imprese lombarde pronte a ricostruire, vogliamo ridare normalità e pace

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito


A Riyad si tratta, ma l’Ucraina continua a soffrire. A Milano si è svolta una giornata, fortemente voluta dalla Regione Lombardia, preparatoria alla conferenza internazionale sulla ricostruzione in programma a luglio a Roma. Un evento di alto livello che ha visto tra gli altri la presenza della vice primo ministro ucraina Julia Svyrydenko.



“La ricostruzione dell’Ucraina sarà l’evento economico più rilevante dei prossimi anni in Europa”, ha detto nel suo intervento il direttore della Commissione europea. La stima è di parecchie centinaia di miliardi di euro che dovranno essere messi a terra non appena cesseranno le ostilità.

Solo nel 2025 per gli interventi di ricostruzione che si possono fare nell’immediato, anche senza il cessate il fuoco, sono stimati 15 miliardi di euro.



“Questo dà la dimensione economica di ciò di cui stiamo parlando – spiega il sottosegretario regionale con delega alle relazioni internazionali ed europee Raffaele Cattaneo, che ha promosso e coordinato l’evento milanese -. Come Regione siamo partiti con due obiettivi. Il primo, politico, è consolidare i rapporti con l’Ucraina e contribuire a sostenere la sua ripresa. Il secondo, economico, è fare in modo che quando inizierà la ricostruzione le nostre imprese siano direttamente coinvolte”.

Oltre 700 i partecipanti alla giornata di Milano fra rappresentanti del mondo delle imprese, manager, esponenti di associazioni di categoria. Una bella risposta, no?



Direi straordinaria. È la conferma che la nostra intuizione di promuovere un evento dedicato al business in vista della conferenza di Roma non era sbagliata: la partita della ricostruzione dell’Ucraina interessa molto anche al mondo imprenditoriale lombardo. C’erano oltre un centinaio di partecipanti provenienti dall’Ucraina e un buon numero di ospiti internazionali da 22 paesi del mondo, ma il grosso dei presenti era formato da italiani e, soprattutto, da lombardi.

Quali sono stati i rapporti della Lombardia con l’Ucraina in questi anni di guerra?

Già due anni fa abbiamo finanziato progetti di cooperazione e di assistenza umanitaria facendoli realizzare alle nostre Ong presenti in Ucraina. Mi riferisco alla fornitura di generatori diesel per le scuole e gli ospedali o di vasche per conservare l’acqua potabile, oppure all’assistenza psicologica per i bambini e a quella sanitaria per i feriti. Questa è stata solo la prima fase.

Dalla conferenza internazionale per la ricostruzione che si è svolta l’anno scorso a Berlino e a cui ho partecipato, è nato un lavoro più diretto in rapporto sia con l’ambasciata ucraina a Roma che con le autorità ucraine, che ci hanno chiesto di individuare una regione con cui mettere a punto un accordo di collaborazione. E questo è stato fatto con la regione di Zaporizhzhya, una di quelle più vicine al fronte e con cui abbiamo firmato un protocollo a novembre.

Parlare di ricostruzione dell’Ucraina oggi non è prematuro?

Assolutamente no, noi tendenzialmente pensiamo all’Ucraina come a un Paese totalmente distrutto dalla guerra. In realtà là ci sono ancora 40 milioni di abitanti che continuano a vivere ogni giorno, che vanno a lavorare, a scuola, a far la spesa.

Insomma, la vita non si è fermata.

Non solo, gli ucraini per primi vogliono riprendere una vita in cui siano considerati tutti gli aspetti che fanno parte di un’esistenza normale in ogni posto del mondo. Un desiderio di normalità, ma anche di bellezza e di speranza. Questa è la cosa che più mi colpisce e che è emersa chiaramente nel corso della conferenza di Milano.

C’è una gran voglia di pace, ma soprattutto una gran voglia di vivere e di approfittare paradossalmente della circostanza della guerra per trasformare la loro terra, per esempio per fare la transizione energetica verso le fonti rinnovabili o quella digitale, ma anche più concretamente per cambiare le scuole brutte, grigie, che risalgono all’epoca sovietica e farne di più moderne e belle.

