Altro scandalo al Parlamento Ue, soldi e biglietti dello stadio a 15 europarlamentari. La regia di un italiano: arrestati lobbisti di Huawei in Belgio

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Secondo la procura federale belga, al centro dell’indagine ci sarebbe l’ex assistente italiano Valerio Ottati. Le accuse vanno da corruzione a riciclaggio fino a falsificazione, secondo Le Soir

Offrivano migliaia di euro, cellulari, biglietti esclusivi per partite dell’Anderlecht e altri vantaggi ad almeno 15 deputati – passati e attuali – del Parlamento europeo in cambio di una promozione nell’emiciclo di Bruxelles degli interessi di Huawei. Al centro del caso, secondo Le Soir, ci sarebbe Valerio Ottati, 41enne dirigente dell’azienda che in passato avrebbe lavorato per 10 anni come assistente di almeno due eurodeputati italiani, uno dei socialisti (S&D) e uno del Partito popolare europeo (Ppe). All’alba di oggi, giovedì 13 marzo, una retata della polizia belga ha portato all’arresto di una serie di lobbisti legati al colosso cinese, che si sospetta abbiano interferito con le operazioni dell’Europarlamento. Le accuse a loro carico vanno dalla corruzione, al riciclaggio di denaro fino alla falsificazione. Le operazioni, condotte a Bruxelles ma anche in Vallonia, nelle Fiandre e in Portogallo, sono state condotte in concomitanza a 21 perquisizioni. Due anni dopo lo scoppio del cosiddetto Qatar-gate, il Parlamento europeo è investito da un nuovo scandalo di corruzione e interferenza internazionale.

Il ruolo di Ottati: migliaia di euro tramite il Portogallo e biglietti dello stadio

Il ruolo di Ottati all’interno della rete tra Huawei e Parlamento Ue è ancora da chiarire.
Il 41enne belga-italiano, originario del comune di Woluwe-Saint-Pierre nella regione di Bruxelles-Capitale, sarebbe entrato a far parte di Huawei nel 2019. Proprio il momento in cui il colosso stava intensificando la sua attività di lobbying in risposta alle pressioni degli Stati Uniti perché l’Europa abbandonasse le apparecchiature cinesi per il 5G. Stando al quotidiano belga Le Soir, il 41enne «avrebbe assunto conoscenze» e si sarebbe occupato di «organizzare molti incontri con i deputati» e «invitare le persone agli eventi», che Huawei avrebbe finanziati per quasi 2 milioni di euro. Questa posizione “organizzativa” sarebbe solo una parte del suo compito, una facciata «legale» a operazioni di corruzione portate che avrebbe portato avanti tramite complici. In particolare, merce di scambio erano oggetti di valore (tra cui cellulari della marca Huawei), biglietti per partite di calcio (soprattutto per lo stadio dell’Anderlecht, dove l’azienda cinese ha una tribuna privata), spese di vitto e alloggio e trasferimenti di migliaia di euro. Questi ultimi, iniziati nel 2021, avvenivano attraverso una lunga serie di intermediari a partire da una società portoghese, anch’essa perquisita.

Le indagini, gli arresti e la posizione di Huawei in Europa

La maxi-operazione, ordinata dalla procura federale e dal giudice, è scattata alle prime ore della mattina di giovedì 11 marzo. Perquisizioni e fermi a danno di una serie di lobbisti e dipendenti della multinazionale cinese Huawei. Lo schema operativo, secondo gli inquirenti, sarebbe identico a quello dello scandalo di due anni fa: promesse di vantaggi i cambio di un’intercessione, da parte dei parlamentari, in favore degli interessi commerciali dell’azienda in Europa. Oggetto della strategia del colosso cinese sarebbero state varie persone «influenti» all’interno del Parlamento europeo, su tutti eurodeputati e assistenti. Huawei al momento risulta regolarmente iscritta al Registro per la trasparenza dell’Unione europea, dove sono inserite tutte le aziende che partecipano dietro le quinte ai lavori di Bruxelles. Secondo il codice di condotta dei deputati al Parlamento Ue, qualsiasi regalo fatto da terzi di valore superiore a 150 euro deve essere dichiarato e inserito pubblicamente nel registro dei regali.

I sospetti su Huawei e i legami con Pechino

La presenza di Huawei nel mercato europeo, e in generale occidentale, ha destato più di un sospetto. Non solo all’interno dell’Unione europea, con la Commissione che ha già espresso le sue perplessità, ma anche nella Casa Bianca. L’azienda è ritenuta produttrice di apparecchiature ad alto rischio, dato che sarebbe strettamente intrecciata e connessa con il governo di Pechino. L’utilizzo di sue componenti in Europa, dunque, esporrebbe le infrastrutture alla minaccia di spionaggio, accusa negata con forza da Huawei. Gli inquirenti, dunque, stanno tentando di capire se gli sforzi dei lobbisti cinesi abbiano travalicato il limite della legalità – sfociando in corruzione. E se dietro a questi sforzi presunti illegali ci sia la mano dello Stato cinese, che tenta da lontano di influenzare le decisioni europee sul tech. Il Parlamento Ue si è detto disposto a «collaborare sempre e pienamente con le autorità giudiziarie».



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