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La Turchia si afferma come il grande vincitore della “guerra grande” che sta ridisegnando il Medio Oriente e l’Ucraina. Come rileva la rivista Limes (la preziosa rivista di geopolitica fondata e diretta da Lucio Caracciolo) il suo protagonismo si estende dalla Siria ai Balcani, dall’Ucraina al Caucaso, trasformando Ankara in un attore strategico imprescindibile per gli equilibri regionali e globali. Il presidente Recep Tayyip Erdogan (foto), insieme allo Stato profondo turco, ha giocato con abilità le sue carte, muovendosi tra alleanze e rivalità con Russia, Israele, Iran, Europa e Stati Uniti. La sua strategia si fonda su una visione chiara e ambiziosa: rendere la Turchia un perno essenziale nelle relazioni internazionali, sfruttando le debolezze delle altre potenze.
La nuova frontiera tra Turchia e Israele
Uno degli sviluppi geopolitici più significativi riguarda la nascita di una frontiera di fatto tra Turchia e Israele, un evento senza precedenti dalla fondazione dello Stato ebraico. Come sostiene Limes, questa nuova realtà è il risultato della caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria, dove le milizie sostenute da Ankara hanno preso il controllo di Damasco. Se quindici anni fa un episodio come l’assalto alla nave Mavi Marmara da parte delle forze israeliane avrebbe potuto scatenare una guerra, oggi il rapporto di forze tra i due paesi è drasticamente mutato. La Turchia si è rafforzata militarmente e diplomaticamente, mentre Israele osserva con crescente preoccupazione la possibile formazione di un nuovo Stato siriano sotto influenza turca.
Come rileva Limes, questa trasformazione potrebbe spingere Israele a rivedere le proprie alleanze, cercando di contenere l’espansione turca attraverso nuovi accordi con altri attori regionali, tra cui l’Arabia Saudita e l’Egitto. Tuttavia, la realtà sul campo dimostra che la Turchia ha già raggiunto una posizione di forza: ha rafforzato la sua influenza tra le milizie jihadiste siriane e consolidato il controllo sulle regioni strategiche del Nord della Siria.
Il dilemma di Israele: meglio l’Iran della Turchia?
Israele ha sempre considerato l’Iran il suo principale nemico esistenziale. Tuttavia, come sottolinea Limes, l’attuale sviluppo geopolitico sta portando Tel Aviv a rivalutare il proprio approccio. Paradossalmente, il governo israeliano sembra preferire un Iran presente e contenuto in Siria piuttosto che un’egemonia turca sul paese. Il nuovo governo di Damasco, con legami stretti con Ankara, potrebbe in futuro rivendicare il Golan, territorio siriano occupato da Israele nel 1967. Questo scenario è aggravato dal rischio che la Turchia diventi il fulcro di un’alleanza tra paesi arabi ostili a Israele, rafforzandone le ambizioni territoriali.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha espresso più volte la sua preoccupazione per l’avanzata turca in Siria, avvertendo che “la stabilità della regione è minacciata da un’espansione senza freni di Ankara”. Tuttavia, come rileva Limes, Israele si trova ora in una posizione difficile, costretto a bilanciare la sua storica alleanza con gli Stati Uniti con la necessità di contenere la crescente influenza turca nel Levante.
Il ruolo dello Stato profondo turco
Molto di ciò che sta accadendo è guidato da una struttura di potere più complessa del solo presidente Recep Tayyip Erdogan. Come rileva Limes, lo Stato profondo turco gioca un ruolo cruciale nelle decisioni strategiche del paese. Un personaggio chiave è Devlet Bahçeli, leader ultranazionalista e alleato di Erdogan, che esercita un’influenza enorme sulla politica interna e sulle operazioni militari turche. Il potere di Bahçeli si estende ben oltre la politica, coinvolgendo le forze di sicurezza, i ministeri strategici e persino la criminalità organizzata, rafforzando la stabilità del blocco di potere che governa la Turchia.
In questo contesto, la strategia della Turchia diventa più chiara: mantenere una posizione dominante nel mondo turcofono, rafforzare le alleanze nei Balcani e nel Caucaso e garantire una proiezione di potenza che metta Ankara in grado di negoziare da una posizione di forza con qualsiasi attore globale.
La storica svolta con il PKK
Un altro elemento che conferma l’ascesa turca è il cessate il fuoco annunciato dal PKK, la storica organizzazione curda in conflitto con Ankara. Come sostiene Limes, Abdullah Öcalan, leader carismatico del PKK, ha dichiarato conclusa la lotta armata, aprendo la strada a un accordo che potrebbe rafforzare ulteriormente la posizione turca in Siria e Iraq. Questo evento è di portata storica e fornisce alla Turchia un ulteriore vantaggio strategico, soprattutto nelle future trattative con gli Stati Uniti e l’Europa.
L’ambizione globale della Turchia
Non è solo il teatro di guerra a dimostrare la forza della Turchia. Come evidenzia Limes, Ankara sta avanzando anche nella corsa allo spazio, con una crescente collaborazione con il settore aerospaziale italiano. La presenza turca in Libia e nei Balcani si rafforza, mentre il soft power turco si manifesta attraverso il successo internazionale delle serie televisive e la diffusione della lingua turca in paesi chiave come la Tunisia.
La Turchia sta inoltre investendo massicciamente in nuove tecnologie militari, tra cui droni avanzati e sistemi di difesa aerea, ponendosi come uno dei principali produttori mondiali di armi autonome. L’industria della difesa turca è oggi una delle più dinamiche al mondo, con esportazioni in rapida crescita verso l’Africa, l’Asia e persino alcuni paesi europei.
Il nuovo equilibrio di potere
La “guerra grande” è ancora in corso, ma la Turchia emerge come la potenza che ha saputo meglio adattarsi al nuovo scenario. Come sostiene Limes, il suo successo non è solo militare, ma anche diplomatico ed economico. Ankara ha saputo sfruttare il declino delle potenze regionali come l’Iran e l’instabilità dell’Occidente per affermarsi come il perno del nuovo Medio Oriente. Con l’Europa in affanno e gli Stati Uniti più distanti, il futuro della regione potrebbe essere scritto a Istanbul piuttosto che a Bruxelles o Washington. La Turchia non è più un semplice giocatore regionale: sta diventando una potenza globale capace di influenzare gli equilibri di intere aree strategiche del mondo.
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