Effettua la tua ricerca
More results...
di Lucio Leante
Una certa sinistra radicale italiana ha sempre avuto bisogno di una stella polare esterna. Dopo la fine della guerra fredda e la caduta della stella di Mosca, ha trovato il suo orientamento nella sinistra dem americana che ha sempre orientato le istituzioni e le politiche dell’Unione europea di Bruxelles. Per un lungo periodo la sinistra italiana ha avuto due stelle, molto vicine tra loro: Washington e Bruxelles. Offuscatasi, con la sconfitta di Joe Biden nel novembre del 2004, la stella dem americana, la sinistra italiana, si era concentrata soprattutto sulla stella europea e in particolare sulla presidente della Commissione dell’UE, Ursula von der Leyen.
Quest’ultima ha tutte le carte in regola per rappresentare il trait d’union tra la sinistra democratica americana e gli ambienti di sinistra italiana: sulla guerra russo-ucraina è stata sempre fedele a verbo bideniano ((guerra dura fino alla sconfitta militare della Russia e cioè fino all’ultimo ucraino), non ha mai contrastato ed anzi ha favorito l’immigrazione illegale in Europa, ha promosso la cultura woke delle lobby LGBTQ+ ed è stata la sponsor più decisa (insieme al socialista Frans Timmermans) della transizione green in Europa. Ursula, anche se brillava di luce riflessa, era destinata ad essere la stella polare della sinistra nel pieno della notte tempestosa, destinata a durare almeno un quadriennio, e cioè finché dura l’uragano Trump.
Anche sul piano ideologico la religione dell’europeismo federalista, cioè del superstato unico europeo rappresenta un degno sostituto ideale del “sol dell’avvenire” comunista di una volta. Per anni la sinistra italiana ha sventolato le bandiere dell’Europa e ha ripetuti “ce lo chiede l’Europa”.
Senonché proprio Ursula è stata protagonista di recente di una mossa imprevista che ha spiazzato la sinistra italiana. Si è fatta sponsor di un massiccio e urgente riarmo dell’Europa il progetto Rearm Europe) per 800 miliardi in nuove armi che imbarazza fortemente la sinistra italiana, tradizionalmente avversa alle spese militari. Per l’Italia si tratterebbe di raddoppiare la sua spesa per la difesa che attualmente è di circa 30 miliardi di euro.
Il piano di Ursula ha una sua logica coerente, anche se basata su due premesse false, due vere fake news. La logica è la seguente: se è vero – come tutti dicono- che esiste una minaccia russa vero l’Europa e se è vero – come tutti ripetono- che il nuovo presidente USA Donald Trump ha praticamente gia deciso il “disimpegno” degli USA dalla Nato, noi europei dobbiamo per l’immediato continuare a difendere ad oltranza l’Ucraina, sostiturndoci anche agli americani e, per il futuro prossimo, cominciare a costruire una difesa europea (e forse anche un esercito europeo, l’alternativa viene lasciata inespressa).
Il ragionamento apparentemente non fa una grinza. Peccato che sia fondato su due premesse del tutto infondate (la minaccia russa e il disimpegno di Trump dalla Nato). Tuttavia, queste premesse erronee sono diffuse soprattutto dai leader e dai commentatori di sinistra (tra cui Paolo Mieli, Ezio Mauro e tanti altri).
Alle spese citate dal piano di Ursula (avallato con probabili riserve mentali) da tutti i 27 paesi dell’UE) che già sono tali da fare tremare i bilanci nazionali devono aggiungersi quelle spaventose relative alla dotazione di armi nucleari a cui si aggiungerebbero quelle dei missili e, soprattutto a quelle (gigantesche) per il loro mantenimento in stato operativo: una spesa davvero insostenibile. Il progetto Ursula non ne parla e si capisce bene perché. Ma la cosa non sfugge a chi ci ragiona. Se gli europei devono provvedere da loro stessi alla propria sicurezza e difesa devono provvedersi anche di un ombrello nucleare sostitutivo di quello americano che, secondo gli esponenti della sinistra- starebbe ineluttabilmente per venire meno insieme a quello convenzionale.
I leader della sinistra italiana si devono essere detti: “Noi dovremmo avallare spese così ingenti per le armi? E tagli ulteriori alle spese per sanità e istruzione? Dovremmo rinnegare la nostra tradizionale avversione alle armi, specie se nucleari, per seguire Ursula? Scherziamo? Non se ne parla nemmeno!”.
Lo dimostra la contorta vicenda della manifestazione di sabato prossimo a Roma “una piazza per l’Europa”.
Inizialmente convocata dalla sinistra dei salotti buoni, nella specie dal giornale La Repubblica, come manifestazione bellicista e riarmista in nome dell’Europa, dopo il fulmine del progetto di riarmo di Ursula, è diventata una manifestazione in cui le maggiori forze della sinistra, il PD e la CGIL, sfileranno contro il riarmo di Ursula e, quindi allo stesso tempo “per l’Europa”, ma “contro l’Europa del riarmo”, quella di Ursula, la cui stella sembra alquanto offuscata.
