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Decreto Omnibus e CSRD: cosa cambia per le imprese europee?
11/03/2025
1. La proposta della Commissione
La Commissione della Comunità Europea ha recentemente emesso una proposta di revisione delle direttive europee in materia di Sostenibilità, per semplificare e ridurre gli oneri a carico delle imprese, nel rispetto comunque degli obiettivi del Green Deal europeo.
La modifica riguarda in particolare la Direttiva CSRD sulla Rendicontazione di sostenibilità, già recepita in Italia dal D. Lgs. 6 settembre 2024, n. 125 e la Direttiva CSDDD – Corporate Sustainability Due Diligence Directive, a riguardo del controllo delle catene di fornitura.
I principali elementi di novità sono così sintetizzabili:
- L’obbligo di redigere il Report di sostenibilità secondo gli ESRS EFRAG si applicherà solo alle grandi imprese con più di 1.000 dipendenti e con un fatturato superiore a 50 milioni di euro o un attivo di bilancio superiore a 25 milioni di euro. Viene di fatto istituita una nuova categoria di “Grande impresa”, diversa dagli standard normativi UE, funzionale unicamente a questa direttiva;
- Il limite temporale per la applicazione della direttiva per questa tipologia di grandi imprese viene spostato di due anni, cioè a far tempo dall’esercizio 2027;
- La Commissione ha definito un periodo massimo di sei mesi per la revisione degli ESRS EFRAG, per eliminare gli standard settoriali e semplificare anche il numero e la tipologia dei requisiti di rendicontazione, ivi compresi i c.d. “data points”;
- Riducendo il numero delle aziende soggette all’obbligo, la Commissione ha però inteso rafforzare lo strumento dello standard volontario VSME – Voluntary Standard for Small and Medium Sized Enterprises – che sarà oggetto di un prossimo Atto Delegato: il VSME diventerà quindi lo standard per la fornitura di dati ESG alle Grandi Imprese come sopra definite. Obiettivo di questa proposta della Commissione è quindi quello di fornire alle PMI uno strumento semplice e riconosciuto per comunicare informazioni di sostenibilità a banche, grandi aziende e altri stakeholder che potrebbero richiederle, evitando che le stesse siano costrette a fornire dati eccessivi alle aziende più grandi nella loro catena del valore (effetto c.d. trickle down);
- La proposta introduce inoltre a riguardo della Tassonomia Europea un regime “opt-in” in base al quale:
- le Grandi imprese con più di 1.000 dipendenti e un fatturato netto non superiore a 450 milioni di euro che dichiarano che le loro attività sono allineate o parzialmente allineate con la tassonomia UE dovranno divulgare il loro fatturato e i KPI CapEx e potranno scegliere se divulgare il loro KPI OpEx;
- L’approccio “opt-in” permette di eliminare l’obbligo di rendicontazione a riguardo della Tassonomia per le Grandi imprese con più di 1.000 dipendenti e un fatturato netto non superiore a 450 milioni di euro che non dichiarano che le loro attività sono associate ad attività economiche che si qualificano come sostenibili dal punto di vista ambientale ai sensi del regolamento sulla Tassonomia;
- Inoltre la proposta della Commissione consentirà a queste imprese di rendicontare le attività che soddisfano determinati criteri di “vaglio tecnico” della tassonomia senza dichiarare l’allineamento, favorendo una graduale transizione ambientale delle attività nel tempo.
La proposta della Commissione inoltre, mantenendone fermi i principi generali, ha individuato alcuni punti di semplificazione dei requisiti della CSDDD, che sarà applicabile ai soli fornitori diretti, con una revisione del quadro sanzionatorio. Ricordiamo che questa normativa avrà applicazione, salvo ulteriori modifiche in sede di approvazione da parte del Parlamento Europeo, nel triennio 2028-2030 per questa tipologia di aziende:
- 2028 per le aziende con oltre 5.000 dipendenti e 1.500 milioni di euro di fatturato
- 2029 per le aziende con più di 3.000 dipendenti e 900 milioni di euro di fatturato;
- 2030 tutte le altre aziende che rientrano nell’ambito della direttiva, ovvero più di 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di fatturato.
La direttiva avrà a nostro avviso un profondo impatto sulle catene di fornitura, con necessità comunque di presentare ai committenti un set di dati ed informazioni in materia di sostenibilità, con un orientamento del legislatore europeo a favore dello standard VSME.
2. Iter legislativo e prossimi passi
Va innanzitutto evidenziato che quella della Commissione è una proposta che dovrà passare al vaglio del Parlamento Europeo, e a giudicare dalle notizie di stampa si prevede un forte dibattito che potrebbe ulteriormente modificare il quadro normativo: in ogni caso l’approvazione da parte del Parlamento Europeo non potrà arrivare prima di agosto 2025, e lo Stato Italiano dovrà poi recepire la variazione della Direttiva abrogando il D. Lgs. 6 settembre 2024, n. 125 attualmente vigente.
Si tratta di una situazione ovviamente complessa, che avrà un forte impatto sui progetti già avviati dalle aziende italiane, a fronte del primo obbligo di rendicontazione originariamente previsto per l’esercizio 2025.
Il nostro suggerimento in questo caso è quello di non interrompere i progetti e le attività finalizzate alla rendicontazione ESG, concentrandosi sugli aspetti “core” che possono essere così evidenziati:
- Applicazione del principio di “doppia materialità” per la identificazione dei temi di necessaria rendicontazione;
- Utilizzo dei GRI Index come riferimento primario per la modellazione della rendicontazione quali-quantitativa, in attesa della evoluzione degli ESRS EFRAG;
- Utilizzo in prospettiva, per tutte le aziende non soggette all’obbligo CSRD e inserite in catene di fornitura B2B, dello standard VSME che sarà emesso con Atto Delegato della Commissione.
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