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Il riarmo dell’Europa non l’ha inventato Ursula von der Leyen, né alcuno dei suoi valorosi epigoni freneticamente impegnati in vertici e incontri per fissare una cifra da sottrarre ai bilanci nazionali e investire in spese militari. E forse non l’ha inventato nemmeno Donald Trump, che pure ne è un favoloso acceleratore. Il suo riarmo, l’Europa lo sta già facendo da almeno cinque anni. E lo sta facendo con armi made in Usa. Quasi due terzi delle armi importate dai paesi europei della Nato negli ultimi cinque anni sono state prodotte negli Stati uniti. L’importazione di armi da parte dei paesi europei è più che raddoppiata dal 2020 al 2024 rispetto ai precedenti cinque anni, e quasi due terzi provengono dagli Usa: il 64%, contro il 52% del quinquennio precedente.
I dati sono contenuti nel nuovo rapporto sull’import-export bellico mondiale diffuso ieri dal Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), la più autorevole centrale di controllo del mercato bellico del pianeta – il suo meticoloso Yearbook è un primario strumento di lavoro per chiunque si occupi della materia. È una fotografia dello spirito militare del tempo, quella del Sipri, fondato in Svezia nel 1966 per celebrare i 150 anni di pace ininterrotta del paese e diventato il miglior raccoglitore mondiale di dati e analisi sulle armi – la Svezia intanto faceva un altro percorso, e da esattamente un anno il paese è l’orgoglioso 32esimo membro della Nato.
I DATI del Sipri dicono che un riarmo era già lanciato, la guerra in Ucraina ne ha moltiplicato enormemente la scala, fino a oggi è stato dipendente dalle forniture degli Stati uniti, il clamoroso voltafaccia del neo-presidente americano Trump costringerà l’Europa a spendere molto di più per essere molto meno legata agli approvvigionamenti Usa. Con un enorme dubbio nel mezzo: proprio la dipendenza dalle forniture americane sarebbe la miglior garanzia che Trump non sfilerà gli Stati uniti da quel patto atlantico firmato ottant’anni fa e ormai modificato da intangibile alleanza politica a trattabilissima relazione economica.
NEL PERIODO analizzato dal Sipri, l’Ucraina è comprensibilmente diventato il principale importatore mondiale di armi, comprandone quasi cento volte di più che nel quinquennio precedente e ricevendo l’8,8% di tutte le armi importate nel mondo (poco sotto ci sono India, Qatar e Arabia Saudita). Nello stesso periodo le importazioni europee sono aumentate del 155% – almeno 35 stati, in maggioranza europei, hanno ceduto armi a Kiev dopo l’invasione della Russia. Gli Stati uniti hanno aumentato la loro fetta di contratti militari globali e ora sono al 43%. La Russia ha invece visto cadere le sue esportazioni belliche del 64% – le armi che fabbrica hanno un uso immediato e ne resta meno per l’export.
64%. È la quota di armi americane acquistate dai paesi Nato, che nel quinquennio 2020-2024 hanno più che raddoppiato gli acquisti. La quota precedente era il 52%
C’È DA DIRE che nel quinquennio è solo marginalmente aumentata la quantità complessiva di armi comprate e vendute. Sono invece cambiati, e molto, gli acquirenti. E in parte anche la classifica di chi compra e di chi vende: se i primi dieci venditori sono rimasti gli stessi, Italia ha scalato la graduatoria passando dal decimo al sesto posto globale, un più 138% – il più grande aumento tra i dieci top produttori globali – che aveva già messo le ali ai piedi all’industria bellica nazionale prima che Trump e RearmEurope facessero anche di più. «L’export è aumentato – sottolinea Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente armi leggere (Opal) – ma l’aumento del Sipri registra le consegne finali e dipende da ordinativi e autorizzazioni rilasciate durante i governi Renzi e Gentiloni, quando hanno toccato il loro massimo storico».
138%. Il Made in Italy è esploso: dei primi 10 produttori mondiali l’Italia è il paese che registra l’aumento maggiore (ma sono autorizzazioni dei governi Renzi e Gentiloni)
Quella nei numeri del Sipri è produzione bellica di centrosinistra, ingrassata di vendite a vari petrostati come Arabia saudita e Emirati. Per calcolare quella della destra bisognerà aspettare qualche tempo, anche se i dati di Borsa illuminano un po’ il quadro: la nuova belligeranza europea ha fatto volare la tedesca Rheinmetall (+114% in un anno nel 2024), le italiane Leonardo (+73%) e Fincantieri (+60), la svedese Saab (+53%), la tedesca Hensoldt (+41%), la britannica Quinetiq (+34) e tutte le altre del comparto.
IL FUTURO? Si può indovinare nella tabella Sipri degli ordinativi già firmati. Con 996 aerei, 342 elicotteri da combattimento, 7 navi da guerra, 41 sistemi missilistici terra-aria e 403 carri armati, gli Stati uniti resteranno – e largamente – il principale fornitore di armi del mondo. A remotissima distanza la Francia per i 214 caccia e le ben 22 navi da guerra, la Germania per i 454 tank, l’Italia per i 1.865 “altri veicoli blindati”. Ma ora arriveranno gli 800 miliardi di RearmUe.
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