Una sessione dei lavori è stata dedicata al piano regolatore della città di Mykolaiv, dove si sta pensando di abbellire il river front, la zona lungo il fiume perché vogliono una città bella come la vorremmo noi. Insieme al dramma della guerra e dei bombardamenti, c’è il desiderio di rimettere in piedi un Paese.

Oggi l’esigenza più immediata non è di poter contare su un sistema di difesa adeguato?

La collaborazione economica con l’Ucraina è altrettanto importante che mandargli armi e missili e lavorare per il cessate il fuoco, perché attraverso l’aiuto a rimettere in piedi le imprese facendo joint venture o investimenti, si dà agli ucraini la dimostrazione che non sono soli in guerra e che si può ricostruire insieme. Questo vale ancora di più per la collaborazione in campo culturale.

Hanno bisogno di avere i teatri aperti, i concerti, le mostre. Si tratta di creare quelle condizioni che contribuiscono a vivere meglio, non semplicemente di tornare alla normalità. È quel respiro di bellezza che apre alla speranza.

Vuol dire che la gente ha bisogno di una ricostruzione che non sia solo materiale?

È così. Questo mi ha ricordato un’esperienza fatta qualche tempo fa con un gruppo di amici insieme all’Ong AVSI istituendo un premio per giovani startupper libanesi. Anche là si viveva in un clima di guerra e questi si erano collegati dai rifugi dove vivevano per proteggersi dalle bombe. Avevano fatto delle startup per organizzare le feste per i bambini oppure per realizzare un’app con musica per i giovani.

Cioè, tutte cose a cui io avrei pensato in una condizione di tranquillità e di pace, mentre loro vivevano in mezzo alla guerra. Questo esempio è evidenza del fatto che il cuore dell’uomo non ha bisogno solo di una ricostruzione materiale ma anche di altri aspetti che noi non consideriamo di fronte alla tragedia della guerra, ma che per loro sono altrettanto importanti.

Alla conferenza di Milano è stata colta questa necessità? 

La presidente del consiglio comunale di Zaporizhzhya ha raccontato che stanno rifacendo le scuole, e anziché costruirle fuori terra, vanno tre piani sotto perché così sono ovviamente più sicure, ma anche molto più belle e allegre di quelle di epoca sovietica.

Questo desiderio di vita, questa volontà di ricostruzione li sta rimettendo in moto, non sono lì seduti sul divano ad aspettare che arrivi qualcuno a risolvere i problemi.

Si stanno rimboccando le maniche arrivando paradossalmente a usare anche la difficile situazione che stanno vivendo come un’opportunità. Siccome è un’occasione di rapporti e di visibilità nel mondo che altrimenti probabilmente non avrebbero, stanno cercando di rafforzare queste relazioni per trasformare il loro Paese.

Per l’Ucraina, però, resta l’incognita su come si arriverà alla cessazione delle ostilità. 

Il loro problema è la sicurezza militare. Vogliono essere garantiti che se si fa la pace fra qualche anno i russi non tornino a invaderli per prendersi il resto dell’Ucraina.

Chi può dar loro queste garanzie? 

Qui vien fuori anche il tema dell’Europa, perché è evidente che oggi non è in grado di sostituirsi agli Stati Uniti per assicurare la sicurezza dell’Ucraina. Zelensky è costretto a fare l’accordo con gli Usa alle condizioni di Trump, anche se alcune di queste sembrano un vero e proprio ricatto, perché è l’unica possibilità per garantirsi la sicurezza.

Paghiamo gli errori e la mancanza di lungimiranza dell’Europa. De Gasperi aveva proposto di fare la difesa comune già nel 1951 e proprio i francesi, che oggi con Macron insistono sul riarmo, allora rifiutarono. È stato un evidente errore strategico.

Cosa risponde a chi sostiene che la difesa comune europea non è una priorità?

Sono contro la guerra, ma a favore della dissuasione. Le armi sono uno strumento che favorisce la dissuasione, perché il mondo non è fatto solo di gente per bene.

