Abita in Valtellina il poliziotto dell’ufficio immigrazione arrestato a Lecco per corruzione

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Un’indagine, quella della Squadra Mobile di Lecco, che fa rumore anche in Valtellina perché il poliziotto arrestato l’altro giorno nel capoluogo lecchese con la pesante accusa di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio risiede nel piccolo borgo montano di Tartano, la località conosciuta in tutt’Italia per il ponte tibetano dei record meta di migliaia di turisti, dove alle elezioni comunali di tre anni fa si era candidato a sindaco alla guida di una lista civica e lui raccolse un pugno di voti (lo schieramento “Nuova Tartano” ne raccolse 14) che lo hanno relegato sui banchi della minoranza. E, in politica, tuttavia, sgomitava cercando consensi e amicizie influenti fuori provincia nella destra in forte ascesa. Intanto in paese faceva il bacchettatore di chi stava finendo il mandato e di chi poi arrivò alla guida del Municipio.

Secondo l’inchiesta della Procura manzoniana il poliziotto, Giuseppe Vitale, 48 anni, di Nocera Inferiore (Salerno), laurea magistrale – in passato in servizio alla questura di Sondrio, dove venne prima sospeso e poi trasferito a quella confinante sul lago perché finito in altri guai con la giustizia stavolta valtellinese dai quali ne uscì assolto – avrebbe approfittato del suo ruolo, all’interno dell’ufficio Immigrazione, per estorcere denaro agli stranieri in attesa di regolare la loro posizione sul territorio nazionale.

L’agente – l’udienza di convalida del fermo da parte del gip si terrà nelle prossime ore al Palazzo di Giustizia di Lecco – avrebbe chiesto agli immigrati somme di denaro variabili, in alcune occasioni di rilevante entità, sino ad alcune migliaia di euro, per agevolare le pratiche relative alle richieste di soggiorno e cittadinanza. La legge, in realtà, non contempla alcuna possibilità di corsia preferenziale, ma i pagamenti erogati sarebbero serviti a garantire che la suddetta pratica non subisse ostacoli o forti rallentamenti nell’essere valutata e accolta. I detective della Mobile gli hanno perquisito il suo ufficio di lavoro, trovando e sequestrando una somma di oltre 40mila euro in contanti, mentre altri 2500 euro sono stati rinvenuti nascosti nella sua auto privata e nell’abitazione di Tartano anch’essa passata al setaccio.

Il blitz di mercoledì, inoltre, ha portato al sequestro di un’agenzia privata che forniva assistenza agli stranieri per l’espletamento delle pratiche amministrative. Gli investigatori, al lavoro su questo fronte da diversi mesi, sono convinti che questa società faccia parte dello stesso sistema illegale e che provvedeva a indirizzare i migranti verso il poliziotto che si sospetta fortemente essere stato corrotto.

Tra i sequestri effettuati nelle ultime ore ci sono una copiosa documentazione cartacea e supporti informatici che saranno attentamente analizzati, in quanto si teme che il poliziotto possa avere contato sull’appoggio anche di altre persone.

L’agente Vitale, in passato candidatosi per la carica di primo cittadino senza successo pure in un altro paese valtellinese, ossia Forcola, a Sondrio era stato indagato dall’allora procuratore Fabio Napoleone per la produzione e gestione di traffico di immagini e filmini hard: i clienti venivano contattati in chat e pagavano foto, video e videochiamate. Un procedimento penale per il quale i vertici della questura sondriese di quegli anni chiesero e ottennero la sospensione dal servizio. Difeso dall’esperto penalista Giuseppe Romualdi ne uscì assolto. E in seguito la Cassazione accolse il ricorso del poliziotto, al quale la Procura aveva sequestrato alcuni conti correnti e diversi telefonini ritenendo che agevolasse la prostituzione della donna ripresa nei video e nelle foto piccanti. Ma i vertici della questura sondriese ne chiesero l’immediato trasferimento per incompatibilità ambientale.

I giudici della Suprema Corte stabilirono che non ci fu nulla di penalmente rilevante in quanto il poliziotto e la donna agivano in un’attività svolta di “comune accordo”, con “comune intraprendenza”, seppure l’azione di ricerca della clientela fosse svolta dallo stesso Vitale che aveva spinto i compratori a chattare per chiedere la merce in vendita. “Si tratta di un’attività – scrissero gli ermellini – che la donna svolgeva in assoluta libertà, non essendo emersa alcuna prova di coartazione”.

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