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Gaza, Duaa Abu Sabha si rifornisce dal serbatoio installato da Oxfam ad Al-Mawasi (Khan Yunis) – Oxfam
In contesti di crisi umanitarie prolungate l’acqua sporca può essere più letale della violenza armata. Come a Gaza, dove la popolazione si trova sull’orlo della catastrofe sanitaria. Il bilancio, a quasi 2 anni dall’inizio del confitto, è sconfortante anche per quanto riguarda l’approvvigionamento idrico vitale per la popolazione: oltre al 90% delle abitazioni, anche 1.700 chilometri di tubature sono andati distrutti, pari all’80% della rete idrica. Fuori uso 63 su 74 stazioni di pompaggio di acque reflue, gran parte dei pozzi e degli impianti di desalinizzazione, fermi per mancanza di carburante e generatori. La distruzione di buona parte del sistema idrico di Gaza provoca ogni giorno la dispersione nel terreno di oltre il 60% dell’acqua disponibile.
La situazione più grave è a Gaza Nord e a Rafah, quasi completamente rase al suolo. Qui l’accesso all’acqua per centinaia di migliaia di famiglie si è ridotto del 93%, e si sopravvive con appena 5,7 litri di acqua a testa al giorno, quanto si usa in meno di un minuto di doccia. La conseguenza è il rischio di una catastrofe sanitaria, su larga scala: a Gaza 1,4 milioni di persone sono costrette a sopravvivere in queste condizioni.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già lanciato l’allarme per la crescente diffusione della poliomelite, mentre la principale causa di mortalità sono malattie infettive, come la diarrea acuta e le patologie respiratorie, con 46.000 nuovi casi segnalati ogni settimana, soprattutto tra i bambini. Anche in Cisgiordania le operazioni militari hanno danneggiato gravemente le infrastrutture idriche e sanitarie, privando decine di migliaia di persone dell’accesso all’acqua.
Per rispondere agli enormi bisogni della popolazione, Oxfam è intervenuta riuscendo a soccorrere oltre 1,2 milioni di persone nelle zone più colpite di Gaza, tra cui 150 mila solo negli ultimi 2 mesi. Vitale è stata la distribuzione di acqua pulita – assieme a cibo, coperte e abiti per l’inverno – nei campi profughi dove sono stati installati servizi igienici. L’intervento si intensificherà nei prossimi mesi per ricostruire le infrastrutture idriche e igienico sanitarie indispensabili.
Ma l’accesso all’acqua pulita è un sogno nel mondo per oltre 2 miliardi di persone – 1 persona su 4 – che non hanno accesso a fonti pulite per i conflitti o la crisi climatica. Entro il 2050, 3 persone su 4 dovranno affrontare l’impatto della siccità. Metà della popolazione mondiale per mancanza di acqua e igiene è esposta a epidemie e malattie infettive.
Per assicurare acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati a quante più persone possibile, Oxfam Italia lancia la campagna di raccolta fondi “Dona acqua, salva una vita”. Dal 9 marzo al 5 aprile, periodo in cui si celebra la Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo, si potrà offrire un piccolo, ma prezioso contributo con un SMS solidale o chiamata da telefono fisso al 45593.

Etiopia, Hareya Hebremariam fa scorta di acqua potabile grazie al progetto di Oxfam nel Tigray – Oxfam
La mancanza di acqua affligge anche l’Etiopia. Il paese del Corno d’Africa è tra i 10 al mondo più colpiti dall’alternarsi di inondazioni e siccità. Una situazione che negli ultimi anni ha portato a un aumento esponenziale del numero di sfollati e alla perdita di buona parte dei raccolti, centinaia di migliaia ettari di terra coltivabile e decine di migliaia di capi di bestiame. In Etiopia, paese in cui la gran parte della popolazione vive di agricoltura e allevamento, le conseguenze della crisi climatica sono drammatiche: quasi 1 persona su 5 soffre di malnutrizione, 2,5 milioni sono bambini sotto i 5 anni; oltre 60 milioni di persone (quasi metà della popolazione) che non hanno accesso all’acqua potabile.
La situazione è disperata per i 4 milioni di sfollati interni e gli oltre 820 mila rifugiati che hanno bisogno di aiuti immediati, spesso costretti a percorrere decine di chilometri per procurarsi acqua da bere. Moltissimi sono in fuga dal Sud Sudan dove guerra, inondazioni, povertà e epidemie hanno messo in ginocchio oltre 9 milioni di persone, tra cui 5 milioni di bambini.
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