Come è stato detto, in un mondo di carnivori non puoi essere l’unico erbivoro, altrimenti ti mangiano. Noi oggi abbiamo bisogno di avere una deterrenza militare più forte di quella di cui disponiamo anche per poter contare negli equilibri globali.

Diversamente quello che temo è che l’Europa finisca per fare il vaso di coccio fra i vasi di ferro, con gli Stati Uniti che per evitare il consolidamento di un asse fra la Russia e la Cina, stanno abilmente cercando di riaprire il rapporto con Mosca.

Se l’Europa quindi non si attrezza rischia di restare isolata e di contare sempre meno, anche meno di Paesi emergenti come il Brasile o il Sudafrica. Già economicamente e demograficamente il nostro peso si è enormemente ridotto.

In quest’ottica come valuta il piano di riarmo annunciato dalla presidente della Commissione europea?

È una scelta obbligata se vogliamo continuare a esercitare una qualche influenza sull’equilibrio geostrategico del futuro. Questo non vuol dire assolutamente che le controversie si regolano con la guerra, ma semmai avere la consapevolezza che se sei attrezzato per difenderti, anziché essere debole e facilmente aggredibile, puoi favorire un equilibrio di pace più realistico.

Lo dico da cattolico e da sostenitore della pace, che non significa essere imbelli o sprovveduti. A chi governa questo chiede il realismo della consapevolezza che le relazioni tra le nazioni e tra i blocchi sono prevalentemente rapporti di forza. Se non hai nessuna forza, non conti nulla e quindi non avrai alcun peso.

Tornando alla ricostruzione, come sarà finanziata?

Sarà utilizzato un mix di fondi come sempre è accaduto in questi casi, proveniente dalla cooperazione multilaterale – quindi delle Nazioni Unite e delle loro agenzie -, dalle banche di sviluppo, dall’Unione Europea e dai singoli Paesi. Credo che nessuno oggi sappia dire come saranno distribuiti i canali di finanziamento, ma gli strumenti saranno questi.

Quando un Paese esce da una guerra, a tutti conviene ricostruire, perché l’economia è fatta di interrelazioni, di interdipendenze. E se non sta in piedi da sola, bisogna sostenerla con gli aiuti umanitari e questo costerebbe molto di più, senza considerare le conseguenze sociali che si innescherebbero, come l’emigrazione alla ricerca di condizioni di vita migliori.

È la ragione per cui quando furono unificate le due Germanie, l’Ovest investì grandi risorse all’Est per ridurre le disparità. Se c’è un Paese che è stato colpito dalla guerra bisogna cercare di riportarlo rapidamente a crescere, anche nell’interesse degli Stati da cui arrivano gli aiuti, come fecero gli americani con il piano Marshall per l’Europa. Così questa poté riprendersi diventando il primo alleato degli Stati Uniti sia politicamente che economicamente.

I prossimi passi quali saranno?

Adesso guardiamo già alla conferenza vera e propria che si svolgerà a luglio a Roma. Dall’incontro di Milano sono emersi termini, soggetti e contenuti che potranno essere portati a Roma dove i partecipanti saranno almeno tremila.

Rispetto a un anno fa a Berlino c’è una differenza fondamentale: oggi tutti ritengono che la pace, o almeno un cessate il fuoco, sia più vicina, e che quindi le condizioni per partire con la ricostruzione possano concretizzarsi a breve, magari già entro l’anno. Occorre perciò essere pronti.

Come Lombardia avete già in programma altre iniziative?

Posso anticipare che a margine della conferenza di Milano abbiamo avuto un incontro bilaterale con Pawel Kowal, presidente della commissione esteri e inviato speciale del governo polacco, che è anche il deputato di Rzeszów, vicino al confine ucraino, dove c’è l’hub logistico per gli aiuti umanitari destinati all’Ucraina.

Avere un rapporto diretto con questo avamposto vuol dire essere in una posizione privilegiata quando partirà la ricostruzione. Con Kowal abbiamo in progetto una missione di imprenditori, forse già a maggio, per andare a vedere come possiamo rafforzare i rapporti con questo territorio che sarà la base logistica degli interventi in Ucraina.

(Piergiorgio Chiarini)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link