I 12 anni di papa Francesco, fra mondo in crisi e segni di speranza

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La fumata bianca, 12 anni fa, colse molti di sorpresa. Il nome di Bergoglio era girato, tra i papabili, nelee elezioni precedenti. Quelle che avevano portato al soglio pontificio il cardinale Ratzinger. In piazza si aspettava l’annuncio di un altro nome, in tanti davano per quasi certo un italiano. E invece il mondo si sorprese di questo Papa pescato “quasi dalla fine del mondo” che scelse di chiamarsi “francesco”. E oggi, mentre è ancora ricoverato in ospedale e in tante parti del mondo si ricorda l’anniversario pregando per la sua salute, ci si chiede anche quali siano i pilastri fondamentali del suo Pontificato.

«Al di là degli slogan preferiti dai media e dei gesti significativi di papa Francesco, i pilastri fondanti del suo pontificato sono i documenti pubblicati: essi restano, e non possono essere facilmente dimenticati, perché fanno parte del magistero, e nascono da un lavoro collegiale», spiega il teologo don Maurizio Gronchi, teologo, docente di Cristologia alla Pontificia Università Urbaniana, consultore del Dicastero per la dottrina della fede e della segreteria generale del Sinodo dei vescovi. 

«Papa Francesco ha scelto di promulgare diverse Esortazioni apostoliche, soprattutto frutto dei Sinodi, e alcune Encicliche. La lista è lunga e variegata: la gioia del Vangelo, l’ecologia integrale, l’amore nella famiglia, la santità, i giovani, l’Amazzonia, la fraternità universale, la crisi climatica, il Sacro Cuore di Gesù. Questi sono i riferimenti della Chiesa per l’annuncio del Vangelo al mondo di oggi, grazie ai quali entra in dialogo con esso».

In questi 12 anni il mondo è cambiato e sembra in crisi. Populismi, guerre, disprezzo dei poveri. Quanto i semi che papa Francesco ha seminato e semina sono in grado di rispondere a queste crisi?
«Accolgo con piacere la metafora dei “semi”, perché ad essi, con Pierangelo Sequeri, abbiamo dedicato una collana di volumetti alcuni anni fa: “I semi teologici di papa Francesco” (San Paolo, 2018). Si tratta di alcune parole-chiave che caratterizzano l’insegnamento del Papa e fanno da segnavia non solo per i credenti, ma per tutte le persone di buona volontà,
proprio in questo mondo lacerato da conflitti e ingiustizie. Sono parole antiche che, nel magistero di Francesco, hanno una forza nuova: la carne, la misericordia, il discernimento, l’integrazione, la riforma, la reciprocità, l’armonia, il popolo, il neopelagianesimo, il neognosticismo, la vulnerabilità. In un tempo come il nostro, in cui si rafforzano prepotenti egemonie ad ogni latitudine, che incrementano produzione e commercio di armi, alimentano il disprezzo dei poveri e propongono il mito religioso della prosperità, i semi di Francesco sembrano sepolti. Eppure, il loro destino assomiglia a quello di Gesù: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). Non si dà risurrezione senza la crisi del fallimento. Perciò celebriamo il Giubileo della speranza, certi che del Vangelo di Gesù
salvatore – il tesoro che portiamo in vasi di creta – l’umanità intera oggi ha ancora più bisogno».
 

Come è cambiata la Chiesa in questi 12 anni?

«Le dimissioni di Benedetto hanno sorpreso la Chiesa e il mondo, lasciando in tutti un certo senso di smarrimento, insieme con il generale apprezzamento per un gesto così coraggioso e profondamente umano. Per grazia di Dio, gli è succeduto Francesco, che ha dato una scossa all’immagine del Pontificato, con un’impronta pastorale rinnovata nello stile e nei contenuti. Ha parlato al mondo in modo diretto, persino senza protezione, senza mediazioni. Ha riunito i vescovi nei sinodi, provando a coinvolgere tutto il popolo di Dio in decisioni importanti per la Chiesa universale. Poi è venuta la pandemia, la guerra in Ucraina, la guerra in Palestina e in altre parti della terra. Il mondo si è scoperto vulnerabile, e i potenti della terra, invece di stringere relazioni di fraternità e di solidarietà, hanno dato impulso a egoismi sempre più pericolosi. Oggi ci troviamo di fronte al Papa ammalato, debole nel corpo, ma ancora capace di leggere e firmare. Seppur con voce flebile, prega e chiede di pregare. Forse è proprio in questa fragilità che siamo chiamati a cercare un senso, alla luce del Vangelo. Papa Francesco guida la Chiesa in un cambiamento d’epoca, dando una forte impronta evangelica, anche se non a tutti piacciono le sue scelte. Tuttavia, c’è da augurarsi che, nel futuro, non si facciano passi indietro. San Paolo ci ricorda che “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili” (Rm 11,29). E non si può negare che questi primi dodici anni del pontificato di papa Francesco siano stati colmi di doni di Dio per la Chiesa e per il mondo».





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