Riarmo Europa, nel piano di difesa italiano garanzie senza debito per 200 miliardi

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Garanzie pubbliche europee destinate ai privati per mobilitare fino a 200 miliardi di euro ed evitare, così, che gli Stati accumulino altro debito pubblico per finanziare il riarmo. È il senso della proposta italiana, da sviluppare in partenariato con l’industria continentale, che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha condiviso con i colleghi titolari delle Finanze degli altri Paesi Ue, ieri sera. L’occasione è stata la cena di lavoro, al termine dell’Eurogruppo, dedicata al rebus fondi per aumentare gli investimenti in difesa, ora che l’Ue s’è ritrovata sola e senza la protezione americana.

Quello di ieri è stato il primo appuntamento “operativo” dopo il sì unanime dei 27 al pacchetto “Rearm Europe” presentato da Ursula von der Leyen per mettere in piedi il cantiere della difesa Ue. Secondo la presidente della Commissione, 650 miliardi nei prossimi quattro anni potrebbero essere “liberati” dai vincoli del Patto di stabilità dando luce verde a (in media) l’1,5% di Pil di spese per la difesa in deficit. In buona sostanza, altro indebitamento nazionale. Sta tutta qui la premessa del maxi-piano von der Leyen, che non introduce nuovo debito comune Ue come al tempo del Recovery Plan pandemico (ci sono bond fino a 150 miliardi di euro per finanziare prestiti a progetti comuni come lo scudo antiaereo, ma trovano copertura all’interno dell’attuale budget Ue). E sta tutta qui pure la perplessità dell’Italia.

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La stessa già espressa giovedì dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, evocando la necessità di uno strumento di garanzia europeo sul modello di InvestEU, il programma che stanzia risorse per stimolare gli investimenti attraverso partenariati con la Bei e le banche promozionali nazionali tra cui Cdp. Il ragionamento che fanno al governo è semplice: nuovo debito – che sia nazionale o europeo – dovrà essere ripagato, e ciò rischia di risultare ulteriormente gravoso per un Paese, come l’Italia, impegnato a risanare i propri conti. Al contrario, «un’iniziativa per mobilitare i capitali privati per gli investimenti strategici» può avere l’effetto positivo di «tutelare la stabilità finanziaria contenendo l’emissione di nuovo debito», si legge nella bozza di “concept note” interlocutoria che Giorgetti ha fatto circolare ieri a Bruxelles tra le varie delegazioni nazionali, e che Il Messaggero ha potuto visionare.

IL PASSAGGIO

«Né i singoli bilanci nazionali né il bilancio dell’Ue da soli possono fornire il finanziamento stabile a lungo termine necessario per sostenere le nostre industrie strategiche e infrastrutture critiche. Per affrontare efficacemente questa sfida comune, è essenziale attivare i capitali privati». I contorni della proposta andranno definiti nelle trattative a 27, ma il documento del Mef fa già di calcolo: una garanzia pubblica Ue multi-tranche di circa 16,7 miliardi di euro potrebbe far leva su investimenti privati fino a 200 miliardi di euro nei prossimi tre-cinque anni, raggiungendo un moltiplicatore stimato di circa 12x. Oltre all’ipotetica dotazione c’è già il nome – «Fondo europeo per la sicurezza e l’innovazione industriale», a rafforzare l’esistente InvestEU -, la struttura in tre tranche e un focus prioritario: settori critici che richiedono «una risposta chiara, ambiziosa e collettiva». «Dobbiamo trovare soluzioni che siano abbastanza grandi da aumentare la cosiddetta potenza di fuoco finanziaria dell’Ue», aveva chiarito al suo arrivo a Bruxelles il ministro delle Finanze polacco Andrzej Domanski, presidente di turno dell’ Ecofin. Prima della ripresa dei lavori, i titolari delle Finanze si confronteranno, in un secondo momento informale, stavolta sul perimetro delle deroghe al Patto di stabilità immaginate da von der Leyen per consentire di aumentare la spesa per la difesa. L’opzione preferita a Bruxelles, ha chiarito il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis, è quella di attivare esenzioni nazionali mirate, anziché riaprire il Patto, la cui riforma è entrata in vigore appena un anno fa. Una linea della cautela che si scontra con la volontà tedesca di mettere in pausa la disciplina di bilancio per almeno un decennio, così da consentire lo scomputo organico delle spese per la difesa. Sull’ipotesi Eurobond per alimentare un fondo Ue fatto di sussidi per la difesa – non esclusa domenica da von der Leyen -, invece, si registra la classica opposizione dei Paesi Bassi.

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