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Foto di copertina: filindeu. Crediti Domus 81
Il cambiamento dei gusti e la difficoltà nel reperire gli ingredienti
I motivi della scomparsa di alcuni piatti sono diversi, ma uno dei più evidenti è il cambiamento dei gusti e delle abitudini alimentari. Con ogni generazione, i cibi che una volta erano considerati parte della quotidianità, oggi vengono meno apprezzati. In molti casi, però, il problema non è solo legato ai cambiamenti nelle preferenze, ma anche alla difficoltà di reperire gli ingredienti necessari. Alcuni di questi sono diventati rari o non più prodotti a causa di una domanda in decrescita, mentre altri sono vittime di un’agricoltura industriale che sacrifica biodiversità e tradizione, racconta in un’analisi sul tema la testata Rolling Pin.
La pesca eccessiva e il cambiamento climatico: un futuro incerto
Alcuni alimenti rischiano di scomparire per ragioni ambientali. La pesca eccessiva ha contribuito alla riduzione di molti frutti di mare un tempo abbondanti. L’effetto del cambiamento climatico, poi, minaccia l’agricoltura e l’allevamento, mettendo a rischio la produzione di alcuni ingredienti chiave. Persino alimenti che sembrano irrinunciabili, come il cioccolato, il vino e il caffè, potrebbero diventare rari nel prossimo futuro. E se il cambiamento climatico è una delle principali cause, la scarsità di alcune varietà di frutta e verdura e di razze animali locali è già una realtà.
Mangiare o salvare? La filosofia di Slow Food
L’organizzazione Slow Food, con la sua Arca del Gusto, ha creato un database che raccoglie oltre 6.500 prodotti alimentari provenienti da tutto il mondo, molti dei quali vengono ormai considerati a rischio di estinzione (ne sono un esempio, in Italia, il farro della Garfagnana e il pollo valdarnese). “Non mangiatelo, se volete salvarlo!” è l’avvertimento che accompagna molti di questi alimenti. Se vogliamo davvero preservare la biodiversità alimentare, dobbiamo prendere coscienza che il consumo potrebbe contribuire alla loro estinzione. L’invito è, quindi, non solo a tutelarli ma a imparare a conoscerli e apprezzarli senza abusarne.
Ricette quasi dimenticate: un sapere che rischia di scomparire
Molti piatti rischiano di scomparire non solo per la carenza di ingredienti, ma anche perché le tecniche tradizionali di preparazione sono sempre più rare. È il caso della pasta sarda “su Filindeu”, che viene preparata da poche donne in Sardegna, tramandando un sapere che risale a oltre 300 anni fa. Si tratta di una pasta estremamente sottile, composta da 256 fili, che viene stesa su un telaio rotondo e lasciata essiccare. La sua preparazione è così complessa che anche chef noti, come Jamie Oliver, non sono riusciti a riprodurla con successo. Il segreto di questa pasta, un tempo servita in brodo ai pellegrini, rischia di svanire insieme alla tradizione che la circonda.
Piatti dimenticati sotto casa: la cucina di una volta
Non è necessario viaggiare lontano per scoprire piatti rari e quasi sconosciuti. In molte famiglie, le ricette tramandate di generazione in generazione sono ormai scomparse. Spesso si tratta di piatti poveri, che sono stati sostituiti da cibi più moderni e convenienti. Un esempio è la Mülifoafal, una minestra di latte con gnocchetti di farina che una volta era il piatto nazionale del Burgenland in Austria. O la Saure Suppe mit Sterz, una zuppa acida tipica della Stiria, che è stata sostituita da preparazioni moderne. Altri piatti dimenticati, come la Klachlsuppe mit Heidensterz, una zuppa contadina della Germania, sono ormai sconosciuti alle nuove generazioni, come dimostra il tentativo dello chef Tim Mälzer di ricostruirne la ricetta nella sua trasmissione “Kitchen Impossible”. All’interno stinco di maiale, aceto di mele, panna acida, strutto e farina di grano saraceno.
Formaggi con le larve: una tradizione che rischia di sparire
Anche i formaggi tradizionali sono a rischio di estinzione. Alcuni, come il Murtrit, un formaggio affumicato del Nord Italia, sono quasi introvabili. La sua produzione è limitata a pochi artigiani, e la razza bovina Oropa, da cui si ricava il latte, è anch’essa in pericolo di estinzione. Altri formaggi, come il Nisso, prodotto in alcune regioni del Nord Italia (vedi l’Emilia-Romagna), hanno spesso scatenato un dibattito sul livello di sicurezza. Questo formaggio di latte misto di vacca (talvolta anche di pecora) è noto per l’utilizzo delle larve delle mosche che depongono le loro uova nella pasta, un processo che lo rende cremoso ma che ha portato alla sua scomparsa, anche a causa dei divieti sanitari.
Simile è il discorso del Casu Marzu sardo, afflitto anche da problemi di “pirateria” e sottoposto a tutela da parte della regione in quanto prodotto identitario (ve ne parliamo qui), fino a richiedere all’UE il riconoscimento DOP. Tornando al Nisso, viene definito “formaggio che salta o che brucia”, come racconta l’Arca del Gusto Slow Food., e la versione tradizionale è perlopiù realizzata per l’autoconsumo, non essendo possibile venderlo. Si trova invece in commercio, se volete assaggiarlo, un Nisso con microorganismi inoculati al posto delle larve, per conferire piccantezza senza incorrere in eventuali rischi igienici e per la salute dei consumatori.
La sfida di preservare le tradizioni gastronomiche
In un mondo che cambia velocemente, la sfida di preservare le tradizioni gastronomiche e i piatti che rischiano di scomparire è più urgente che mai. Le abitudini alimentari si evolvono, ma non dobbiamo dimenticare il valore delle cucine tradizionali. Riscoprire e difendere i piatti rari e quasi dimenticati non è solo un atto di amore per la cultura, ma anche un modo per tutelare la biodiversità alimentare e promuovere la sostenibilità. La domanda resta: siamo pronti a sacrificare la nostra fame per preservare ciò che è raro, o rischieremo di perdere questi tesori per sempre?
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