docente all’università. È stata la mia prima creatura.


Cosa fa la Banca del germoplasma della Sardegna? E perché ha pensato che fosse indispensabile già 30 anni fa?


“Perché 30 anni fa non c’era una Banca del germoplasma in Sardegna che conservasse i semi e, quindi, tutta la nostra diversità. In Italia ce n’erano solamente altre due: la Banca del germoplasma di Bari, del Cnr, e la Banca del germoplasma dell’Orto botanico di Livorno. Ma non ce n’erano altre. Così ho pensato che fosse necessario creare una struttura di questo tipo, per conservare ex situ nei forzieri della banca, nelle celle frigorifere, il materiale in pericolo di estinzione. E questo è stato fondamentale, soprattutto in attesa di una legge che tutelasse la flora autoctona, perlomeno per garantire la conservazione della biodiversità sarda.


La Banca del germoplasma si trova all’interno dell’Orto botanico di Cagliari: quante specie conserva?


Attualmente conserviamo circa 4mila lotti di semi, che corrispondono alla totalità delle specie protette in Sardegna per effetto della normativa comunitaria, cioè della direttiva Habitat 92/43. Inoltre, conserviamo tutte le specie che, pur non protette a livello comunitario, sono comunque a rischio di estinzione. E poi conserviamo l’agrodiversità della Sardegna. Per esempio tutte le varietà autoctone coltivate, come il pero, il melo, il fico, l’olivo, la vite, la zucca, il fagiolo, il pomodoro, la cipolla, l’aglio. Inoltre conserviamo anche i materiali archeologici, perché abbiamo una convenzione con le Soprintendenze, e quindi riceviamo i materiali derivanti dagli scavi archeologici, come quelli di Nora, Saosa, Cabras, Santa Giusta.


Perché vi occupate anche di materiale archeologico?


Perché loro non avrebbero spazi e strutture dove poter conservare questo materiale. Noi, invece, abbiamo la banca e la possibilità di conservarlo e di studiarlo. Sono spesso materiali ‘waterlogged’, cioè trovati sott’acqua, come nelle anfore a Santa Giusta o a Cabras, ma anche quelli trovati negli scavi archeologici in superficie. Questi materiali sono importantissimi per capire la storia agricola e alimentare della Sardegna, grazie alla banca possiamo studiarli, conservandoli in modo sicuro.


Come si è arrivati a parlare di una legge per la tutela della flora autoctona?


Si è iniziato nel 1973, quando la professoressa Franca Valsecchi, allora presidentessa della Società botanica italiana, presentò la prima proposta di legge al Consiglio regionale della Sardegna. Parliamo di undici legislature fa. Questa proposta, però, non andava avanti. Ne furono presentate altre, senza successo. Poi, nel 1999, la professoressa Valsecchi mi volle nel Consiglio regionale della Società botanica italiana e mi disse: ‘Devi prenderti cura di questo aspetto, devi portare a termine quest’opera che io non sono riuscita a concludere’. Così, dal 1999 ho iniziato a lottare per fare approvare questa legge. Ho presentato la proposta 6 volte in 25 anni. Nel 2014, grazie a Luigi Lotto, consigliere regionale del Pd, siamo riusciti a far passare la legge sull’agrodiversità, dopo dieci anni di lotte. Lui, marito di Innocenza Chessa, che nel frattempo era deceduta, ci ha spinto a portare avanti la causa. La legge sull’agrodiversità è ormai attiva e oggi dà molti frutti, con la creazione della banca regionale dell’agrodiversità gestita da Agris. Questa legge ha già permesso di sostenere gli agricoltori, riducendo la dipendenza da semi sterili e costosi, come quelli forniti da multinazionali come Monsanto.


Perché per lei il successo di questa legge è solo un primo passo?


Il prossimo obiettivo è quello di vedere approvata una legge per la protezione della flora autoctona. La strada, però, non è stata facile. Abbiamo proposto questa legge nel 2022, come iniziativa popolare, e dopo aver raccolto migliaia di firme siamo stati ascoltati dalla Giunta. È stata finalmente discussa in commissione a gennaio 2025 e approvata il 18 febbraio, ma ora dobbiamo fare in modo che sia operativa, con la creazione di comitati tecnici, corsi di formazione per il personale e progetti di conservazione. Il passo successivo è il lavoro per una legge quadro che tuteli tutta la biodiversità dell’isola, non solo la flora, ma anche i funghi, i microrganismi, gli alberi monumentali e il paesaggio. La biodiversità non è solo una questione che riguarda piante e animali ma coinvolge anche funghi, lieviti e tutto l’ecosistema. Non possiamo più perdere tempo: la biodiversità è il vero patrimonio identitario della Sardegna, e va tutelata in modo integrato e scientifico.


In definitiva, cosa serve?

La Sardegna ha bisogno di una legge che tuteli la sua biodiversità in maniera complessiva, dalla flora alla fauna, dai funghi ai paesaggi storici. Il futuro della nostra isola dipende dalla preservazione del nostro patrimonio naturale, che è insostituibile. Bisogna coinvolgere le forze politiche e far capire che la strada da seguire è quella che ha già tracciato, per esempio, la Toscana. Non c’è molto da discutere: bisogna agire nell’interesse di tutti. E’ davvero incredibile che una legge così importante non sia ancora stata approvata. Se tuteli il pecorino dop, se tuteli il vino o il pane fatto con lievito madre tuteli anche l’agrodiversità. E in questo modo proteggi gli agricoltori, gli apicoltori, tutti coloro che fanno un’agricoltura che in Sardegna non può essere intensiva o industriale su grandi superfici. Non possiamo puntare sulle quantità, dobbiamo puntare sulla qualità. E per farlo dobbiamo preservare le nostre peculiarità. Non c’è altro da fare: è l’unica strada.



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