Un secondo per decifrare l’onda  – MEDIA INAF

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Quando due stelle di neutroni si scontrano e si fondono, producono onde gravitazionali che viaggiano nello spazio-tempo, percorrendo milioni di anni luce: un segnale che, talvolta, viene registrato sulla Terra. Segnale che con gli attuali rivelatori di onde gravitazionali produce alcuni minuti di dati, mentre nei futuri osservatori, più sensibili, potrebbe generare anche ore o giorni di dati. L’interpretazione di questi segnali è estremamente complessa e rappresenta, ogni volta, una vera e propria sfida tecnologica.

Rappresentazione artistica della fusione di una stella binaria di neutroni che emette onde gravitazionali e radiazioni elettromagnetiche. Crediti & copyright: Mpi for Intelligent Systems / A. Posada

L’analisi tradizionale di questi dati richiede ingenti risorse computazionali e tempi di elaborazione molto lunghi, rallentando così il processo di follow-up, vale a dire il successivo puntamento dei telescopi verso l’evento cosmico “per vederlo”, cioè per osservarne le controparti elettromagnetiche. Per superare queste difficoltà, un team di ricerca internazionale guidato dal Max Planck Institute for Intelligent Systems (Mpi-Is) ha sviluppato Dingo-Bns (Deep Inference for Gravitational-wave Observations from Binary Neutron Stars), un avanzato algoritmo di apprendimento automatico (machine learning) basato su una rete neurale addestrata per estrarre le informazioni contenute nelle onde gravitazionali e caratterizzare completamente le fusioni di stelle di neutroni in circa un secondo. Un progresso straordinario rispetto ai metodi tradizionali, che richiedono almeno un’ora per ottenere risultati simili.

«Un’analisi rapida e accurata delle onde gravitazionali è fondamentale per localizzare la sorgente e dirigere i telescopi nella giusta direzione, in modo da osservare tutti i segnali che l’accompagnano», spiega Maximilian Dax, ricercatore presso il Max Planck Institute e il Politecnico di Zurigo, primo autore dello studio pubblicato la scorsa settimana su Nature. L’importanza della rapidità nell’osservazione astronomica risiede nel fatto che le fusioni di stelle di neutroni emettono non solo onde gravitazionali, ma anche segnali elettromagnetici, come luce visibile e raggi gamma. Riuscire a rilevare questi due diversi tipi di segnali simultaneamente rappresenterebbe un grande passo avanti per la cosiddetta astronomia multi-messaggera.

«Questo studio apre scenari potenzialmente molto interessanti per quanto riguarda la ricerca di controparti elettromagnetiche di eventi di onde gravitazionali registrate dagli interferometri terrestri», dice Paolo D’Avanzo, astrofisico dell’Inaf di Brera non coinvolto nello studio, al quale ci siamo rivolti per un commento.  «Sebbene sia un’ipotesi preliminare, la possibilità di poter ridurre da qualche minuto a pochi secondi i tempi necessari per ricavare i parametri di un evento gravitazionale, localizzazione nel cielo inclusa, è sicuramente intrigante» .

Attualmente, gli algoritmi utilizzati dalla collaborazione Lvk (Ligo-Virgo-Kagra)  per l’analisi rapida sacrificano la precisione a favore della velocità. Il nuovo metodo basato sull’intelligenza artificiale colma questa lacuna, aumentando la precisione della localizzazione dell’evento del 30 per cento rispetto alle tecniche approssimative. «Il nuovo algoritmo», aggiunge Jonathan Gair del Max Planck Institute for Gravitational Physics, «affronta le carenze di quelli attualmente in circolazione e fornisce un’inferenza completa della fusione binaria dei due oggetti cosmici in appena un secondo».

Dingo-Bns, infatti, non solo accelera il processo di identificazione delle fusioni stellari, ma fornisce anche informazioni cruciali come la posizione, la massa, l’inclinazione e gli spin delle stelle di neutroni coinvolte. La sua rapidità e precisione consentirebbero di sfruttare al meglio il tempo di osservazione dei telescopi, migliorando la sinergia tra interferometri per onde gravitazionali e rivelatori di segnali elettromagnetici.

«Qualunque sia il metodo utilizzato per ottenere i parametri e la localizzazione dell’evento che ha generato le onde gravitazionali, la possibilità di avere queste informazioni entro pochi secondi dall’evento – o addirittura prima della coalescenza – potrebbe avere ricadute significative. Ad esempio per la ricerca dell’eventuale gamma-ray burst (Grb) – una rapida emissione di lampi gamma di durata tipica inferiore a pochi secondi -– che segue la fusione».

Rappresentazione artistica del Grb 211211A e della kilonova a esso associata (sulla destra).. Crediti: Aaron M. Geller/Northwestern/Ciera and It Research Computing Services

La necessità di un metodo veloce per analizzare le onde gravitazionali è, quindi, cruciale per l’astronomia multi-messaggera che, grazie alla combinazione di osservazioni gravitazionali ed elettromagnetiche, consente di approfondire la nostra comprensione dell’universo. Un esempio storico è stato l’evento Gw 170817 del 2017, la prima fusione di stelle di neutroni osservata sia attraverso le onde gravitazionali sia mediante segnali elettromagnetici. Tuttavia, il ritardo nell’analisi dei dati ha impedito una localizzazione tempestiva della sorgente. L’efficacia della combinazione tra moderni algoritmi di apprendimento automatico e le conoscenze astrofisiche consentirà di identificare con estrema rapidità la posizione del segnale gravitazionale e di trasmettere le coordinate ai telescopi in tempo quasi reale. Non solo: Dingo-Bns potrebbe aiutare a rilevare segnali elettromagnetici prima che avvenga la fusione, permettendo di studiare in modo dettagliato anche il fenomeno delle kilonove, ancora poco compreso, e analizzare meglio i processi di fusione e le esplosioni che ne conseguono studiando gli eventi cosmici con maggiore dettaglio.

«Nello studio in questione si fa riferimento anche alla possibilità di ottenere le informazioni sugli oggetti compatti prima che la coalescenza abbia luogo. C’è da dire», precisa a questo proposito D’Avanzo, «che questa possibilità di early warning è, in linea di principio, già realizzabile con le procedure standard della collaborazione Ligo-Virgo-Kagra, sebbene finora questo sia avvenuto molto raramente».

Il Neil Gehrels Swift Observatory è un satellite che studia i gamma-ray burst, le esplosioni più potenti dell’universo, e altri oggetti ed eventi cosmici. Crediti: Nasa

«Il team del Neil Gehrels Swift Observatory – il satellite Swift, dedicato alla ricerca dei lampi gamma osservati da galassie lontane – ha implementato una modalità nota come continuous commanding che permette al satellite di puntare l’oggetto entro circa dieci secondi da quando il comando viene inviato», continua D’Avanzo. «In caso di un early warning ci sarebbe, quindi, la possibilità di avere gli strumenti del satellite già puntati verso la regione di cielo dove la coalescenza di stelle di neutroni sta per avere luogo ed essere così in grado di rivelare il Grb associato». In questo modo, la precisione nella localizzazione di un Grb è estremamente superiore rispetto a quella che si otterrebbe con gli interferometri. «Una volta ottenuta una localizzazione precisa, tutte le campagne osservative di follow-up con i telescopi dalla Terra e dallo spazio diventerebbero estremamente più semplici da gestire ed efficaci nel massimizzare le nostre conoscenze scientifiche», conclude D’Avanzo.

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