Papa Francesco: chi sono i cardinali che spingono per le dimissioni e quelli che si oppongono – Torino Cronaca

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Prima ancora di individuare i papabili e chi potrebbe sostituire Francesco, i cardinali si dividono tra chi spinge o considera possibili le dimissioni e chi, invece si oppone. Sono due schieramenti trasversali, tra progressisti e conservatori, che contribuiscono a frastagliare ulteriormente il  Collegio dei porporati. Intanto le condizioni di papa Francesco appaiono stazionarie “ma non è questo il problema – spiegano fonti vaticane -. La domanda è se il Santo Padre sia in grado o meno di far fronte ai suoi impegni, al suo mandato”. Chi, più di ogni altro, sostiene che Francesco debba rimanere al suo posto è il cardinale argentino Victor Manuel Fernandez, prefetto dell’ex Santo Uffizio, il porporato di Curia più vicino a Jorge Mario Bergoglio. “Non vale la pena che alcuni gruppi premano per le dimissioni – ha detto Fermandez -. Lo hanno già fatto diverse volte negli ultimi anni e questa non può che essere una decisione “completamente libera” del Santo Padre, affinché possa essere valida”.

Il codice di diritto canonico, in effetti, prevede che la rinuncia del Romano Pontefice, per essere valida, deve essere “fatta liberamente”. Per Fernandez, “è importante che il corpo del Papa abbia risposto bene al trattamento attuale. I segnali di questa reazione positiva sono oggettivi: non solo ciò che si può osservare nell’aspetto, ma soprattutto i risultati degli esami scientifici quotidiani”. Non solo: “Non vedo un’atmosfera da pre-conclave, non vedo più conversazioni su un possibile successore rispetto a un anno fa, cioè niente di speciale. Finora ho sentito parecchio rispetto» per Francesco”. Ma non è passata inosservata, nei giorni scorsi, la visita al Gemelli dei cardinali Pietro Parolin, Segretario di Stato, Gianfranco Ghirlanda, canonista gesuita di fiducia di Francesco, per parlare di rinuncia e regole del Conclave: un incontro che la sala stampa della Santa Sede, però, ha formalmente smentito. Certo è che Parolin è tornato al Policlinico solo domenica scorsa, ma per questioni di governo della Chiesa. Ma quali sarebbero queste questioni se da alcuni giorni il bollettino quotidiano della Sala Stampa non riorta alcun intervento di governo del Pontefice?

Che si valuti la possibiità imminente di una rinuncia, ma dopo giovedì 12 marzo, anniversario (il 12°) dell’elezione di Papa Francesco al soglio di Pietro, è fuori discussione. A parlare apertamente di questa eventualità sono stati altri cardinali: l’italiano Gianfranco Ravasi parlando apertamente di questa possibilità, “nel caso in cui il Papa si trovasse impedito in particolare nei contatti frequenti con i fedeli”, il Pontefice argentino si dimetterebbe; con Ravasi altri due esponenti di primo piano del consesso dei porporati:i cardinali Jean-Marc Aveline di Marsiglia e Juan José Omella Omella di Barcellona, per loro, a questo punto, “tutto è possibile”. Per il cardinale Marc Ouellet, prefetto emerito del dicastero dei Vescovi, Francesco “è un uomo molto determinato, molto consacrato al suo ministero, ma è anche imprevedibile” e la famosa lettera di dimissioni preventiva firmata da Francesco a inizio pontificato e consegnata all’allora Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, “è una cosa prudenziale”, ha notato Ouellet.

Ma “anche se non può lavorare con intensità, la Chiesa può aspettare un po’”. Da capire se “aspettare un po’” sia un fatto di giorni, settimane o di mesi. Bruno Forte, il vescovo di Vasto e amico personale di Francesco, ha dichiarato: “Papa Francesco ha sempre detto di volere andare avanti nel suo ministero finché Dio gli darà la forza. Siccome questa malattia non lo ha assolutamente invalidato e sta addirittura migliorando, io non vedo la necessità di parlare di dimissioni”. Francersco ha parlato innumerevoli volte della possibilità ddi rinunciare. Bergoglio ha pure spiegato che, se si dimettesse, seguirebbe criteri diversi da Benedetto XVI: si farebbe chiamare “vescovo di Roma emerito” e non Papa emerito, non indosserebbe la talare bianca e non vivrebbe in Vaticano, forse tornerebbe in Argentina o rimarrebbe a Roma per ritirarsi, forse, in San Giovanni in Laterano.



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