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La delusione ligure, vince Pordenone
Ancora una volta, la Liguria rimane a bocca asciutta. Dopo la delusione del Tigullio con Sestri Levante superata da Pesaro lo scorso anno, anche La Spezia e Savona hanno dovuto dire addio ai loro sogni di gloria – pardon, di cultura.
A trionfare è stata Pordenone, proclamata Capitale della Cultura 2027 dal ministro Alessandro Giuli che ha subito provato a “consolare” le città escluse. Tutte le dieci finaliste, infatti, potranno accedere al Cantiere Città, iniziativa pensata per non disperdere i progetti presentati. Un contentino? Forse. Giuli lo definisce “un modello di dialogo, un insegnamento per tutti noi”.
Dalla sconfitta alla narrazione dell’ “abbiamo vinto comunque”.
Di certo, dopo la delusione, La Spezia e Savona hanno subito cambiato il tono della narrazione. Il nuovo mantra è: “Va bene, Pordenone ha vinto, ma alla fine abbiamo vinto anche noi”.
Come? Semplice, grazie alla candidatura, sono stati avviati progetti che si potranno comunque portare avanti.
C’è persino chi azzarda il sorpasso in termini di presenze in piazza per festeggiare la sconfitta.
Paolo Verri, direttore artistico della candidatura di Savona, ha dichiarato con entusiasmo che in Piazza Sisto IV c’erano più persone che a Pordenone per fare festa dopo la proclamazione.
Verri, comunque, assicura che Savona realizzerà tutto ciò che è stato progettato. Ma è davvero così? O si tratta di una narrazione rassicurante per attutire il colpo?
Savona, una rotta sbagliata fin dall’inizio?
Difficile non pensarlo. Dopo la presentazione del “dossier colossale”, molti cittadini avevano iniziato a sperare in una vittoria.
Sessanta pagine di progetti, raccolti sotto il titolo “Nuove rotte per la cultura”, con l’ambizioso obiettivo di trasformare Savona in un hub di esperienze innovative, capaci di connettere idee e persone, attirare turisti e migliorare la qualità della vita dei cittadini.
Ma mentre si parlava di flussi di conoscenza e sviluppo, la realtà raccontava tutt’altro.
Savona è in costante declino demografico, passata dai 62.000 abitanti del 2005 ai 58.674 attuali.
È anche la città più vecchia d’Italia, con un’età media di 53,2 anni. Un primato che condivide con altre province liguri: Genova (52,3), Imperia (52) e La Spezia (51,6).
Il problema è che i tanto desiderati giovani qui a Savona non ci sono.
E indipendentemente dai progetti culturali, il vero cambiamento arriverà solo quando le famiglie saranno sostenute da politiche sociali adeguate.
Senza nuove generazioni, la cultura rischia di restare un esercizio fine a sè stesso.
Cittadini esclusi e delusi: una candidatura calata dall’alto?
Un altro grande problema di questa candidatura è che molti cittadini non si sono mai sentiti davvero coinvolti.
Il percorso è stato percepito come un’iniziativa imposta dall’alto, più che come un progetto condiviso. E il malcontento è evidente.
Il Comune si è concentrato sulla candidatura dal 2023, ma nel frattempo, le condizioni della città non sono migliorate. Anzi.
Molti avrebbero preferito vedere risorse ed energie investite nella risoluzione dei problemi quotidiani, anziché in un progetto dal risultato incerto.
Uno dei tanti commenti su Facebook riassume un sentimento di sconforto piuttosto diffuso: “Adesso però ditemi come devo fare la raccolta differenziata”.
Segno che per molti cittadini le priorità sono ben altre e il distacco tra Palazzo e popolazione è sempre più evidente.
Una candidatura che, di fatto, ha sottratto risorse economiche e tempo alla gestione dei numerosi problemi della città, problemi che la cultura, per quanto fondamentale, non può certo risolvere da sola.
Vittoria politica o reale merito?
