Pensioni, addio Fornero? Ecco come il governo può riuscirci

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Il governo Meloni sembra aver rinunciato – almeno per adesso – alla possibilità di superare la legge Fornero attraverso una riforma delle pensioni che garantisca una maggiore flessibilità. Va detto che la presidente Meloni non si è mai esposta su un tale obiettivo, a differenza invece di Matteo Salvini e della Lega che hanno incentrato buona parte della campagna elettorale sul tema pensioni.

Al silenzio di Giorgia Meloni hanno risposto nei mesi scorsi altri esponenti del governo, dalla ministra del Lavoro Marina Calderone al sottosegretario all’Economia, Federico Freni, i quali hanno lasciato intendere che i veri obiettivi sulle pensioni siano differenti da quelli attuati fino a oggi, dove le leggi di Bilancio si sono limitate a interventi di breve durata rimandando a periodi – economicamente – migliori l’approvazione di una riforma strutturale.

L’obiettivo dichiarato è sempre lo stesso: l’approvazione di Quota 41 per tutti, misura che consentirebbe – seppur parzialmente – il superamento della legge Fornero riducendo la soglia minima di contributi necessari per andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica.

Tuttavia, per quanto di Quota 41 per tutti se ne parli già dalla scorsa legislatura – tanto che sarebbe dovuta essere lo sbocco naturale al termine dei tre anni di Quota 100 – a oggi non sono stati fatti passi concreti in questa direzione e non è neppure detto che ci si riesca entro il termine della legislatura.

Stop alle misure spot, riforma strutturale per le pensioni

Da quando è stata approvata la legge Fornero, che come noto ha inasprito le regole per l’accesso alla pensione, più volte i governi hanno provato a introdurre misure di flessibilità volte a garantire ad alcune categorie di poter smettere di lavorare in anticipo.

Si pensi ad esempio all’Ape sociale (che la legge di Bilancio ha confermato per i prossimi tre anni), o anche a Quota 100, così come pure all’ultima esperienza di Quota 103.

Misure limitate, non solo nella platea ma anche nella durata: solitamente, infatti, si tratta di alternative in vigore solamente per qualche anno, il cui futuro è stato rimesso in discussione al primo cambio di governo. Ciò rende difficile pianificare l’uscita dal lavoro, in quanto – eccetto per quelle definite dalla legge Fornero – non si dispone di regole certe per il pensionamento.

Questo è il primo obiettivo dichiarato dalla ministra Calderone che lo scorso anno, rispondendo alle domande del Senato, ha assicurato che “c’è la consapevolezza di dover mettere fine a quella stagione, non più breve, di interventi che vengono fatti ogni anno in finanziaria per evitare lo scalone della legge Fornero e individuare forme di uscita anticipata”.

Sarà quindi una riforma strutturale che dovrebbe riguardare perlopiù la pensione anticipata, riducendone il requisito contributivo. A oggi, però, passi avanti in questa direzione non sono stati fatti, come conferma l’ultima legge di Bilancio dove ancora una volta ci si è limitati a misure di flessibilità limitate a pochi lavoratori e per poco tempo, causa le poche risorse a disposizione.

Addio pensione anticipata, arriva Quota 41 per tutti

Ultimamente, questa misura ricorre ogni volta che si parla di riforma delle pensioni: d’altronde, Quota 41 per tutti era nei piani originari del governo giallo (M5s) verde (Lega), che dopo un periodo di transizione con Quota 100 aveva pensato di estendere a tutti la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica.

Poi c’è stata la crisi di governo, la pandemia e il governo Draghi, tutte variabili che hanno impedito il concretizzarsi di un tale progetto.

Adesso che la Lega è tornata al governo l’obiettivo si ripropone nuovamente: d’altronde, come spiegato dal sottosegretario all’Economia Freni, in quota Carroccio, in un’intervista di qualche tempo faQuota 41 è un metodo, non uno spot”. Tuttavia, per ragioni di costi, in questi anni non è stato possibile approvare l’estensione tout court di tale misura, ma l’obiettivo è di farlo entro la fine della legislatura.

Ma per quale motivo proprio Quota 41? Per chi non lo sapesse, tale misura consente di andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica una volta maturati i 41 anni di contributi. Già oggi vi si può ricorrere, ma a patto di:

  • essere un lavoratore precoce, avendo maturato 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età;
  • far parte di una delle categorie dei fragili, ossia disoccupati, invalidi al 74%, caregiver o addetti a lavori gravosi.

L’obiettivo finale è di eliminare questi due requisiti, consentendo dunque a qualsiasi lavoratore di poter andare in pensione con 41 anni di contributi. In questo modo verrebbe di fatto superato quanto stabilito dalla legge Fornero per la cosiddetta pensione anticipata, per la quale non si guarda comunque all’età ma il requisito contributivo è più alto, in quanto pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne.

Perché proprio Quota 41 per superare la legge Fornero?

Per superare la Fornero le alternative sono due: cambiare la pensione anticipata oppure quella di vecchiaia. Entrambe, per un fattore di costi, è impossibile, tant’è che la stessa Calderone ha assicurato che oltre a dover ragionare su una riforma incentrata sul tema della flessibilità bisognerà assicurare “equilibrio” al sistema.

Tra le due possibilità la più conveniente è quella di ritoccare la pensione anticipata: estendendo Quota 41 a tutti, infatti, ci sarebbe un costo immediato di 4 o 5 miliardi, con un picco di 9 miliardi nei prossimi anni. Una spesa che potrebbe essere maggiormente contenuta laddove si preveda, come tra l’altro è nei programmi, un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno per chi ricorre a questa misura.

Sarebbe molto più oneroso, invece, rivedere la pensione di vecchiaia, ad esempio riducendone l’accesso da 67 a 62 anni come più volte richiesto dai sindacati: una tale misura, infatti, costerebbe più del doppio.



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