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Nel 2023, la comunità astronomica è stata scossa da un acceso dibattito riguardante la possibilità di vita su K2-18b, un esopianeta situato a oltre 700 trilioni di chilometri dalla Terra. Tutto è iniziato quando un gruppo di scienziati guidati da Nikku Madhusudhan dell’Università di Cambridge ha pubblicato uno studio che suggeriva la presenza di dimetilsolfuro (DMS) nell’atmosfera del pianeta, una sostanza chimica che sulla Terra viene prodotta principalmente da batteri e fitoplancton oceanici.
Ma a distanza di oltre un anno, la discussione è tutt’altro che conclusa, e anzi si è arricchita di nuovi elementi che potrebbero avere implicazioni considerevoli per l’intera ricerca di vita oltre il nostro pianeta.
Il DMS è considerato un “biomarcatore”, ovvero una traccia chimica che potrebbe indicare la presenza di vita. Su K2-18b, un pianeta potenzialmente abitabile per la quantità di luce stellare che riceve e per la possibile presenza di vapore acqueo nella sua atmosfera, la rilevazione di questa molecola sembrerebbe rafforzare l’ipotesi della presenza di qualche forma di vita. “È una prova debole”, ha ammesso Madhusudhan in un’intervista, “ma se dovesse rivelarsi corretta la presenza di DMS, sarebbe un grande risultato.”
Tuttavia, molti scienziati non sono convinti che ciò che il team di Madhusudhan ha rilevato sia effettivamente DMS. Edward Schwieterman, astrobiologo dell’Università della California a Riverside, che non ha partecipato allo studio originale, ha espresso scetticismo: “Non credo che abbiamo ancora prove convincenti della presenza di DMS nell’atmosfera di K2-18b”, attribuendo i suoi dubbi alla bassa confidenza statistica della pubblicazione.
Il problema fondamentale risiede nei limiti tecnologici attuali. Idealmente, gli scienziati vorrebbero cercare vita sugli esopianeti inviando sonde o astronauti sulla superficie di questi mondi per cercare molecole che sono prodotte solo da organismi viventi, come RNA o DNA. Ma la distanza rende questa strategia impraticabile.
Gli astronomi sono quindi costretti a cercare segni di vita utilizzando ciò che i telescopi possono effettivamente vedere: gli spettri luminosi. Raccogliendo informazioni sulle lunghezze d’onda della luce che attraversano l’atmosfera di un pianeta, possono fare ipotesi sulla sua composizione. Ma, come sottolinea Joanna Barstow, planetologa dell’Open University, questi dati “possono spesso avere interpretazioni diverse, quindi è davvero, davvero complicato”.
Una ricerca pubblicata a novembre 2024 ha rilevato firme di DMS provenienti da una cometa, supportando un’idea nuova sulla produzione di questa molecola, che utilizzerebbe elementi di base presenti nello spazio senza richiedere la presenza di forme di vita.
Nora Hänni, chimica dell’Università di Berna e principale ricercatrice del nuovo studio, ha spiegato come il DMS potrebbe trasferirsi dalle comete ai pianeti.
“Una cometa potrebbe potenzialmente atterrare su un pianeta e depositare sostanze chimiche nella sua atmosfera, funzionando essenzialmente come un’astronave”.
Madhusudhan è scettico riguardo questa teoria, principalmente per la quantità di DMS necessaria per essere osservabile nell’atmosfera di un esopianeta. Secondo lui, il numero di comete che dovrebbero schiantarsi su K2-18b portando con sé DMS dovrebbe essere irrealisticamente alto per spiegare il segnale che il suo team ha rilevato.
È chiaro che c’è ancora molto lavoro da fare prima di raggiungere un consenso sull’autenticità di questo segnale e sull’affidabilità del DMS come biomarcatore. Ryan MacDonald, astrofisico dell’Università del Michigan, ha spiegato che ulteriori osservazioni dell’atmosfera di K2-18b con molteplici strumenti sarebbero lo “standard d’oro” per dimostrare se il DMS è effettivamente presente.
La questione rimane aperta, ma rappresenta un esempio affascinante di come la scienza proceda: attraverso ipotesi, verifiche, contestazioni e nuove scoperte, in un processo che, sebbene talvolta lento e tortuoso, è l’unico che può portarci a conoscenze sempre più precise sull’universo che ci circonda e sulla possibilità che non siamo soli in esso.
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