C’è chi sostiene poi che Pordenone abbia vinto per ragioni politiche, grazie al sindaco Alessandro Ciriani, eurodeputato di Fratelli d’Italia.
Ipotesi plausibile? Di certo non basta a spiegare la vittoria. E, nel caso, Savona non avrebbe dovuto nemmeno partecipare.
Pordenone ha presentato un dossier ampio, articolato e accompagnato da un video ben realizzato, capace di trasmettere entusiasmo e visione.
Savona, invece, ha mostrato un inverosimile centro città popolato di giovani – che nella realtà quasi non si vedono – e ha addirittura collocato la Fortezza del Priamar nel Medioevo anziché nel 1542.
Ciliegina sulla torta? L’omissione totale del Campus Universitario di Savona, come se la cultura accademica non avesse alcun valore.
Sfugge il motivo, anche perchè a Savona il Campus Universitario è una realtà operativa dal 1991.
Ma se anche la politica avesse avuto un peso, resta un altro interrogativo: perché la Liguria continua a perdere?
Tre bocciature in due anni dovrebbero far riflettere. La verità è che, sul piano della cultura, la regione non riesce a imporsi.
E il peso politico di Savona, La Spezia e Genova a Roma sembra irrilevante.
Ciò non intacca, ovviamente, l’indiscusso impegno profuso da tutti coloro che si sono spesi per la candidatura della città, risultata tra le dieci finaliste. Ma, di certo, non basta per festeggiare una sconfitta.
La Spezia in subbuglio, Savona si racconta vincente
Dopo la sconfitta, anche La Spezia inizia a mostrare segni di malcontento.
Il presidente della Regione Marco Bucci ha puntato tutto su Savona, e ora il sindaco Pierluigi Peracchini e la vicesindaco Maria Grazia Frijia si trovano a dover gestire la cocente delusione.
Da Genova, l’assessore regionale Simona Ferro applaude alla partecipazione ligure, mentre il sindaco di Savona Marco Russo si rifiuta di parlare di sconfitta. “A Savona si può”, dice, riferendosi alla possibilità di continuare i progetti e affrontare nuove sfide.
Ma se nessuno ha perso, contro chi ha vinto Pordenone? Va bene l’idea di proseguire i progetti, ma una riflessione critica su cosa non abbia funzionato sarebbe doverosa.
La verità è che la comunicazione non ha funzionato
Pordenone ha saputo coinvolgere i cittadini, con una campagna social dinamica e accattivante. Post colorati, volti sorridenti, didascalie brevi ed efficaci.
Savona, invece, non è riuscita a trasmettere lo stesso entusiasmo.
Forse perché i cittadini non si sono mai sentiti parte integrante e davvero importante del progetto?
Forse perché la candidatura è stata guidata da personaggi che non hanno saputo creare un vero coinvolgimento?
Per quanto riguarda la comunicazione, va detto anche, con onestà, che nel giorno della presentazione del dossier Savona 2027, l’emozione del sindaco Marco Russo non ha giocato a favore della candidatura.
Quando la giuria ha chiesto perché Savona avrebbe dovuto vincere, il primo cittadino ha esitato a lungo prima di rispondere. Forse troppo.
E più che emozione, è sembrato trasparire il dubbio di non avere una risposta chiara. Chissà.
Ora tutti su Imperia, la provincia più forte a Roma
Ora che Savona e La Spezia hanno perso, c’è chi inizia a guardare a Imperia, l’unica provincia ligure con un peso politico solido nella capitale.
E qui entra in gioco Claudio Scajola, uomo di potere e politico navigato.
Se la Liguria vuole davvero puntare su una città capace di imporsi a Roma, Imperia potrebbe essere la vera carta da giocare?
Dopo tre bocciature, è comunque il momento di cambiare strategia.
E, forse, anche di smettere di raccontare vittorie inesistenti.
TAG: #savona2027, #laspezia2027, #pordenone2027, #marcorusso, #claudioscajola, #pierluigiperacchini
Foto Torretta Rosella Schiesaro©
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