Schlein e Landini in sostanza sono d’accordo sulle premesse della manifestazione e cioé che ci sia una minaccia russa incombente e che la Nato sia ormai in disarmo, ma si rifiutano di trarre la logica conseguenza del riarmo. Vogliono il divorzio con gli americani di Trump, vogliono la totale autonomia dell’Europa, ma non vogliono fare fronte alle sue conseguenze finanziarie e politiche.
Intendiamoci, secondo noi, quel progetto riarmista è un progetto avventurista, basato su quelle due premesse infondate che sono anche due fake news, ma Schlein e Landini sono indubitabilmente incoerenti con le loro premesse.
Sembrano destinati restare minoritari nella manifestazione di sabato proprio gli organizzatori originari, la sinistra radical chic del giornale La Repubblica (e del Corriere della sera) e dei giornalisti e conduttori televisivi “con l’elmetto”, i centristi di Calenda e gli euro-federalisti di +Europa.
Essi hanno accolto con soddisfazione il piano di riarmo, sperando che gli europei si procurino in fretta i mezzi per sostituire gli americani per una continuazione della difesa dell’Ucraina, guerra di principio e per procura alla Russia ed al nuovo Hitler Putin (fino all’ultimo ucraino).
È una sinistra che continua a non voler prendere atto della realtà e a contrapporvisi declamando grandi principi ideali (il diritto internazionale violato dalla Russia, l’integrità territoriale dell’Ucraina, la “pace giusta”, “non darla vinta” al dittatore ed invasore Putin, l’Ucraina nella Nato e nell’UE, eccetera). Tuttavia, essi sono coerenti nella loro follia riarmista e bellicista. In questa follia c’è una logica, quella dell’euro-federalismo.
Se l’Europa deve dotarsi di una difesa completamente autonoma e quindi anche di armi nucleari, poiché il bottone nucleare può ammettere solo una chiave che ne autorizzi il lancio, essa deve avere un comando unico, un esercito unico e, quindi uno Stato unico europeo. Ecco che risorge il mito degli Stati Uniti d’Europa.
È questo il mito che unifica riarmisti e anti riarmisti e che spiega il vero senso dello slogan “per l’Europa”. È il mitico federalismo europeo o euro-federalismo. Un mito novecentesco che non ha alcuna possibilità di realizzarsi, ma che è diffuso tra gli intellettuali e giornalisti italiani ed europei.
Sognano un’Europa come super-potenza anche nucleare potenzialmente alla pari con USA, Russia e Cina, senza rendersi conto che i giochi sono fatti da tempo ed è ormai troppo tardi per recuperare.
Mentre gli europei, infatti, penseranno a comprare inutili armi convenzionali e nucleari, dissanguandosi, le potenze mondiali che le hanno costruite a tempo debito, si stanno concentrando sulla nuova deterrenza del futuro che sarà soprattutto di carattere cibernetico, specie in seguito agli sviluppi dell’intelligenza artificiale che potrebbero rendere obsoleta la stessa deterrenza nucleare. Questa è da tempo necessaria a stabilire il rango delle potenze, ma non sufficiente a dissuadere le guerre ibride, culturali e soprattutto informatiche del futuro.
L’Europa ha perso da tempo tutti gli ultimi treni. Forse l’ultimo treno è passato addirittura nel 1954 quando la Francia si oppose al progetto di costituire una Comunità europea di difesa (CED). Da allora ha rinunciato ripetutamente ad ogni occasione per costruire una difesa comune e costituirsi in Stato.
Ciò è avvenuto non solo e non tanto – come si dice- per la mancanza di una politica estera comune, ma per la semplice ragione che l’Europa, pur essendo dotata di un’identità culturale comune cristiana, (alla quale tra l’altro ha rinunciato vergognandosene, e non si capisce perché), non ha anche un’identità nazionale comune.
L’Europa, insomma, non è, non è mai stata e forse non sarà mai, una nazione. E’ costituita infatti da 27 stati-nazione con tradizioni nazionali, sistemi politici e interessi, diversamente orientati in politica interna e soprattutto estera e culturale generale.
L’idea federalista europea è dunque un mito novecentesco obsoleto.
L’Europa può mantenere la sua sicurezza e il suo benessere rinunciando a perseguire quel mito solo sotto la protezione di lungo periodo dell’ombrello nucleare americano e della alleanza euro-americana.
Per raggiungere questo obbiettivo non è necessario il massiccio e affrettato riarmo convenzionale (fino al 3,5% del Pil) proposto dalla von der Leyen per non parlare di quello nucleare (da Ursula e da tutti i federalisti sottaciuto), ma occorre e basta il molto meno costoso riarmo convenzionale (fino al 2% del PIL) richiesto da Trump (come dai suoi predecessori fino a Obama)
Ogni riproposizione del mito novecentesco federalista, con quello connesso dell’esercito europeo, dotato anche di armi nucleari, ogni sogno di un’Europa come super-potenza, rischia di portare l’Europa ad una folle corsa ad un suo riarmo inutile e pericolosa.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link