“Ricucci l’abbiamo ucciso noi, Scirpoli era il prossimo”: le rivelazioni del pentito Pettinicchio sulla guerra di mafia

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Ricucci l’ha ucciso il mio gruppo. Scirpoli volevamo eliminarlo, è uno che ha commesso diversi omicidi”. Queste alcune delle rivelazioni, le prime in assoluto, di Matteo Pettinicchio, unico e solo collaboratore di giustizia del clan dei montanari Li Bergolis-Miucci, custode di numerose verità almeno degli ultimi 20 anni di mafia garganica.

Il 40enne Pettinicchio, ex braccio destro del boss Enzo Miucci detto “U’ Criatur”, ha fornito le prime informazioni ai magistrati della Dda di Bari spiegando i motivi del pentimento e riferendo della guerra tra il suo clan, il più potente e compatto del Gargano, e il clan Lombardi-Scirpoli-Raduano, ex Romito che conta già una dozzina di collaboratori di giustizia.

La promessa alla madre

Sui motivi dietro la decisione di mettere fine alla carriera criminale, Pettinicchio ha dichiarato: “Voglio collaborare per rispettare le ultime volontà di mia madre alla quale, in punto di morte, avevo promesso che avrei cambiato vita e per consentire ai miei figli di condurre una vita migliore, lontana dagli ambienti criminali. Facevo parte del gruppo Li Bergolis-Miucci all’interno del quale ricoprivo un ruolo di vertice, subito dopo Enzo Miucci. Ne facevo parte fin da minorenne, negli anni 2000, e ne ho fatto parte fino a quando ho deciso di collaborare”.

Lo scontro con i rivali

“Ho sempre mantenuto i rapporti con tutti gli altri sodali, anche quando detenuto, sia epistolari che tramite telefoni che avevo in carcere – ha detto ancora Pettinicchio -; questo almeno fino al 15 ottobre 2024 quando mi è stato applicato il 41bis. Il nostro gruppo era antagonista a quello ex Romito con il quale era in atto una guerra sin dal 2009. Sono a conoscenza di tutti i fatti riguardanti questa guerra per aver partecipato direttamente a tutte le varie fasi: sono quasi sempre stato presente quando sono state prese le decisioni più importanti. Il gruppo Romito era mafioso e si occupava di tutti i reati di interesse della criminalità organizzata. Droga, usura, estorsioni, omicidi. Conoscevo tutti gli appartenenti al clan avverso, soprattutto gli elementi apicali con i quali avevo anche avuto modo di parlare direttamente; era un gruppo che aveva a disposizioni armi, con le quali sono stati commessi anche numerosi omicidi. Il mio gruppo e quello dei Romito avevano influenza criminale su tutta la provincia di Foggia”.

Omicidi e uomini da eliminare 

I pm antimafia hanno sottoposto un lungo album fotografico a Pettinicchio con i volti dei presunti appartenenti al clan Lombardi-Scirpoli-Raduano, attivo a Manfredonia, Macchia, Mattinata e Vieste. Ad iniziare dal viestano, collaboratore di giustizia, Danilo Della Malva alias “U’ Meticcio”. “Io e Miucci avevamo intenzione di ucciderlo – ha spiegato Pettinicchio -. A Miucci avevo detto che Della Malva aveva legami con Francesco Scirpoli e per quello lo ritenevo potenzialmente pericoloso. Ho anche visto una foto nella quale era a Vieste con Scirpoli. Dopo aver avuto la conferma in seguito al blitz Ariete circa la sua appartenenza a quel gruppo, avevamo progettato di ucciderlo. Avevo suggerito a Miucci di invitarlo a casa sua, mentre era detenuto ai domiciliari e dove era già stato in precedenza e lì lo avremmo ucciso. Poi mi sarei occupato io di eliminare il cadavere. Questo progetto non è stato realizzato”. 

Da Mario Romito fino a Ricucci e Scirpoli

Riferimenti inevitabili anche a Mario Luciano Romito, storico boss avversario ucciso nella strage di San Marco del 9 agosto 2017: “Era all’apice del clan insieme al fratello Franco prima che quest’ultimo fosse ammazzato. Poi a lui si sono affiancati con ruolo di vertice Pasquale Ricucci (“Fic secc”, ndr) e Matteo Lombardi detto ‘A’ Carpnese’. Abbiamo provato diverse volte ad uccidere Mario Romito negli anni. Ricucci e Lombardi inizialmente si sono esposti meno di Mario Luciano rispetto alla loro appartenenza al clan Romito e, in tante occasioni, Miucci gli ha risparmiato la vita”.

Poi su Mattinata dove “i più influenti erano Francesco Gentile e Francesco Scirpoli. Gentile (detto “Passaguai”, ndr) è stato ucciso nell’ambito della guerra con il nostro gruppo”.

