Ora l’auto elettrica per gli ambientalisti è una vergogna perché Musk è “nazista”? Le capriole sulla Tesla di Fratoianni e Piccolotti (Verdi e Sinistra) e il tafazzismo di dire “l’abbiamo pagata poco” (47 mila euro!). E Gramellini… – MOW

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La vicenda della Tesla di Elisabetta Piccolotti e Nicola Fratoianni, esponenti del partito ambientalista ma molto critico nei confronti dell’Elon Musk trumpiano, Alleanza verdi e sinistra, è un condensato di ipocrisia, dilettantismo nella comunicazione e amnesia politica. La sinistra ha definitivamente seppellito la “questione morale”? A giudicare dal “Teslagate” spifferato dal Foglio, sì. A questo si unisce un “tafazzismo” quasi diabolico, e Gramellini (Corriere) bastona…

Il famoso scheletro nell’armadio. O nel garage. La notizia della Tesla da 47mila euro in possesso della deputata di Alleanza verdi e sinistra (Avs) Elisabetta Piccolotti, moglie di Nicola Fratoianni, ha sganciato sulle loro teste e sulla pretesa superiorità intellettuale di certi ambienti di centro-sinistra un nubifragio di critiche, una bomba di scherno misto a imbarazzo politico degna della più irreversibili delle crisi climatiche. Succede, quando l’ostentazione del candore morale e l’incorruttibilità dell’anima si scontrano con la mancata volontà di abbandonare una retorica da assemblea d’istituto permanente – altro che rivoluzione – e parlare della realtà dei fatti e della sua complessità, rincorrendo i tempi di Instagram e perdendo per strada la coerenza della proposta politica. Una condizione che secondo molti osservatori – e non solo i soliti detrattori a destra, in ultimo l’ex senatore del Partito democratico Luigi Zanda – a sinistra sta facendo danni da troppo tempo.

Tutto questo è uscito alla luce del sole ieri, quando Fratoianni e Piccolotti hanno annunciato con orgoglio di voler vendere la loro Tesla. Nelle intenzioni, il messaggio era quello di una chiara presa di posizione nei confronti di Elon Musk, pioniere dell’auto elettrica e padrone di Tesla, ex alfiere della transizione ecologica nel settore dell’automotive, ora divenuto il più trumpiano di tutti. Tanto da trascurare Tesla, stando a quanto ha rivelato qualche giorno fa il New York Times e confermato dalle quotazioni in picchiata del titolo a Wall Street. “Se chi guida la Tesla guida anche il più importante partito anticapitalista del Paese, la notizia non è che ha deciso di vendere un’auto da «borghesi», ma che in precedenza aveva deciso di comprarla”, ha “scoccato” Massimo Gramellini dal suo Caffè sul Corriere della Sera. Il punto non è ovviamente chiedersi se sia legittimo o meno acquistare una macchina di Elon Musk. Non lo sarebbe nemmeno a sinistra anzi, possedere un’auto elettrica, probabilmente la migliore in circolazione, dovrebbe rappresentare un punto a favore di chi sostiene la necessità della transizione energetica e della decarbonizzazione. Basti pensare che, secondo i dati dell’Agenzia europea dell’ambiente e contenuti all’interno di un rapporto del parlamento europeo pubblicato a novembre, “il settore dei trasporti è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di CO2 in Europa, il 71,7 per cento delle quali viene prodotto dal trasporto stradale”. Così come non dovrebbe essere un problema continuare a utilizzare un’auto pulita anche quando il suo produttore prende strade politiche diverse, magari opposte, a quelle che aveva fino a poco tempo fa. È questa ossessiva tendenza all’autoflagellazione – Piccolotti racconta, cospargendosi il capo di genere, di aver attaccato all’auto l’adesivo “L’ho comprata prima di sapere che Musk diventasse pazzo”, molto in voga negli Stati Uniti – ciò che pone la sinistra italiana costantemente in fallo, innanzitutto a livello comunicativo ma non solo, rendendo palese il proprio spaesamento all’esterno.

A ciò si unisce un “tafazzismo” quasi diabolico, colto anche da Gramellini quando scrive: “Piccolotti non migliora le cose quando dice «l’abbiamo pagata anche poco, 47mila euro», perché le parole «poco» e «47 mila euro» possono stare insieme in una frase della Santanchè, non in quella di chi chiede i voti a persone che certe cifre non le vedono in anni di lavoro.” Insomma, una pezza che è peggio del buco, e lascia trasparire una grande, a tratti estrema difficoltà nel maneggiare la “questione morale”, propria di una sinistra che non esiste più e ora divenuta quasi un ingombro: “È il «fighettismo» la vera croce di una certa sinistra italiana. Ho sempre pensato che i suoi rappresentanti non fossero mai stati a casa dei loro potenziali elettori. Ma adesso ho il sospetto che non siano mai entrati neanche in garage”, conclude Gramellini.





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