Energia nucleare, Legambiente: «Una bomba a orologeria in un mondo instabile»

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GROSSETO – “Lo scorso 14 febbraio – dice Angelo Gentili della segreteria nazionale di Legambiente – , un drone russo ha colpito la struttura di contenimento del reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, causando un incendio e sollevando gravi preoccupazioni a livello globale. L’attacco ha danneggiato il rivestimento esterno della struttura, alimentando il timore che un ulteriore danneggiamento potesse compromettere la sicurezza dell’intera area. Le autorità ucraine hanno accusato la Russia di aver condotto l’attacco con un drone dotato di testata esplosiva, una violazione della sicurezza internazionale. Mosca, tuttavia, ha negato ogni responsabilità, definendo le affermazioni di Kiev una provocazione”.

“Questo episodio mette in luce come la guerra non sia solo una minaccia politica e militare, ma anche un pericolo concreto per l’ambiente e la sicurezza nucleare. L’Ucraina ospita quattro centrali nucleari attive con un totale di quindici reattori, oltre al sito di Chernobyl, e dall’inizio del conflitto questi impianti sono sempre più esposti a rischi con conseguenze potenzialmente catastrofiche”.

“La gestione degli impianti è resa ancora più difficile dal contesto bellico: i combattimenti si intensificano, le armi impiegate sono sempre più sofisticate e il personale tecnico è sottoposto a turni estenuanti, condizioni che aumentano esponenzialmente il rischio di incidenti e compromettono la sicurezza minima necessaria”.

“Anche l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) fatica a monitorare e intervenire in uno scenario così instabile, mentre la Russia continua a minacciare l’uso di armi nucleari, alimentando ulteriormente le tensioni e accrescendo il pericolo su scala globale. Questo scenario richiama alla memoria la tragedia di Chernobyl del 1986 e pone una domanda urgente: come prevenire nuovi disastri e garantire un futuro sicuro”?

“La risposta non sta nel rafforzamento degli arsenali militari, ma nella costruzione di una pace stabile e duratura. Gli attacchi alle infrastrutture sensibili, come le centrali nucleari, non sono solo atti di guerra, ma minacce globali con conseguenze incalcolabili per la salute pubblica e l’ecosistema. Le scorie radioattive non conoscono confini: il loro impatto su suoli, acque e intere popolazioni potrebbe essere devastante. Di fronte a un pericolo che riguarda l’umanità intera, il disarmo e la diplomazia non sono un’opzione, ma una necessità”.

“Oltre alla minaccia immediata, esiste un problema più ampio di sicurezza geopolitica intrecciata con quella ambientale. L’escalation tra stati dotati di armamenti nucleari aumenta il rischio di conflitti su larga scala. Ogni attacco a una centrale non è solo una mossa militare, ma un atto di autolesionismo planetario. In questo contesto, la pace non è un’utopia, ma una necessità vitale. Proteggere l’ambiente e la vita umana richiede di superare la logica del conflitto come strumento di potere. Solo attraverso una diplomazia autentica possiamo evitare di precipitare in una crisi senza ritorno”.

“La stabilità del nostro territorio, delle città e degli ecosistemi dipende dalla capacità di costruire ponti invece di muri, di risolvere i conflitti con il dialogo anziché con la violenza. La pace non è solo assenza di guerra, ma un progetto collettivo che coinvolge cittadini e governi. Richiede rispetto reciproco, giustizia sociale e tutela delle generazioni future”.

“Inoltre, la sicurezza energetica e la lotta ai cambiamenti climatici devono essere affrontate con una visione di cooperazione globale. Chernobyl resta un monito: il nucleare, lungi dall’essere una soluzione, non solo si rivela una scelta antieconomica e dai tempi di realizzazione lunghissimi, ma rappresenta anche un rischio permanente. Le centrali esistenti costituiscono già una minaccia, e continuare a investire in nuovi impianti significa alimentare un pericolo costante. In un contesto geopolitico instabile, un attacco a una centrale potrebbe scatenare conseguenze drammatiche su scala globale, con la diffusione di radiazioni e danni irreversibili per l’ambiente e la salute umana”.

“Non possiamo permettercelo. Il futuro energetico deve essere sicuro, sostenibile e giusto. La tragedia di Chernobyl ha lasciato un’eredità devastante: ancora oggi, cinque milioni di persone vivono in aree contaminate, con conseguenze sanitarie gravissime. Evitare che simili disastri si ripetano significa mettere al centro la sicurezza delle persone e del pianeta. Solo un impegno collettivo per la pace e la cooperazione potrà ridurre i rischi e garantire un futuro più sicuro per le prossime generazioni”.

 





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