Tra i boss rivali spicca Matteo Lombardi, 55enne detto ‘A’ Carpnese’ su cui Pettinicchio ha spiegato: “Era a capo del gruppo con Ricucci e Mario Luciano Romito. Ha commesso numerosi omicidi e poteva prendere decisioni. Ultimamente dopo l’omicidio di Giuseppe Silvestri, avremmo voluto ucciderlo. Se fosse stato libero avremmo ucciso prima lui di Ricucci. Era questo l’accordo che avevamo fatto io e Miucci. Si è sempre occupato di droga, rapine ed estorsioni. Operava prevalentemente su Manfredonia, ma aveva legami criminali su tutta la provincia di Foggia. Era conosciuto anche al nord Italia. Su Foggia aveva rapporti con il gruppo dei Moretti e, prima, anche con i Trisciuoglio. Sul territorio era uno dei più temuti anche dalla brava gente”.

“Pasquale Ricucci è stato ucciso a Macchia dal nostro gruppo – ha poi aggiunto riguardo a “Fic secc” -. Era all’apice del gruppo con Lombardi e Romito. Era molto conosciuto, il suo nome era molto temuto”. Ricucci venne ammazzato a bruciapelo l’11 novembre 2019 mentre rincasava nella sua abitazione di Macchia. Il 21 marzo dello stesso anno fu invece ucciso “Passaguai” sotto casa sua a Mattinata.

E ancora, il boss in ascesa Francesco Scirpoli detto “U’ Lung”, erede naturale di Mario Luciano Romito: “A Mattinata era uno dei referenti del gruppo Romito. Era uno degli uomini fidati di Mario Romito. Ha commesso diversi omicidi. Aveva a disposizione diverse armi. Era solito sparare con il kalashnikov. Ultimamente era diventato uno dei nostri obiettivi. Io e Miucci avevamo parlato di ucciderlo in un bar che si trova in un’area di servizio all’ingresso di Mattinata”.

I D’Ercole e Lombardi junior

Sui D’Ercole di Macchia:Leonardo D’Ercole era il compare di Ricucci. Faceva parte del gruppo di Macchia. Ne fa parte anche suo nipote Michele. Aveva un’assidua frequentazione con Ricucci. Si occupava di movimento terra ed hanno partecipato anche a diverse estorsioni, dispetti a coloro che lavoravano al posto loro. Incendiavano pale meccaniche ai concorrenti forti del nome di Ricucci. Erano a disposizione anche per eventuali staffette in caso di omicidi. Spartivano droga con Antonio Quitadamo detto ‘Baffino’. Hanno sempre avuto un comportamento ambiguo e cercavano di far credere che avevano un ruolo marginale. Michele D’Ercole so che ha fatto la bacchetta in alcuni omicidi”.

Mentre riguardo a Michele Lombardi, figlio di Matteo, il pentito montanaro ha dichiarato: “Essendo il figlio aveva carta bianca. Si occupava del mercato ittico. Uno dei maggiori imprenditori in quel settore. Pescatori e magazzini si dovevano adeguare alle loro imposizioni per evitare ritorsioni. So che hanno picchiato diverse persone tramite zio Mario (Scarabino, ndr)”.

“Sapevano quello che dovevano dare, ma non sapevano quello che dovevano avere”

Infine, Pietro La Torre detto “U’ Muntaner” o “U’ figlie du poliziott”: “Era un referente, aveva persone sotto di lui. Non è che comanda solo il capo, comunque poi ci sono vari ruoli. La droga – per dire – la gestiva tutta lui, lui comandava, abbiamo fatto un sacco di… questo faceva un sacco di casini. Tant’è che un giorno avevamo detto io e Miucci: ‘Mo’ andiamo a bussare a casa e ce lo andiamo a prendere dentro’, perché faceva troppo bordello, anche se… era solito parlare di sparare in testa, a tutti, chi trovava: ‘Li vado a prendere e li sparo in testa’, a tutti, sia in carcere che fuori. Tant’è che avete trovato una lettera dove io dico: ‘Io non l’ho mai toccato, se lo prendo in carcere – ho detto – gli schiaccio la testa per terra’, gliel’ho detto a tutti i suoi amici, al figlio di Lombardi, gliel’ho detto: ‘A lui voglio – ho detto – avvisatelo – perché non avevo ancora il 41 – se ci troviamo in carcere gli devo far vedere lui quanto vale’, perché parlava… Qualsiasi persona trovavo che ha avuto a che fare: ‘Lo devo prendere, gli devo tagliare la testa’, a tutti, c’aveva queste manie continue di tagliare teste, di sparare in testa in continuazione. Sempre ovviamente, come disse pure Miucci in una lettera: ‘Sapevano quello che dovevano dare, ma non sapevano quello che dovevano avere’, questo testuale proprio. Lui era quello che voleva fare, ovviamente era il suo pensiero, noi lo lasciavamo perché… sennò… veniva disintegrato da anni prima”.

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