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Da lunedì 10 marzo la Superstrada Pedemontana Veneta (SPV) non è più una delle strade più costose d’Italia, almeno per i pendolari: la Regione Veneto ha infatti introdotto uno sconto del 60 per cento per chi percorre tratti lunghi al massimo 25 chilometri e solo per due volte al giorno. L’obiettivo di questo generoso incentivo è convincere gli abitanti delle zone circostanti a usarla, gli stessi che nell’ultimo anno non l’hanno fatto per via dei pedaggi ritenuti troppo alti.
Se si percorre tutta la Pedemontana, da Montecchio Sud a Povegliano, dalla provincia di Vicenza a quella di Treviso si pagano 15,7 euro in auto, 17,5 euro per un camion a due assi, fino a 40,8 euro per i camion dei trasporti straordinari con più di 5 assi. Per chi la fa tutta non cambia nulla, i vantaggi sono per gli automobilisti che si spostano di pochi chilometri. Alcuni esempi: andare in auto da Malo a Montecchio Sud costava 4 euro e 10 centesimi, ora si paga 1,64 euro; da Breganze a Bassano Ovest si pagavano 2 euro e 50 centesimi, ora solo un euro.
Il tracciato della Pedemontana veneta (Wikimedia/Gigillo83)
Ma il meccanismo delle agevolazioni entro i 25 chilometri non è l’unica regola: lo sconto del 60 per cento è stato previsto soltanto per le auto e le moto, solo dal lunedì al venerdì e solo per chi ha un dispositivo di telepedaggio (Telepass, Unipolmove e altri simili). Il dispositivo serve a evitare che gli automobilisti escano dalla superstrada e rientrino allo stesso casello, eludendo la regola dello sconto per le tratte brevi. Il presidente del Veneto Luca Zaia ha detto che gli incentivi sono stati pensati soprattutto per chi abita e lavora lungo la superstrada, che grazie a questi sconti sarà la più economica tra le strade a pedaggio del Veneto.
Gli sconti sono stati pensati per i pendolari, ma anche per i conti della superstrada e della Regione, che nel 2024 ha dovuto mettere 50 milioni di euro per far fronte a incassi inferiori alle aspettative. In tutto la Pedemontana è costata 2,2 miliardi di euro, di cui circa 1,3 investiti da imprese private, 615 milioni messi dallo Stato e 300 milioni dalla Regione Veneto. La concessione ai privati per la gestione della superstrada durerà 39 anni, fino al 2059.
L’impostazione economica del progetto Pedemontana è un caso piuttosto particolare. In origine la costruzione era stata impostata con una finanza di progetto, noto come project financing, in cui i privati pagano la costruzione dell’opera, pagano una concessione all’ente pubblico e si fanno carico del rischio di impresa. Con il project financing la Regione avrebbe incassato i canoni di concessione, mentre ai privati – il consorzio di aziende SIS formato da aziende del gruppo piemontese Fininc e dei gruppi spagnoli Sacyr Vallehermoso e Itinere Infraestructuras SA – sarebbero spettati gli incassi dei pedaggi.
Questa impostazione è stata ribaltata nel 2017. All’epoca i privati non riuscivano a ottenere prestiti dalle banche per finanziare i cantieri, la Regione quindi propose una soluzione inedita: si accollò il rischio di impresa legato ai pedaggi e si impegnò a versare ogni anno un contributo ai privati, in media circa 300 milioni di euro all’anno per 39 anni dal giorno dell’apertura. Il consorzio SIS ha sostenuto buona parte dei costi di costruzione della superstrada e si è impegnato a gestirla occupandosi anche della manutenzione, ma è già certo di rientrare dall’investimento. La sostenibilità economica della Regione, invece, dipende dagli incassi, quindi dai pedaggi e in definitiva da quanti mezzi percorrono la superstrada.
Come ha rilevato la Corte dei Conti in una relazione diffusa a febbraio, dal primo marzo al 30 novembre 2024 la Regione ha pagato ai privati 140 milioni e 860mila euro, e ha incassato pedaggi per 93 milioni e 560mila euro. Solo lo scorso anno quindi la Regione ha dovuto mettere 50 milioni di euro per coprire la differenza tra costi e incassi.
Tuttavia il 2024 non è un buon anno per giudicare la sostenibilità economica dell’opera: innanzitutto perché la superstrada è stata aperta quando l’anno era già iniziato da due mesi, e soprattutto perché solo dall’inizio di maggio è stata aperta la connessione con l’autostrada A4 a Montecchio Maggiore. Da allora il traffico medio giornaliero ha iniziato a crescere e secondo gli ultimi dati è arrivato a 19.678 mezzi, comunque inferiore rispetto alle stime di 22.983 mezzi citati nel piano economico e finanziario.
Finora, dicono i dati, la superstrada è stata utilizzata soprattutto dal traffico pesante, cioè dai camion, mentre ci sono molte meno auto rispetto a quanto stimato. Gli sconti sono stati studiati di conseguenza. Quella della Regione è una scommessa: la speranza è che il numero di auto cresca così tanto da compensare lo sconto del 60 per cento e colmare il divario tra costi e incassi. Zaia ha detto anche che grazie agli sconti gli automobilisti potrebbero rendersi conto che la velocità e la comodità valgono il costo del pedaggio. Tra un anno verrà fatto un primo bilancio dell’operazione.
Un altro incentivo potrà essere il passaggio da superstrada ad autostrada, con conseguente estensione del limite di velocità da 110 a 130 chilometri orari. Zaia ha annunciato di aver già scritto una lettera per chiedere al ministro dei Trasporti Matteo Salvini, leghista come lui, di autorizzare il passaggio.
Anche la Corte dei Conti aveva sollecitato un intervento per incentivare le auto a percorrere la superstrada. «Tale operazione si ritiene sia quantomeno necessaria, seppur probabilmente non risolutiva, alla luce del nuovo assetto negoziale, che prevede che la Regione sia chiamata a corrispondere ingenti canoni nei 39 anni di gestione», aveva scritto a febbraio. L’aumento del traffico è necessario, come dice la Corte dei Conti, anche perché i canoni che la Regione dovrà versare ai privati aumenteranno nel tempo fino ai 435 milioni di euro previsti nel penultimo anno di concessione, e i 332 milioni nell’ultimo.
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