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Dal 20 gennaio, i magnati presenti all’Inauguration Day hanno bruciato un circa otto volte più grande dell’ultima legge di Bilancio italiana. Pesa la volatilità dei titoli in borsa. Sullo sfondo le preoccupazioni per i dazi e i timori per una recessione Usa
Quando Donald Trump ha giurato da nuovo presidente degli Stati Uniti, lo scorso 20 gennaio, attorno a lui c’era un patrimonio da 1.200 miliardi di dollari. In quei giorni gli uomini più ricchi del pianeta, accorsi al Campidoglio per segnare un nuovo corso accanto all’inquilino della Casa Bianca, non erano mai stati così ricchi. Tesla di Elon Musk ha guadagnato il 98 per cento nelle settimane a ridosso delle elezioni. Lvmh di Bernard Arnault il 7 nei sette giorni precedenti l’Inauguration Day, con 12 miliardi in più per il magnate francese. Meta di Mark Zuckerberg, che ha bandito Trump dalle sue piattaforme nel 2021, ha guadagnato il 9 per cento prima del nuovo mandato del tycoon e un ulteriore 20 nel suo primo mese in carica. E così via. Ma le aspettative che l’inizio dell’era Trump prefigurava per i rendimenti delle big tech sui mercati sono state ribaltate negli scorsi giorni: i titoli in borsa sono calati a picco, tra il timore di una possibile recessione Usa e il tira e molla del presidente americano sui dazi. Secondo Bloomberg, dal 20 gennaio i principali miliardari presenti al Campidoglio hanno perso 209 miliardi di dollari, oltre 192 miliardi di euro. Per dare un ordine di grandezza: un valore circa otto volte più grande dell’ultima legge di Bilancio italiana.
148 miliardi in meno per Elon Musk
I cali degli ultimi giorni sono generalizzati ma colpiscono soprattutto i titoli tecnologici. A tranare le perdite c’è Tesla, con valori giù del 15 per cento. Per Wall Street, quella del 10 marzo è stata la peggior seduta dal 2022, e per la società di Musk (che ha chiuso al 7,95 per cento) la peggiore dal 2020. Una performance che trascina al ribasso Apple, Meta, Aplhabet, Nvidia e Amazon, che hanno perso oltre il 5 per cento, e con Microsoft che ha bruciato il 3,5 per cento.
Dei 209 miliardi di dollari persi dai magnati presenti al giuramento di Trump, la fetta maggiore se la prende Musk. L’amministratore delegato di Tesla, che secondo il Bloomberg Billionaires Index ha raggiunto il picco di 486 miliardi di dollari lo scorso 17 dicembre, ha visto sfumare in queste ultime settimane 148 miliardi di dollari. Un calo dovuto anche ai boicottaggi per il suo esplicito sostegno a candidati di estrema destra (solo in Germania le vendite di Tesla, tra gennaio e febbraio, sono state in calo di oltre il 70 per cento) e alla contrazione delle spedizioni in Cina che, lo scorso mese, sono diminuite del 49 per cento, raggiungendo livelli mai visti dal luglio del 2022.
Jeff Bezos e Mark Zuckerberg
Poi c’è Jeff Bezos. Il fondatore di Amazon e proprietario del Washington Post, che durante il primo mandato di Trump si è scontrato più volte con il tycoon, ha donato per l’inaugurazione un milione di dollari e si è allineato al nuovo corso trumpiano. Nonostante ciò, dallo scorso 17 gennaio le azioni di Amazon sono scese del 14 per cento (con un calo di 29 miliardi di dollari). Il co-fondatore di Google Sergey Brin ha perso 22 miliardi di dollari, con le azioni di Alphabet che hanno bruciato il 7 per cento dall’inizio di febbraio, dopo aver mancato le stime sui ricavi trimestrali.
Mark Zuckerberg era stato tra i principali “nemici” di Trump, bannato dalle piattaforme di Meta dopo l’assalto al Campidoglio. Dal 2021, anche per lui, è cambiato molto. E dopo il riavvicinamento al presidente Usa, tra metà gennaio e metà febbraio la società madre di Facebook, Instagram e Whatsapp è salita del 19 per cento. Da allora, però, il titolo è sceso del 20 per cento (5 miliardi di dollari in meno) rispetto al suo massimo di metà novembre. Ma in questa corsa al ribasso non sono indenni neanche società che con il tech non c’entrano niente, come Lvmh di Arnault (il gruppo di marchi di lusso come Louis Vuitton e Bulgari) che, dopo aver guadagnato il 20 per cento fino a fine gennaio, da allora (soprattutto in vista dai dazi annunciati dal tycoon), ha visto scendere il suo patrimonio di 5 miliardi di dollari.
Il lunedì nero
Lunedì 10 marzo 2025 è stato un giorno terribile per le big tech e, in generale, per l’economia americana. Alla chiusura, si è registrato un calo del 2,08 per cento per il Dow Jones, del 2,7 per cento per lo S&P 500 e del 4 per cento per il Nasdaq.
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