così il clan fra Giardini e Catania estorceva denaro e spacciava la droga

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito


Uso della violenza per estorcere il denaro, necessità di raccogliere quanti più clienti possibili e i soldi “tutti e subito”, ma anche preoccupazione per le restrizioni dovute alla pandemia da covd-19 e per i posti di blocco lungo strade e autostrade in numero significativo. L’indagine svolte dagli uffici giudiziari di Catania e di Messina, sotto la supervisione della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, che ha portato all’arresto di 39 persone riuscendo a sgominare il clan “Cappello-Cintorino” tracciano il quadro di un gruppo spregiudicato e violento che, sotto la guida di Riccardo Pedicone, deteneva il controllo della droga fra Catania e Giardini Naxos e nei comuni limitrofi. 

Le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Carmelo Porto e Carmelo Lisistro, le intercettazioni ambientali e sulle auto utilizzate per fare le consegne, hanno consentito di ricostruire il ruolo di ogni membro del gruppo gestito da Pedicone, secondo quanto emerge dalle oltre 350 pagine di ordinanza con cui gli inquirenti hanno ricostruito i fatti e il sodalizio mafioso. Quest’ultimo, appartenente al clan Cappello-Cintorino, era stato “investito” del compito di occuparsi dello spaccio e delle estorsioni lungo la fascia jonica facendo base a Giardini Naxos, prima come subordinato rispetto a Mario Pace,  attraverso la gestione delle attività illecite fra Giardini a Castiglione, Graniti, Gaggi e in tutta la zona della valle dell’Alcantara dove, secondo quanto raccontato dai collaboratori di giustizia, deteneve anche armi. 

Con l’arresto anche di Gaetano Di Bella il quadro cambia e diventa proprio Pedicone il capo incontrastato allargando le sue competenze fino a Riposto, Fiumefreddo, Calatabiano, Taormina e comuni piccoli limitrofi oltre ad alcune piazze di Catania. Un equilibrio, questo, che garantiva una copertura economica che poco veniva apprezzata dal clan Santapaola e Laudani, interessati quanto i Cappello-Cintorino a mettere le mani soprattutto sulla zona jonica dove nel 2020 il vuoto di potere ha consentito proprio a Pedicone di imporsi con la violenza. 

Ed è proprio con spregiudicatezza e disprezzo per il prossimo che si articola l’attività dei compagni e dei sottoposti del capo. Nicola Russo e Renato Alfonso, gestivano le piazze di spaccio del Catanese, Vincenzo Ronsisvalle e Salvatore Ferrara spesso trasportavano la droga da Catania a Giardini e si occupavano della riscossione del denaro, Matteo Crimi e Fortunato Mario, erano specializzati nell’attività illecita per la zona jonica, Rosalinda Mirabile e Annamaria Sicali, compagne di Russo e Pedicone. Ruoli stabili e strutturati attraverso cui si coglie quanto il meccanismo fosse rodato e consolidato. 

Minacce, percosse, spesso vere e proprie violenze fisiche erano la modalità abituali con cui il clan di Pedicone otteneva quello che voleva. E non risparmiavano soprattutto i sottoposti e i pusher a loro affiliati quando questi mancavano di rendere le somme dovute nei tempi e nelle modalità giuste. Eclatante il caso dell’estorsione a Manuel Leo, avvenuta a Giardini Naxos tra gennaio e aprile del 2022 che doveva restiture circa 1800 euro a Pedicone, e che è stato avvicinato ogni giorno da Carmelo Le Mura e Letterio Ciprone, che non avevano difficoltà anche a mettere in mezzo i genitori del ragazzo debitore pur di ottenere il riscatto economico dovuto. 

“A me prende a male che dobbiamo andare, tanto per dire, da tua mamma o da tuo papà – si legge in una intercettazione – Loro si devono preoccupare per lo scemo che sei? Se tu sgarri un giorno vengo a prenderti ti porto in ospedale diciamo che è stato un incidente. Quanto prendiamo? 800 euro di assicurazione? Tuo padre è un signore si sta levando i soldi per pagare i tuoi debiti. Ci devi dare i soldi, perché vengo a casa e te le dò con il martello in testa”. 

I proventi, fra spaccio, usura ed estorsione sono da capogiro. 25 grammi di cocaina arrivavano a fruttare anche 1500 euro. 35 grammi anche 1650 euro. In un paio di occasione dallo spaccio sono stati incassati fino a 8 mila euro. E spesso dalle intercettazione emergeva anche il dispiacere per non riuscire ad allargare la piazza a Messina, interessata da controlli ancor più stringenti, proprio a causa dell’emergenza pandemica. 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link