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CILAS inefficace? Può il Comune dichiararla
tale senza limiti di tempo? E quali sono le
conseguenze per i lavori e per il Superbonus?
Torniamo a parlare di Superbonus con
un’importante pronuncia del Consiglio di Stato
resa in merito alla dichiarazione di inefficacia,
irricevibilità o improcedibilità della Comunicazione di
Inizio Lavori Asseverata (la CILA) e
della sua versione specifica per il Superbonus (la
CILAS), prevista dall’art. 119 del D.L. n.
34/2020. (Decreto Rilancio).
Un tema molto delicato, perché una
eventuale dichiarazione di inefficacia,
irricevibilità o improcedibilità, della CILAS porterebbe il
contribuente alla decadenza dell’agevolazione
fiscale, in applicazione dell’art. 119, comma 13-ter, lettera a)
(mancata presentazione della CILA), del Decreto Rilancio.
CILAS e dichiarazione di inefficacia: le pronunce del TAR
Negli ultimi anni, diversi giudici amministrativi di primo grado
si sono espressi su questa problematica. Tra le principali sentenze
in materia ricordiamo:
Sul tema, ho avuto modo di scrivere diversi approfondimenti, tra
cui l’articolo “Superbonus
110%: cosa accade in caso di inefficacia della CILAS?”, a cui
si aggiunge il brillante contributo dell’Arch. Romolo Balasso
“Superbonus
110% e CILAS: il rischio di perdere l’incentivo fiscale”, che
considero un punto di riferimento sulla materia urbanistica.
CILAS e dichiarazione di inefficacia: la sentenza del Consiglio
di Stato
Sull’argomento è recentemente intervenuto il Consiglio di Stato
con la sentenza n. 1651 del 25
febbraio 2025 che segna un passaggio fondamentale
nel dibattito giurisprudenziale. Il giudice amministrativo ha
ribaltato la pronuncia del TAR,
sancendo l’illegittimità della dichiarazione di
inefficacia della CILAS disposta dal Comune, e fissando un
principio chiave per il settore edilizio.
Nel caso in esame, l’amministrazione comunale aveva dichiarato
inefficace una CILAS presentata nel dicembre 2021,
comunicandolo solo nel marzo 2024. Un provvedimento
adottato ben oltre i termini previsti per l’esercizio
del controllo amministrativo. I ricorrenti avevano
impugnato la decisione dinanzi al TAR, che tuttavia aveva
dichiarato inammissibile il ricorso,
sostenendo che la dichiarazione di inefficacia non
fosse un vero e proprio atto provvedimentale e,
quindi, non impugnabile.
L’orientamento del Consiglio di Stato
Diversamente dal TAR, il Consiglio di
Stato ha affermato che la dichiarazione di
inefficacia è impugnabile, perché incide
direttamente sui diritti del privato,
impedendogli di proseguire i lavori e accedere al
Superbonus. Non può essere considerata una
semplice comunicazione: ha effetti lesivi concreti e, come
tale, deve rispettare i termini di legge e il principio del
legittimo affidamento.
Il Consiglio di Stato si è soffermato su un punto
chiave: la CILA non è un’autorizzazione
edilizia, ma uno strumento di
semplificazione, introdotto per evitare il preventivo
controllo dell’amministrazione. A differenza della
SCIA, non può essere annullata o inibita dal
Comune, che può solo prenderne atto e
sanzionare eventuali illeciti ex post.
Nel tempo, la giurisprudenza ha delineato due approcci:
- un primo orientamento, secondo cui la CILA,
pur senza controllo preventivo, non esclude eventuali
sanzioni edilizie in caso di violazioni; - un secondo orientamento, più rigoroso, che
evidenzia come il Comune non possa bloccare la
CILA, ma solo verificare la regolarità
dell’intervento successivamente.
La riforma del D.Lgs. n. 222/2016 ha
reso la CILA il titolo edilizio “residuale”,
applicabile quando non è necessaria né la SCIA né il permesso di
costruire. Un cambiamento che ha aumentato
l’incertezza per i privati, esponendoli a rischi di
interpretazioni discordanti.
Il Consiglio di Stato ha quindi stabilito un principio
chiave: le dichiarazioni di inefficacia della CILA
sono impugnabili. Anche se non sono provvedimenti in senso
stretto, producono effetti
concreti e impediscono la prosecuzione
dei lavori.
Nel caso specifico, il Consiglio ha accolto l’appello e
annullato il provvedimento del Comune, ribadendo
che senza un chiaro potere normativo, le
amministrazioni locali non possono dichiarare inefficace la
CILA.
L’importanza del soccorso istruttorio
Un altro punto fondamentale della sentenza riguarda
il soccorso istruttorio, un principio su cui
mi ero già espresso nell’articolo “CILA
ordinaria e CILAS (superbonus): niente inefficacia, irricevibilità
o improcedibilità”. Il Consiglio di Stato ha sottolineato che,
in caso di irregolarità formali o carenze
documentali, il
Comune deve attivare un contraddittorio
con il privato, prima di adottare provvedimenti
lesivi.
Ne caso di specie, l’amministrazione avrebbe dovuto
concedere ai ricorrenti la possibilità di sanare eventuali
errori, anziché dichiarare
automaticamente inefficace la CILAS.
L’assenza di tale fase procedurale ha reso illegittima la decisione
del Comune, che avrebbe dovuto concedere ai ricorrenti la
possibilità di sanare eventuali difformità prima di dichiarare
inefficace la CILAS.
Le implicazioni per professionisti e committenti
La decisione del Consiglio di Stato assume un valore
determinante negli interventi edilizi legati al Superbonus,
stabilendo che:
- le dichiarazioni di inefficacia della CILAS sono
impugnabili proprio perché incidono sulla posizione
giuridica del privato; - l’amministrazione non può dichiarare inefficace
una CILAS senza rispettare i termini per il
controllo; - il principio del soccorso istruttorio deve essere
sempre rispettato, evitando provvedimenti immediatamente
lesivi senza preventiva interlocuzione con il soggetto
interessato.
Principi che rafforzano la tutela dei soggetti privati nei
confronti di decisioni amministrative che potrebbero compromettere
il buon esito degli interventi edilizi e l’accesso alle
agevolazioni fiscali e che, ancora una volta, si ispirano
(soprattutto l’ultimo) sulla leale collaborazione tra P.A. e
privato.
CILAS e abusi edilizi
Diverso è il caso in cui la CILAS venga presentata
per un immobile privo dello stato legittimo. Su questo
aspetto, vale la pena ricordare alcune pronunce:
Conclusioni
Questa pronuncia del Consiglio di
Stato contribuisce a fare chiarezza su un tema
spinoso, bloccando provvedimenti comunali che, pur non
essendo veri e propri atti provvedimentali,
possono avere conseguenze gravissime.
Resta ora da vedere se questa sentenza riuscirà
a uniformare l’orientamento delle amministrazioni
locali, spesso divergente. La speranza è che possa porre
fine a interpretazioni discrezionali che creano
incertezza per cittadini e professionisti.
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