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12/3/2025 – Dall’alba di questa mattina la Polizia di Stato – Squadra Mobile della Questura di Reggio Emilia, con l’ausilio del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Bologna e Crotone – unitamente ai militari della Guardia di Finanza reggiana, procede a 19 perquisizioni nelle province di Reggio Emilia, Parma e Crotone, nel cui contesto vengono eseguite 6 misure cautelari personali in carcere per l’ipotesi di associazione a delinquere di stampo mafioso.
I provvedimenti restrittivi nei confronti di Giuseppe Arabia classe ’66, Giuseppe Arabia classe ’89, Nicola Arabia, Salvatore Messina, Salvatore Spagnolo, Giuseppe Migale Ranieri sono stati emessi dal Gip del tribunale di Bologna, Alberto Ziroldi, su richiesta della della Procura di Bologna – Direzione Distrettuale Antimafia sulla base degli esiti di una lunga e complessa indagine condotta dal sostituto procuratore Beatrice Ronchi “nei confronti di taluni esponenti del sodalizio mafioso di tipo ‘ndranghetista operante in Emilia-Romagna” con epicentro la città di Reggio Emilia.
I dettagli dell’operazione sono stati illustrati in tarda mattinata in una conferenza stampa nella sala Palatucci della Questura reggiana con l’intervento del Questore Giuseppe Maggese, del Procuratore della Repubblica f.f. di Bologna Francesco Caleca, del Sostituto Beatrice Ronchi e del comandante provinciale della Guardia di Finanza Ivan Bixio.
“Gli approfondimenti investigativi effettuati dalla Polizia di Stato – così un nota diffusa a conclusione del punto stampa – hanno consentito di attestare l’esistenza e l’operatività, nell’alveo della cosca ‘ndranghetistica emiliana, del gruppo mafioso Arabia, sodalizio caratterizzato dall’ampia disponibilità di armi e dedito alle estorsioni, alle truffe, nonché alla ricettazione di beni provento di furti a ditte di autotrasporto, commessi al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa”.
In manette è finito Giuseppe Arabia, classe ’66’ detto “Pino u’ nigro‘, ritenuto il capo del sodalizio, ndranghetista già condannato con sentenza passata in giudicato per associazione a delinquere di stampo mafioso. È il fratello del boss Salvatore Arabia, ucciso nel 2003 a Steccato di Cutro nel corso della guerra di mafia tra le famiglie Grande Aracri e Dragone, omicidio per il quale il boss Nicolino Grande Aracri è stato condannato all’ergastolo. Salvatore Arabia – detto Pett i’ Palumba era considerato il luogotenente del boss Antonio Dragone.
Insieme a Giuseppe sono finiti in carcere i suoi nipoti Giuseppe classe ’89 e Nicola Arabia classe ’85, figli di Salvatore. Arresti anche nei confronti dei sodali Salvatore Messina, Salvatore Spagnolo e Giuseppe Migale Ranieri, classe ’78, di Cutro (omonimo del suo avvocato del foro di Reggio Emilia).
Secondo le accuse “il capo del sodalizio, in sinergia con i suoi sodali, ha posto in essere condotte tipicamente mafiose, con l’adozione di modalità violente e comunque intimidatorie, sia a scopo ritorsivo e punitivo, sia per imporre, con la forza di intimidazione promanante dall’appartenenza al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, la propria volontà”.
“Tra l’altro, nell’agire con metodo mafioso, il gruppo ha dimostrato di disporre anche di armi, custodite in luoghi nascosti grazie alla complicità dei sodali. In una circostanza, nel corso delle indagini, la Polizia di Stato ha sequestrato un fucile, occultato all’interno di un gommone custodito all’interno di un camion, su cui era stato caricato del tutto all’insaputa del trasportatore”.
Ulteriori approfondimenti investigativi, svolti con l’ausilio della Guardia di Finanza di Reggio Emilia, hanno permesso di ricostruire numerose frodi fiscali, confermando, ancora una volta, come il sodalizio ‘ndranghetista operante in Emilia sia anche specializzato nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Il meccanismo fraudolento posto in essere dagli indagati mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per un totale di 1 milione 802 mila 930,93 euro nei confronti, in particolare, di 12 principali società utilizzatrici, ha fruttato in pochi anni al sodalizio criminale un guadagno pari a 326 mila 435,07 quale prezzo del reato, somma oggetto di sequestro preventivo disposto dal GIP con l’ordinanza ed eseguito congiuntamente dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia di Stato.
Contestualmente all’esecuzione del sequestro preventivo sono state perquisite anche le sedi di sei società, che, sulla base dei riscontri investigativi eseguiti, risultavano essere coinvolte nel sistema di frode.
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